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NUMERO 205 - GENNAIO / FEBBRAIO 2012
IL COMMERCIALISTA VENETO
sarebbe stato quello di
evitare un calo del
livello generale di benessere determina-
to dalle pratiche criminali
. Conseguente-
mente, posto che le autorità preposte avreb-
bero potuto perseguire politiche non ade-
guate, si era pensato di prevenire il problema
e quindi l'intervento normativo fin da subito
era apparso necessitato. Appare quindi pri-
mario conoscere cos'era il reato di riciclaggio
- Direttiva 2001/97/CE del Parlamento e del Consiglio del 4 dicembre 2001;
- Direttiva 2005/60/CE del Parlamento e del Consiglio del 26 ottobre 2005;
e da ultimo la Direttiva 2006/70/CE della Commissione, del 1 agosto 2006, recante
misure di esecuzione della direttiva 2005/60/CE .
A livello nazionale: - artt. 648 bis e 648 ter del codice penale;
- Legge 197/1991 (LeggeAntiriciclaggio);
- Decreto del Ministro del Tesoro 7/7/1992 (Specifiche AUI);
- Decreto Legislativo 374/1999 (Estensione dei soggetti interessati);
- Circolare UIC del 20/10/2000 (Specifiche AUI);
- Decalogo Banca d´Italia del 12/01/2001 (Decalogo norme di comportamento ai
fini della rilevazione delle operazioni sospette);
- Gazzetta Ufficiale del 15/11/2001 (Misure di contrasto al terrorismo internazio-
nale);
- Decreto Legislativo 56/2004 (Recepimento della II direttiva europea in materia di
antiriciclaggio);
- Decreto Legislativo 231/2007 (Recepimento della III direttiva europea in materia
di antiriciclaggio);
nonché numerosi indicatori di anomalie e schemi comportamentali emanati da di-
versi soggetti quali ad esempio Banca d'Italia, Agenzia delle Entrate e UIF - Unità
di Informazione Finanziaria."
Altri provvedimenti?
"Caspita, che numeri importanti e che normativa imponente rispetto alle attuali",
esclamò con vera sorpresa Marco, che avvicinandosi al mio orecchio mi sussurrò:
"Ma non è che si affogasse nelle informazioni. Sembrerebbe quasi che dal numero
di informazioni, le istituzioni avessero delineata una strategia efficace in grado di
produrre risultati nella lotta al riciclaggio."
"Sì, sì, l'analisi come da te individuata ovviamente è condivisibile anche se in ordine
alla storia della promessa di vittoria definitiva contenuta nella strategia di lotta al
riciciclaggio così come delineata dalla normativa, ebbene, sul punto ritengo neces-
sario fare delle precisazioni. So benissimo che non dovrebbe essere così e che
potrebbe sembrare una cosa non sensata, ma dobbiamo ricordarci del clima cultura-
le di quel periodo storico e di cosa successe poi. Infatti, una volta che ci si rese
conto che non era una brutta cosa non avere tutte le risposte, iniziarono le domande
giuste con tutte le conseguenze che conosci. Ma abbiamo divagato troppo: tornia-
mo a dove ci eravamo lasciati. Nell'era internazionale in materia di prevenzione e di
contrasto, sul piano finanziario, del riciclaggio di denaro di provenienza illecita
l'azione fu condotta e portata dal GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria Internazio-
nale), attraverso le cosiddette 40 raccomandazioni che rappresentarono il più im-
portante strumento di prevenzione e contrasto del riciclaggio e a cui si ispirarono le
successive convenzioni internazionali nonché l'intera disciplina comunitaria.
