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NUMERO 205 - GENNAIO / FEBBRAIO 2012
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IL COMMERCIALISTA VENETO
che l'estensione degli obblighi antiriciclaggio
ai cosiddetti
gamekeeper
(istituzioni e figure
professionali non finanziarie) aveva in sé il
deficit di snaturare la normativa antiriciclaggio
in quanto fine della direttiva antiriciclaggio
non era contrastare il riciclaggio ma impedire
la contaminazione dei sistemi finanziari da
parte della malavita, come fin da subito da
più parti segnalato.
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ficate di adeguata verifica della clientela e per l'esenzione nel caso di un'attività
finanziaria esercitata in modo occasionale o su scala molto limitata, norma di chiu-
sura della normativa comunitaria dell'antiriciclaggio. Sul punto, si ritiene che tale
analisi sia prodromica in ordine al chiarimento degli aspetti tecnici, nonché all'attua-
zione e fissazione dei criteri così come previsti dagli articoli 2, 3 e 11, come indicato
dall'art. 40 della III Direttiva comunitaria.
Ebbene, la disciplina come attuata dalla sopracitata direttiva prevedeva in particolare:
1.
nel contesto di analisi del rischio, era opportuno che le risorse degli enti e
delle persone soggetti alla direttiva fossero concentrate in particolare sui prodotti e
sulle operazioni che erano caratterizzate da un rischio elevato di riciclaggio dei
proventi di attività criminose (considerando 1);
2
l'adeguamento, in funzione del rischio, delle procedure generali di adeguata
verifica della clientela a situazioni di basso rischio costituiva lo strumento normale
in base alla Direttiva 2005/60/CE e dato che le procedure semplificate di adeguata
verifica della clientela richiedevano la presenza, in altre parti del sistema, di mecca-
nismi adeguati di controlli e contrappesi volti a impedire il riciclaggio dei proventi
di attività criminose e il finanziamento del terrorismo, l'applicazione di procedure
semplificate di adeguata verifica della clientela doveva essere ristretta a un numero
limitato di casi (considerando 6);
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l'applicazione di procedure semplificate di adeguata verifica della clientela
nel caso di entità giuridiche che esercitano attività finanziarie che non rientravano
nella definizione di ente finanziario ai sensi della Direttiva 2005/60/CE, ma erano
soggette alla legislazione nazionale adottata conformemente a tale direttiva e
soddisfavavano requisiti riguardanti la sufficiente trasparenza per quanto riguarda-
va la loro identità e meccanismi adeguati di controllo, in particolare una vigilanza
rafforzata (considerando 8). In altri termini, venivano individuati le persone poli-
ticamente esposte (art. 2), gli obblighi semplificati di adeguata verifica della clientela
(art. 3) nonché l'esclusione dall'ambito di applicazione della normativa antiriciclaggio in
quanto attività finanziaria esercitata in modo occasionale o su scala limitata (art. 4)."
La via italiana all'antiriciclaggio
"Dopo questi cenni, che ritengo peraltro doverosi, sull'evoluzione storica interna-
zionale della normativa antiriciclaggio, passiamo ad affrontare nel merito l'argomen-
to oggetto del presente articolo: la via italiana all'antiriciclaggio. Sul punto, seppur
con ritardo, si è provveduto a recepire la III Direttiva comunitaria e quindi le 40
raccomandazioni GAFI, con il Decreto Legislativo 21 novembre 2007 n. 231 (d'ora
in poi 231/07); così come modificato dal recente Decreto Legislativo 25/09/2009 n.
151 (cosiddetto decreto correttivo in quante recante disposizioni integrative e
correttive della 231/07); nonché dal Provvedimento della Banca d'Italia del 23
dicembre 2009 avente ad oggetto disposizioni attuative per la tenuta dell'Archivio
Unico Informatico (provvedimento che recepisce la Direttiva 2006/70/CE); e da
ultimo con il Decreto Legge 31 maggio 2010 n. 78 intitolato Misure urgenti in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività (in particolare gli artt. 36
(Disposizioni antifrode) e 37 (Disposizioni antiriciclaggio)."
