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NUMERO 205 - GENNAIO / FEBBRAIO 2012
IL COMMERCIALISTA VENETO
zione del debitore: potranno così essere resi
inefficaci sia il negozio unilaterale della diffi-
da ad adempiere, sia il negozio unilaterale
recettizio con il quale il curatore manifesta la
volontà di avvalersi della clausola risolutiva
espressa”
, Fallimento, in
Encicl. Giur. Treccani,
Roma, 1988, 13).
L’analisi del requisiti soggettivi e temporali non
pone particolari problemi interpretativi sia in giu-
risprudenza che in dottrina, atteso che la
fattispecie sopra richiamata possa essere consi-
derata “atto a titolo oneroso” ai sensi del comma
2 dell’art. 67, L.F.. In relazione al requisito sog-
gettivo, il curatore dovrà provare la conoscenza
dello stato di insolvenza in capo al terzo contra-
ente, nel momento del compimento dell’atto
astrattamente revocabile. E’ bene sottolineare che
tale conoscenza deve essere effettiva, non una
mera conoscibilità, e la prova può essere fornita
in qualsiasi modo, anche a mezzo testimoni o ad-
dirittura in base a presunzioni, purché siano gra-
vi, precise e concordanti e tali da far ritenere di-
mostrato che il terzo creditore fosse consapevo-
le dello stato di dissesto economico e di crisi
irreversibile in cui versava il debitore.
In riferimento al requisito temporale invece, è
sufficiente dimostrare che l’atto astrattamente
revocabile sia stato compiuto nel semestre ante-
riore alla dichiarazione di fallimento, ponendo
attenzione al fatto che la dichiarazione con cui si
manifesta la volontà di avvalersi della clausola
risolutiva espressa costituisce atto negoziale
“recettizio”, per cui acquista efficacia solo quan-
do perviene a conoscenza del soggetto poi di-
chiarato fallito.
Effetti di un’eventuale accoglimento
dell’azione revocatoria fallimentare
Interessante, infine, è cogliere quali possano es-
sere gli effetti dell’accoglimento o del rigetto del-
l’azione revocatoria sul fallimento.
Nella fattispecie in oggetto, l’eventuale
accoglimento dell’azione revocatoria comporte-
rà la non opponibilità al fallimento di tale atto,
con la conseguenza che il curatore potrà avva-
lersi della facoltà prevista dall’art. 72 L.F. di su-
bentrare o sciogliersi dal contratto, senza dover
subire le conseguenze di una decisione unilate-
rale posta in essere dalla società di leasing. In
questo caso, il curatore potrà pertanto valutare
se: a) subentrare nel contratto, dando esecuzio-
ne allo stesso come se il contratto non si fosse
mai risolto e il concedente non fosse mai stato
CASO
CONTROVERSIA
EFFETTI
Alfa concede a Beta un
immobile in leasing. Dopo
qualche anno Alfa risolve il
contratto avvalendosi della
clausola risolutiva espressa
cont enuta nel contratto per
inadempimento di Beta. Dopo
cinque mesi e mezzo Beta è
di chiarata fallita. Il curatore, ex
art. 67, comma 2, l.f. propone la
revocatoria fall. dell’atto di
risoluzione del contratto da
parte di Alfa, in quanto “atto a
titolo oneroso”. È
un’interpretazione corretta?
Pro revocatoria fall.
Accoglimento
Tesi maggioritaria. L’atto di
risoluzione del contratto è “a titolo
oneroso”, senza distinzione tra atti
compiuti dal fall ito e da terzi,
comportando solo il danno recato
alla massa creditoria (Trib. Mil ano
2003).
Non opponibilità al fallimento
dell’atto di risoluzione del
contratto; facoltà del curatore di
subentrare o sciogliersi dal
contratto di leasing (art. 72 l.f.).
Contro revocatoria fall.
Rigetto
Tesi recente. Atti “a titolo oneroso”
sono solo quel li compiuti dal
fallito, a prescindere dai riflessi sui
creditori (Trib. Roma 2010). L’atto
in questione non è dunque
revocabile.
Applicabilità per analogia dell’art.
1526 c.c.: diritto di Beta a ottenere
la restituzione delle rate pagate,
salvo
l a restituzione
dell’
immobile a Al fa e riconoscimento
dell’ “equo compenso”.
dichiarato fallito (pagando di conseguenza in
prededuzione i canoni di leasing già scaduti, in
quanto sorti prima del fallimento, e quelli a sca-
dere); b) sciogliersi dal contratto, facendo venire
meno in modo definitivo e assoluto gli effetti del
rapporto (naturalmente tale decisione dovrebbe
essere remota, tenuto conto della finalità propria
dell’azione revocatoria, giustificata esclusivamen-
te da circostanze sopravvenute, come, ad esem-
pio, un’improvvisa carenza della liquidità neces-
saria per il subentro).
