Page 5 - CV

Basic HTML Version

NUMERO 203/204 - SETTEMBRE / DICEMBRE 2011
5
L’obbligo di denuncia dell’Agenzia delle
Entrate, il “raddoppio” dei termini per accertare
NORME E TRIBUTI
ANDREA SPOLLERO
Ordine di Udine
IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE A PAGINA 6
L
’art. 37, commi da 24 a 26, del Decreto
Visco-Bersani (D.L. n. 223/2006), ha in-
tegrato gli artt. 43 del D.P.R. 600/73 e 57
del D.P.R. 633/72, raddoppiando da quat-
tro a otto anni il termine entro il quale l’Ufficio
può esperire l’azione accertativa con riferimento
alle imposte sui redditi e l’IVA (no IRAP). La nor-
ma condiziona la “proroga” alla sussistenza di
elementi obbiettivi che obblighino il Pubblico
Ufficiale (funzionarioAgenzia Entrate o G.D.F.) a
formalizzare la denuncia penale ai sensi dell’art.
331 del c.p.p. a carico del soggetto accertato (li-
mitatamente ai reati contemplati nella L. 74/2000).
Secondo la relazione illustrativa al decreto e le
circolariA.E. n. 28/2006 e 54/2009, la norma è “
vol-
ta a garantire all’Amministrazione Finanzia-
ria, a fronte di fattispecie che assumono
rilevanza penale, l’utilizzabilità degli elementi
istruttori che emergano nel corso delle indagi-
ni condotte dall’autorità giudiziaria per un
periodo di tempo più ampio rispetto a quello
previsto a pena di decadenza per l’accertamen-
to
”.
Seguendo tale
ratio
l’accertamento “extra time”
avrebbe potuto derivare sia dall’acquisizione di
elementi istruttori forniti all’Ufficio dall’A.G. in
relazione a indagini penali ad
innesco esterno
(estraneo all’A.F. ad es: Denuncia di Terzi), sia
da dati e notizie acquisiti, sempre dall’Autorità
Giudiziaria, ma relativi a indagini penali ad
inne-
sco interno
e cioè conseguenti a denuncia pena-
le ex art. 331 c.p.p. formulata dalla stessa A.F. in
relazione a PVC con rilevanza penale (c.d.
flusso
informativo di ritorno
).
Delineate le possibili ipotesi, il D.L. non definiva
però se il sorgere degli elementi penalmente ri-
levanti in epoca successiva allo scadere dei ter-
mini ordinari, fosse comunque idoneo a legitti-
mare il raddoppio dei termini. Per questo motivo
laC.T. Prov. di Napoli 29.04.2010 n. 266 rimise alla
Consulta la questione di illegittimità costituzio-
nale nella parte in cui la norma non subordinava
il raddoppio al fatto che la denuncia fosse invia-
ta prima della decadenza dei termini ordinari (si
temeva che il consolidamento di un comporta-
mento già posto in essere da alcuni Uffici com-
portasse un utilizzo strumentale e discrezionale
dello strumento con la mera finalità di “riapertura
termini”).
La Sentenza della Corte Costituzionale
(Sent. 25.07.2011 n. 247)
L’unica condizione che consente l’applicazione
del disposto normativo è la sussistenza obbiettiva
dell’obbligo di denuncia penale in relazione ai
fatti accertati, a prescindere che la stessa venga
effettivamente formalizzata. Da qui parte la sen-
tenza fornendo una interpretazione rivoluziona-
ria rispetto a quella fornita in origine sia dalla
relazione governativa che dalle circolari esplica-
tive successive.
La Corte evidenzia che anche se il legislatore ha
usato il termine raddoppio non voleva riferirsi ad
una proroga del termine ordinario di accertamen-
to, che invece rimane inalterato e che continuerà
a riguardare esclusivamente le violazioni prive di
rilevanza penale, ma intendeva introdurre un nuo-
vo percorso accertativo connotato da contenuti
penalmente rilevanti. Nessuna relazione dunque
con il termine ordinario che segue e mantiene
una sua identità e filosofia e nessuna rilevanza al
fatto che l’azione di verifica o l’atto di denuncia
avvengano prima o dopo la scadenza del termine
ordinario (per completezza e continuità
interpretativa, la Corte sottolinea che non sarà
dunque possibile alcun cumulo del nuovo termi-
ne con le norme speciali di proroga – es: biennale
da L. 289/2002; raddoppio D.L. 78/2009, ecc).
Con riferimento poi alla prima linea interpretativa
(vedi Relazione Illustrativa e Circ. A.E), la Corte
evidenzia che la “nuova”
ratio legis
non esclu-
de che il legislatore abbia avuto l’ulteriore ob-
biettivo di consentire la circolazione delle prove
dal giudizio penale al procedimento tributario.
Tale interpretazione (pur sussistente nel concre-
to) non sarebbe però idonea, da sola, a sostene-
re l’intera disciplina poiché la norma
prescinde
dalla formalizzazione
della denuncia penale
(operando anche ove sussistano cause di non
punibilità penale impeditive della prosecuzione)
ed inoltre l’utilizzo di elementi istruttori dall’am-
bito penale a quello tributario sarebbe solo even-
tuale e limitato temporalmente visto che il termi-
ne di prescrizione del reato tributario è di soli sei
anni.