Istituito nel luglio del 1989 in occasione del G7 tenutosi a Parigi, il GAFI nacque
quale
task force
temporanea divenendo nel tempo una sorta di conferenza interna-
zionale permanente, avente sede presso l'OCSE, organismo di cui utilizzava le
strutture. La presidenza, assegnata per i primi due anni dalla sua costituzione alla
Francia e per i due anni successivi alla Svizzera veniva attribuita a rotazione e su
base volontaria a un paese diverso per ogni sessione annuale. Presentati per la
prima volta nel 1989 e successivamente aggiornati nel 1996 e a Berlino nel 2003
l'emanazione di un set di raccomandazioni e il monitoraggio costante dei paesi
chiamati ad adottarle costituirono la
summa
della strategia per una lotta globale
efficace al riciclaggio. Sul punto, è opportuno ricordare come il GAFI, per assolvere
alla sua funzione, ritenne opportuno non costituire una sorta di ONU del riciclaggio,
presumendo più efficace l'attività di un gruppo di pressione (cosiddetta
moral
suasion
) formata da un numero limitato di paesi che fosse d'esempio per gli altri e
di conseguenza il favorire la costituzione di gruppi regionali ovvero la collaborazio-
ne con organismi internazionali già esistenti."
L'esigenza di un approccio sistematico. La questione del T.E.
"Addentrandoci nel commento dettagliato della normativa antiriciclaggio, per il
prosieguo della trattazione si ritiene importante definire i principi a cui le 40
raccomandazioni GAFI e la III Direttiva comunitaria si sono ispirate così da avere
un dizionario comune dell'antiriciclaggio da cui partire per commentare come è
stato recepito l'antiriciclaggio in Italia. Ebbene, in ordine al primo pilastro dell'im-
pianto normativo dell'antiriciclaggio internazionale, le 40 raccomandazioni GAFI,
come detto, sono state rielaborate nel 2003 (Berlino) ridefinendo i criteri guida in
una soluzione di continuità con le precedenti versioni.
Ci si riferisce in particolare:
(i) all'accettazione di un approccio di tipo oggettivo - funzionale e non più sogget-
tivo - istituzionale dell'area di rilevanza (il riferimento è a soggetti che svolgono
attività di natura finanziaria);
(ii) l'inclusione dei principi della
customer due diligence
negli obblighi di antiriciclaggio;
(iii) l'estensione del campo di applicazione delle raccomandazioni a categorie di
professionisti non finanziari;
(iv) attuazione del principio di trasparenza nelle società mediante l'identificazione
del
beneficial owner
;
(v) il rafforzamento delle misure antiriciclaggio in rapporto a tipologie di clientela o
di operazioni considerate ad altro rischio;
(vi) l'estensione dei presidi antiriciclaggio per la lotta al finanziamento del terrorismo.
Con questo, nel lasciare le raccomandazioni salvo poi ritornarci, mi preme ricordare
L'incubo antiriciclaggio
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di denaro sporco in quanto anche oggi se ne ha una percezione vaga così da ingenerare
degli equivoci nei destinatari della normativa stessa: ebbene, il reato di riciclaggio,
così come definito dalla Convenzione delle Nazioni Unite adottata a Vienna nel
lontano 19 dicembre 1988, era l'attività volta a dissimulare l'origine illecita dei
proventi criminali ovvero l'ampia gamma di attività volta a oscurare l'origine illecita
dei proventi e a creare l'apparenza che la loro origine sia lecita. In altre parole, il
riciclaggio era un reato il cui oggetto derivava da un altro reato ed era per questo che
si parlava di
reato di secondo grado
. Prima di illustrare nel concreto la normativa
antiriciclaggio così come recepita in particolare in Italia, se sei d'accordo farò preli-
minarmente un breve cenno dell'evoluzione della normativa internazionale e italiana
al fine di comprendere l'allora fase normativa dove attori protagonisti non erano i
destinatari della normativa stessa."
"Antonio, non sei mai banale: Attori protagonisti non erano i destinatari della
normativa stessa. Interessante!"