Qualora invece la domanda di revocatoria falli-
mentare venisse respinta, il fallimento, pur non
potendo più subentrare nel contratto e di conse-
guenza riscattare il bene oggetto del leasing ri-
solto, non rimarrebbe comunque privo di tutela.
Trattandosi pacificamente di leasing “traslativo”
(dove il godimento del bene è strumentale rispet-
to alla finalità ultima del trasferimento di proprie-
tà), è applicabile per analogia la disciplina detta-
ta dall’art. 1526 c. c. per la risoluzione del contrat-
to di vendita con riserva di proprietà in caso di
inadempimento dell’utilizzatore. In tale caso, il
fallimento avrebbe diritto ad ottenere la restitu-
zione di tutte le rate pagate dalla società quando
era
in bonis
, salva la restituzione del bene al con-
cedente e il riconoscimento a favore di quest’ul-
timo del c.d. “equo compenso” (“
l’equo com-
penso per l’uso della cosa comprende la
remunerazione del godimento del bene, il de-
prezzamento
conseguente
alla
sua
incommerciabilità come nuovo e il logoramen-
to per l’uso, ma non include il risarcimento del
danno che può derivare da un deterioramento
anormale della cosa né comprende il mancato
guadagno
”, Cass. 08.01.2010, n. 73).
A conclusioni parzialmente diverse si perverreb-
be invece nell’ipotesi in cui si accedesse alla tesi
sostenuta di recente da una parte della giurispru-
denza di merito (cfr. Trib. Treviso, 06.05.2011 e
Trib. Udine, 10.02.2012) che ritiene che, dopo la
riforma della legge fallimentare, troverebbe sem-
pre applicazione l’art. 72 quater L.F. in tutti i casi
di risoluzione del contratto di leasing sia prima
che dopo il fallimento, senza più distinzione ap-
punto tra leasing “traslativo” e “di godimento”.
Di conseguenza, nell’ipotesi in cui venisse re-
spinta l’azione revocatoria fallimentare tesa a far
dichiarare l’inefficacia dell’atto di risoluzione del
contratto di leasing, il fallimento dovrebbe sem-
pre restituire il bene al concedente e ammettere al
passivo fallimentare l’eventuale credito vantato
dallo stesso dopo l’allocazione del bene sul mer-
cato in base al meccanismo previsto dall’art. 72
quater L. F.
Leasing, risoluzione di diritto
SEGUE DA PAGINA 13
Fondo
di riserva
Il nostro Consiglio Nazionale è costoso.
Ciascuno di noi dà 180 Euro, salvo qualche
Ordine moroso (purtroppo ne esistono).
Dalla stampa è emerso che il nostro è il Con-
siglio Nazionale professionale che costa di
più, pro capite.
La previsione di spesa, dal bilancio aggre-
gato, è di quasi 25 milioni di Euro per il 2011.
E di questi, circa 4,4 milioni per consiglieri,
commissioni di studio e riunioni.
A mio avviso, nel complesso, è una spesa esa-
gerata, ma si sa, è questione di misure. Mi si
dirà che si fa lobby (mah), che si cura l’imma-
gine (di chi?), che l’unificazione ha portato
costi (nelle aziende la fusione riduce i costi),
che il giornale PRESS è indispensabile (chi
lo legge?).
Mi si dirà che va bene così. Ma resta il fatto
che 180 Euro a testa sono troppi; non credo
di essere il solo a pensarla così.
Beati i tempi cosiddetti antichi (con l’età si
guarda sempre indietro).
Mi aspetto critiche.
Consiglio Nazionale,
ma quanto ci costi!
Siamo perseguitati da messaggi pubblicitari.
Giornali, TV, radio, pubblicità stradale, posta,
telefono. La funzione informativa, che una
volta caratterizzava la pubblicità, ora non ha
certamente più ragion d’essere. Ed allora, se
la pubblicità serve solo a vendere di più, se
si prende un po’ delle nostre libertà, del
nostro tempo, della nostra attenzione, perché
non tassarla, un po’.
La pubblicità infastidisce, e chi disturba è
giusto che paghi un po’.
Questa è una proposta già avanzata da altri
almeno 10 anni fa, ma fin da subito molto
osteggiata. Addio giornali, addio TV com-
merciali, si era detto. Nulla di realistico. Ci
sarebbe solo un po’ di pubblicità in meno,
che però attirerebbe di più l’attenzione, e
potrebbe essere venduta a prezzi superiori, e
qualche entrata in più per l’erario. Se poi un
giornale o un mezzo di comunicazione
proprio non ce la fa, pazienza, vuol dire che
non era comunque interessante.
GiuseppeRebecca
Ordine di Vicenza
La pubblicità
ci perseguita:
tassiamola!
L.F