"Scusa Antonio, è da un poco di tempo che nel cervello mi ronza una domanda: ma
quanto ci costa questa normativa?"
"Marco, non sono in grado di darti una risposta precisa: sicuramente tanti mal di
testa! Ma poi ciò che penso io è irrilevante. Nonostante che lo scopo altresì persegui-
to dal legislatore sia meritevole in quanto diretto a prevenire un coinvolgimento
involontario dei professionisti in attività economiche criminali avendo di mira la
cosiddetta consulenza d'affari, l'allora novella del 2007 e le successive modificazioni
ricevette critiche da tutti i destinatari, Assosim, Intermediari Finanziari, Società
Fiduciarie nonché dai Commercialisti non avendo recepito i loro suggerimenti. Ma
torniamo alla via italiana all'antiriciclaggio. In ordine alla 231/07, si ritenevano impor-
tanti le seguenti definizioni e previsioni così come emanate dal legislatore italiano:
- definizione di operazione frazionata contenuta nell'art. 1 comma 2 lettera m) con
contestuale soppressione della definizione di operazione collegata contenuta nell'art.
1 comma 2 lettera n);
- definizione di prestazione professionale contenuta nell'art. 1 comma 2 lettera q) ;
- definizione di titolare effettivo contenuta nell'art. 1 comma 2 lettera u) in soluzio-
ne di continuità con l'art. 18 che definiva il contenuto degli obblighi di adeguata
verifica della clientela ;
- definizione di riciclaggio contenuta nell'art. 2 che risultava non essere in linea con
il codice penale e le raccomandazioni internazionali in quanto non recepiva la
nozione di auto-riciclaggio;
- individuazione dei destinatari della normativa contenuta nel capo III del Titolo I
(intitolato Disposizioni di carattere generali) artt. dal 10 al 14;
- individuazione contenuta nell'intero capo I del Titolo II degli obblighi in forma
semplifica e/o rafforzata di adeguata di verifica della clientela ed in particolare gli
artt. 25 e 26.
Ebbene, nel proseguire nella schema di lettura suggerito circa il Decreto 231/07
sono necessarie delle puntualizzazioni: nonostante che il dettato comunitario fosse
analitico e puntuale, dall'analisi della via italiana dell'antiriciclaggio emergeva con
chiarezza la frattura tra i due legislatori, quello nazionale e quello comunitario.
Infatti, la terza Direttiva comunitaria pur stabilendo i minimi sindacali ai quali le
normative nazionali avrebbero dovuto adeguarsi (capitolo 5) comportò un profon-
do mutamento della politica di vigilanza, valorizzando l'autoregolamentazione degli
intermediari, cosicché la 231/07 avrebbe dovuto di conseguenza impostare una
SEGUE DA PAGINA 16
L'incubo antiriciclaggio
SEGUE A PAGINA 18
Detto questo, in ordine al primo pilastro dell'impianto normativo dell'antiriciclaggio
internazionale, entriamo nella pancia del secondo pilastro, ovvero della III Diretti-
va comunitaria, direttiva resasi necessaria quale tassello di completamento dell'in-
tera normativa che il legislatore comunitario emanò in quegli anni, anche a seguito
dell'estensione degli obblighi in ordine alla lotta al terrorismo.