"Sì, sì, ma andiamo avanti. E' utile ribadirlo: si trattava di normativa di secondo
grado e prima di gridare al lupo al lupo sarebbe stato meglio perseguire i reati di
primo grado invece di caricare di obblighi formali i professionisti e gli intermediari
finanziari (peraltro con la possibilità di sanzionarli ma questa è un'altra storia)."
Evoluzione storica della normativa antiriciclaggio. Le fonti normative
"Linee roventi stasera a Canale 1! Sarà per quello che ci ha detto Antonio o per
quello che ci deve ancora dire. Restate con noi, l'attesa non sará vana! Allora
Antonio, ci spieghi il mistero dell'antiriclaggio. Sei in onda, parla pure e non rispar-
miarti."
"Ok, Marco, ti ringrazio per le tue parole ma io non ho fatto altro che registrare cosa
successe immediatamente prima della crisi del 2014. Cosa successe poi lo sanno tutti:
praticamente è presente! Ti prego però di seguire il mio percorso che ci narrerà la
storia dell'idea che esistano i riciclatori. Io non ne ho mai conosciuto uno, può darsi
tuttavia che il pensare che esistessero davvero denunciasse la visione di quei tempi."
"Scusa, ma non ho capito, mi puoi fare un esempio per favore Antonio?"
"Senti Marco, la storia che il criminale si trasformava in riciclatore e tutto questo
giustificava la normativa antiriciclaggio non è che la gente comune l'avesse ben
capita. Per loro era come parlare del
sesso degli Angeli
. In altre parole, chiamarli
criminali o riciclatori non è che cambiasse molto, ma se, come ben sai dalla mia
infelice battuta che inizialmente ti ho riportato, questi criminali erano allo stadio, la
gente ovviamente pensava: almeno arrestateli! Pensavano, è così semplice! Non si
nascondono neanche!"
"Ebbene: l'allora disciplina dell'antiriciclaggio, nata per gli intermediari finanziari,
era una normativa a stratificazione successiva che successivamente fu estesa a
cascata anche agli intermediari non finanziari, ai professionisti e ai cittadini, senza
tuttavia essere a loro spiegata. Infatti, se fino agli anni Ottanta dello scorso secolo,
di riciclaggio se ne parlava solamente in circoli di élite, l'allarme sociale rappresen-
tato dal
money laundering
e successivamente dal terrorismo, determinò in ambito
internazionale la formulazione di una risposta iniziale per avere un sano sviluppo
economico e sociale attraverso alcuni accordi e convenzioni internazionali a cui vi
rimando nel prosieguo del programma. Sul punto, mi permetto un breve
excursus
di
numeri per capire come era presentato il problema e la sua gravità secondo la
stampa specializzata:
- il fatturato giornaliero di riciclaggio di denaro di provenienza illecita veniva valu-
tato in un miliardo di dollari a livello mondiale, pari a più del tre per cento della
ricchezza prodotta;
- in Italia, la ricchezza posseduta dalla criminalità organizzata veniva stimata in
almeno il 15% del PIL.
Detto questo, una precisazione: la normativa antiriciclaggio, per forza di cose, era
una normativa a stratificazione successiva in quanto necessitava costantemente di
operazioni di manutenzione in considerazione del fatto che l'industria del riciclaggio
operava come attività d'impresa e quindi tendeva, sì al profitto, ma sopratutto a
proteggere l'investimento ricercando costantemente le zone franche insite nell'azio-
ne di contrasto posta in essere dalle autorità nazionali e/o internazionali attraverso
l'istituzione di presidi (finanziari e non) ai quali viene richiesta un'adesione convin-
ta, pena la perdita di reputazione ed espulsione dal sistema. Orbene, l'architettura
della normativa antiriciclaggio, sommariamente, poteva essere così individuata: a
livello internazionale:
- 40 raccomandazioni GAFI emanate nel 1990 e successivamente aggiornate nel
1996 e nel 2003;
- Direttiva 91/308/CEE del Consiglio del 10 giugno 1991;