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NUMERO 206 - MARZO / APRILE 2012
IL COMMERCIALISTA VENETO
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Consiglio di Stato, Decisione n. 414 del 26 gennaio 2009.
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Cfr. sentenza C.T.P. di Reggio Emilia, n. 154/4/11 del 21 settembre 2011.
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Su questo punto, la citata sentenza afferma infatti che la mancata impugnazione renderebbe "(..) definitiva la carenza del potere di disapplicazione della norma antielusiva in
capo all’istante".
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Cfr. art. 10, Legge n. 212 del 27 luglio 2000, il quale recita che "i rapporti tra contribuente e Amministrazione Finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e
della buona fede".
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Cfr. art. 11, L. n. 212/2000.
18
Cfr. art. 21, L. 413/1991.
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Cfr. art. 167, comma 5, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
dimento in parola nell’elenco degli atti impugnabili
previsto dall’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992.
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D’altro canto, la giurisprudenza recentemente si è posta
in antitesi all’Amministrazione Finanziaria. Infatti, con
sentenza n. 8663 del 15 aprile 2011, la Corte di
Cassazione sostiene che il provvedimento di diniego
alla disapplicazione di una norma antielusiva è
qualificabile come un diniego di agevolazione, dunque
impugnabile ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett.
h)
, del
D.Lgs. n. 546/1992.
Inoltre, in una recente sentenza,
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la C.T.P. di Reggio
Emilia, del medesimo avviso della Corte di Cassazione,
ha altresì sostenuto la necessaria impugnazione del
provvedimento di diniego per rendere possibile, a pro-
pria volta, l’eventuale ricorso avverso il successivo
avviso di accertamento. Infatti, se si ammette
l’impugnabilità del provvedimento di rigetto dell’istan-
za, si deve tener conto che, non impugnando il primo
atto notificato, non potrà essere possibile ricorrere
avverso quello notificato successivamente.
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D’altro canto, la stessa Commissione sostiene che, nel
caso fosse esplicitamente indicato nel rigetto la non
impugnabilità dell’atto innanzi il Giudice tributario, a
tutela del contribuente che volesse impugnare l’avviso
di accertamento, appare legittimo fare riferimento
all’art. 10 dello Statuto del Contribuente (Principio di
tutela di affidamento del contribuente).
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3. Conclusioni
Lo strumento di
tax ruling
in parola si affianca ad altre
L'interpello disapplicativo
M
I È DIFFICILE DIGERIRE l’articolo
Contro la crisi serve un
fisco amico
del consigliere CNDCEC delegato al diritto tributa-
rio Paolo Moretti sul Sole 24 Ore del 20 febbraio scorso….molto
difficile. Provo la brutta sensazione che alla fin fine di quello che
facciamo ogni giorno io che scrivo e voi che leggete non importa a nessuno.
Meno che meno a chi ci rappresenta, o dovrebbe farlo.
Moretti ci regala passaggi come “
In questo quadro, diventa ora indispensabile
la scelta di una vera politica tributaria tesa a far ripartire l’economia e a
creare sviluppo
” o “
Quindi l’adattamento del sistema fiscale all’evoluzione
del mutato quadro economico costituisce un cardine
fondamentale nell’ambito della politica economica che
il Governo dovrà attuare al più presto
” novità assolu-
te, mi viene da dire, mai sentite prima. Forse le aveva-
mo dimenticate perché inutilmente sentite troppe
volte. Ma la vetta che Moretti raggiunge è questa:
Siamo consapevoli che una profonda rivisitazione
del nostro sistema fiscale richiede tempo, però è ne-
cessario cominciare! Nel frattempo, è urgente non
perdere l’occasione di semplificare la normativa in
vigore e gli adempimenti
……”
A chi sta parlando Moretti? Spero non ai suoi colleghi,
perché la reazione che potrebbe suscitare non sarebbe
in linea con l’indifferenza al mondo che ci
contraddistingue. Si rivolge alla politica? Sembra di si.
Dico sembra, perché il tono è, diciamo, poco diretto.
Il contenuto? Sentite come parlava del fisco Bruno
Frizzera nel 2007, all’alba dei suoi novanta anni, in un
articolo sempre sul Sole 24 Ore. Affermava che, dopo
quasi settant’anni di professione, lo confortava ancora la speranza di vedere
attuato, quanto prima, un “
fisco semplice e giusto
”. Partendo dagli insegna-
menti di figure come Ezio Vanoni e Bruno Visentini. Affermava di avere il
desiderio di vedere “
la fiscalità considerata non tanto (e non solo) come feno-
meno economico-finanziario, ma soprattutto come espressione di un parteci-
pato vivere civile e sociale
”.