Sul punto, il suo
corpus juris
era costituito
in primis
dai seguenti considerando che
definivano la normativa e comportavano un profondo mutamento della politica di
vigilanza, valorizzando l'autoregolamentazione degli intermediari (infatti i nuovi
processi operativi disegnati dagli intermediari avrebbero dovuto avere un approc-
cio basato sul rischio e la gestione di quest'ultimo sarebbe stata affidata a metodologie
oggettive di misurazione/valutazione in capo a più funzioni di controllo necessaria-
mente coordinate fra loro):
considerando 1 che individuava l'entità patrimoniale della minaccia al benessere
sociale mentre il considerando 2 individua il settore di aggressione in quello finan-
ziario;
considerando 4 che individuava la risposta ai considerando 1 e 2 mediante l'impo-
sizione al settore finanziario di un set di procedura di intelligence quale ad esempio
l'identificazione dei clienti;
considerando 7 che ampliava la categoria dei reati base ritenendo opportuno una
definizione dei
serious crimes
;
considerando 9 che nel ribadire la necessità dell'identificazione del cliente sviluppa-
va la problematica contenuta nel principio di trasparenza a cui si ispira la normativa
comunitaria, ritenendo quindi necessario la definizione di titolare effettivo ;
considerando 10, 11 e 22 che definiva gli obblighi di un'adeguata verifica della
cliente in ordine: al tipo di clientela, al rapporti d'affari, al prodotto o alla transazione
cosicché vi sarebbero stati gli obblighi di identificazione semplificata nel caso di
clientela a basso rischio ovvero al rapporto d'affari o alle situazioni a basso rischio
secondo un approccio basato sul rischio mentre il considerando 37 introduceva l'ob-
bligo di adeguata verifica della clientela nel caso di persone politicamente esposte;
considerando 18 che evidenziava l'alta opacità delle operazioni in contanti di im-
porto elevato fissando nel contempo un requisito quantitativo per l'applicazione
della normativa comunitaria;
considerando 27 che stringeva gli adempimenti degli intermediari evitando inutili
duplicazioni potendo quindi basarsi sulle verifiche già svolte da altri operatori;
considerando 38 che assicurava ai destinatari della normativa la verifica del loro
impegno attraverso l'esame delle statistiche che gli stati membri sono obbligati a
tenere. Proseguendo nella schema di lettura suggerito ed addentrandoci nel com-
mento degli articoli che recepivano i sopra indicati considerando della III direttiva
comunitaria, ebbene questa legge era composta da n. 47 articoli, che a loro volta
sono suddivisi in 7 capi e in numerose altre sezioni. In particolare :
- l'articolo 2 che individuava i destinatari della normativa nonché le situazioni dove
gli Stati membri possono decidere di non applicare la normativa ;
- l'articolo 3 che conteneva le definizioni di ente creditizio, ente finanziario, bene,
attività criminosa e reato grave, titolare effettivo, prestatori di servizi relativi a
società e trust, persone politicamente esposte nonché rapporto d'affari;
- tutti gli articoli del capo II (intitolato "Obblighi di adeguata verifica della cliente-
la"), anche se la vera architrave della normativa di verifica si rinveniva nell'articolo
8 e specificamente al comma 1 lettera a) dove era previsto l'obbligo di identificazio-
ne del cliente e alla lettera b) dove era previsto l'identificazione del titolare effettivo,
in una visione di approccio basato sul rischio e quindi se necessario, e al comma 2
dove si parla di calibrazione degli obblighi di adeguata verifica in funzione del
rischio associato al tipo di cliente, rapporto d'affari o prodotto;
- nonché nell'articolo 11 avente ad oggetto gli obblighi semplificati di adeguata
verifica della clientela dove sono identificati i casi obbligatori di esclusione dell'ap-
plicazione della verifica ordinaria della clientela non lasciando alcun margine al
legislatore domestico nel recepimento;
- nonché nell'articolo 13 che potremmo definire norma di chiusura di detto Capo II
dove puntualmente venivano individuati i casi di svolgimento degli obblighi raffor-
zati di adeguata verifica della clientela;
- e l'articolo 40 dove venivano individuati i criteri delle misure di attuazione della III
direttiva comunitaria.
Da ultimo, merita a questo punto di essere analizzata la Direttiva 2006/70/CE della
Commissione, del 1° agosto 2006, recante misure di esecuzione della Direttiva
2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguardava la defi-
nizione di persone politicamente esposte e i criteri tecnici per le procedure sempli-
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2008 – Banca d’Italia – Quaderni pag. 95