Passando poi ad analizzare l’ulteriore contesta-
zione mossa e riguardante l’individuazione del
presupposto oggettivo per il raddoppio del ter-
mine, la CTP di Napoli denuncia la presunta
arbitrarietà in capo all’Ufficio il quale si trovereb-
be a poter decidere se adottare il termine lungo
alla sola condizione che egli stesso ritenga il ri-
lievo penalmente rilevante. La Corte, citando co-
stante giurisprudenza di legittimità, rimarca inve-
ce che l’obbligo di invio della denuncia penale è
circostanza obbiettiva, quindi l’applicabilità del
raddoppio non potrebbe mai essere frutto di de-
cisioni arbitrarie dei funzionari. Sul punto sotto-
linea che l’obbligo di denuncia è presente quan-
do il pubblico ufficiale è in grado di individuare
con sicurezza gli elementi del reato da denuncia-
re non essendo sufficiente il generico sospetto
di una eventuale attività illecita.
Ad ulteriore garanzia, è posto a carico del Giudi-
ce Tributario, su richiesta del ricorrente, la verifi-
ca del corretto comportamento da parte dell’Uffi-
cio e dunque la sussistenza dei presupposti per
l’obbligo di denuncia ex art. 331 c..p.p., compien-
do la c.d. “prognosi postuma”, accertando cioè
se l’Ufficio (o la GDF) abbia agito con imparziali-
tà o, diversamente, con superficialità o peggio in
modo pretestuoso e strumentale utilizzando la
norma al solo fine di fruire ingiustificatamente di
un più ampio termine di accertamento.
La richiesta di “prognosi postuma” è atto tutela-
to dall’ordinamento e ciò comporta l’inversione
dell’onere della prova a carico dell’Ufficio, il quale
dovrà fornire al giudice prova che all’epoca dei
fatti (all’atto della formalizzazione della denuncia
penale) esistevano quegli elementi obbiettivi ido-
nei a ritenere obbligatorio e non meramente
prudenziale, l’invio della notizia di reato (a parere
di chi scrive non ha alcuna rilevanza il fatto che
successivamente - nello sviluppo dell’indagine
da parte dell’ A.G. - emergano nuovi e diversi
elementi a rilevanza penale sconosciuti dal P.U.).
Infine, a supporto della richiesta di “prognosi
postuma”, al ricorrente è consentita
l’acquisizione della notizia di reato inviata al P.M.;
recente sentenza del Consiglio di Stato (n. 4769/
2011) ha infatti riconosciuto il diritto di
acquisizione della notizia di reato da parte del
soggetto indagato (ai sensi del art. 22 e seguenti
della L. 241/90 –TrasparenzaAmministrativa) non
rientrando tale atto tra quelli di indagine coperti
da segreto istruttorio (Cass. 13494/2011).
La prima giurisprudenza di merito
In ordine al citato “filtro” del Giudice tributario
che rappresenta di fatto l’unico baluardo a ga-
ranzia della corretta applicazione della norma, ini-
ziano ad affacciarsi le prime sentenze delle com-
missioni tributarie provinciali investite della que-
stione (ancorché in parte anteriori al deposito
della sentenza della Consulta).
– CTP di Forlì la n. 87 del 3 agosto 2009, che
in presenza di archiviazione del procedimento
penale (non ne sappiamo le ragioni) si è limitata
(correttamente) a considerare la mera
archiviazione quale elemento non qualificante
l’assenza del reato, ribadendo poi che la condi-
zione per il raddoppio è rappresentata dall’ “ob-
bligo di denuncia penale”, senza valutare però
se gli elementi offerti dall’Ufficio fossero idonei
a dimostrare l’esistenza del reato o meno;
– CTP di Torino la n. 4 del 15 febbraio 2010,
che ha riconosciuto la non applicabilità del rad-
doppio del termine, avendo il PM chiesto
l’archiviazione del procedimento in quanto non
correttamente qualificata l’ipotesi di reato indi-
cata nella denuncia penale ex art. 331 c.p.p. (non
riguardava infatti la fattispecie di cui all’art. 2, ma
quella dell’art. 3 della L. 74/2000, sottoposta a
soglia di punibilità non superata);
– CTP di Bologna la n. 74/13/10 del 20 lu-
glio 2010, che chiamata a verificare l’esistenza o
meno dei presupposti che consentano il raddop-
pio, ha avuto modo di ribadire (supportata da
costante giurisprudenza di legittimità) che nel-
l’ambito dell’art. 4 della L. 74/2000 (dichiarazione
infedele), non è sufficiente che la notizia di reato
evidenzi la presentazione di una dichiarazione
annuale dei redditi o sul valore aggiunto in cui
siano stati indicati elementi attivi per un ammon-
tare inferiore a quello effettivo o elementi passivi
fittizi e che tali indicazioni abbiano poi comporta-
to il superamento delle soglie di cui alle lettere a)
e b) del medesimo articolo. E’ necessario infatti
che l’Ufficio dimostri (inversione dell’onere del-
la prova) che tali eventi siano il frutto di una
condotta posta in essere dal contribuente “al fine
di evadere le imposte sui redditi o sul valore ag-
Convegno di Studio
Il commercialista e i reati tributari
Udine, 25 novembre 2011