Passano gli anni, il fisco peggiora, e di fronte al cambiamento epocale e radicale
delle gerarchie del mondo, noi commercialisti stiamo chiusi nei nostri studi
come fossimo in un castello inespugnabile, e chi parla per noi blandisce il
potere nelle forme che vi ho riportato, dando implicitamente il messaggio alla
massa dei professionisti peones di starsene buoni, controllati, misurati, consa-
pevoli del proprio ruolo.
No Moretti, io non sono più consapevole, né misurato. E vorrei che non lo
fossero più tutti i miei colleghi, giovani e vecchi. Non c’è più tempo, né frat-
forme di interpello (ordinario,
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speciale,
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afferente le
C.f.c.
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) con ambiti applicativi e modalità di presenta-
zione differenti.
Alla tutela del contribuente, che tale strumento indub-
biamente persegue, si contrappongono una serie di
criticità che talvolta possono essere di nocumento al
contribuente.
Il fatto che il legislatore non abbia finora definito le
conseguenze del silenzio dell’Amministrazione Finan-
ziaria all’istanza presentata, come pure la previsione
di un sufficiente coordinamento con le altre tipologie
di interpello, nonché il parere discordante di prassi e
giurisprudenza su un tema rilevante come
l’impugnabilità del provvedimento di diniego, non con-
tribuiscono certamente a creare chiarezza in merito
all’utilizzo dello strumento deflattivo del contenzioso.
Urla nel silenzio
STORIA, STORIE
tempo. Troppe volte ho sentito parlare nei modi e nei contenuti che il tuo
articolo ripercorre per l’ennesima volta. E ti dico sinceramente che non serve
più a niente. Vogliamo “essere utili al Paese”? allora facciamo qualcosa che
faccia capire ai cittadini che esistiamo anche fuori dai nostri uffici, dalle
Agenzie o dai convegni. Facciamo qualcosa di rumoroso, per esempio portia-
mo l’Italia davanti alla Corte di Giustizia UE per lesione della capacità contri-
butiva prevista dalla Costituzione. Come? Perché l’IMU non è deducibile?
Per motivi di cassa? Allora non possiamo più accettarlo. Dobbiamo combat-
tere per cose come questa, non per gli elenchi clienti e fornitori o per qualche
altra stupidaggine normativa. E dato che l’IMU è un
costo inerente, a tutti, invitiamo tutti a dedurla! Lot-
tiamo per far si che i dipendenti vengano tassati con
una imposta sostitutiva del 20% sui redditi fino a
50.000 euro, e che tale reddito non si cumuli con
altri; così semplificando adempimenti come buste
paga, cud, 730….o non lo possiamo fare perché sia-
mo in…conflitto d’interessi? Lottiamo per la rifor-
ma dell’art. 53 della Costituzione come proposto
nel 2006 (!!) da parlamentari bipartisan in vena di
cose serie!
Ma non blandiamo più il potere. Agiamo per una
volta, smettiamola di reagire!
Frizzera poteva dall’alto dei suoi novantanni parla-
re nel modo che ho riportato, benché mi provochi
una amarezza quasi vicina allo sconforto leggere
quelle parole in una persona che aveva alle spalle
settanta anni di carriera! Ma noi non possiamo più
farlo, non ci è più concesso.
E vado a concludere. Sempre Moretti nel suo articolo cita Adam Smith e lo
stupore che egli provò nel vedere come i cittadini olandesi del suo tempo
dichiarassero fedelmente i propri redditi, pagando imposte moderate, e con
serenità. Caro collega Moretti, ti invito a stupirti a tua volta dando una
risposta a questa domanda, che parte da una utopia:
L’Italia è un Paese nel
quale tutti pagano le tasse, e le pagano nella misura giusta
.
Di chi e di cosa non avremmo più bisogno in un Paese così?Avvicinarsi
all’utopia, e rispondere nei fatti a questa domanda, sarà fondamentale per lo
sviluppo civile e pacifico della nostra società. Non l’essere consapevoli che la
rivisitazione del sistema richiede tempo, quello non serve, mi dispiace. Altri-
menti la prossima volta sarà meglio citare Benjamin Franklin : “ Al mondo di
sicuro ci sono la morte e le tasse”.
Franco Barin
Ordine di Vicenza
SEGUE DA PAGINA 9