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NUMERO 203/204 - SETTEMBRE / DICEMBRE 2011
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IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE DA PAGINA 34
SEGUE A PAGINA 36
Gli strumenti per uscire dalla crisi
La gestione della crisi
La gestione di uno stato di crisi può avvenire:
a) in via extragiudiziaria con una composizione negoziale
della crisi tramite accordi con i creditori, anche nell’ambi-
to di operazioni straordinarie di concentrazione, di
scorpori e di cessioni degli assets aziendali;
b) con il ricorso alle nuove procedure concorsuali;
c) conun componimentomisto, stragiudiziale / giudiziale.
L’esito dei nuovi strumenti giudiziari
per il salvataggio delle imprese
La riforma della legge fallimentare, di cui ai D. Lgs
9.01.2006 n. 5 e D. Lgs 12.09.2007 n. 169 (correttivo
della “riforma”), che ha introdotto nuove possibilità
di composizione giudiziaria della crisi, ha fatto i primi
passi proprio in coincidenza con il manifestarsi della
grande crisi economica tra il 2007 ed il 2008 di cui si
parlava in precedenza.
Gli istituti richiamati riguardano, in particolare:
(i)
il “Piano attestato di risanamento” (art. 67, c.
3, lett. d) L.F.): idoneo a risanare l’esposizione debitoria
con la garanzia di escludere dall’azione revocatoria gli
atti ed i pagamenti effettuati durante la sua esecuzione;
(ii)
il “Concordato preventivo” (art. 160 ss. L.F.)
che prevede un piano di ristrutturazione o di liquida-
zione o misto con o senza assuntori, che affronta in
modo più gestibile e più possibilista lo stato di crisi di
un’azienda e la sua uscita;
(iii)
gli “Accordi di ristrutturazione” dei debiti (art.
182 bis
L.F.): che rappresentano una nuova forma di
accordo con i creditori.
Possiamo pensare che il legislatore sia stato così lungi-
mirante nella tempistica di introduzione delle nuove
norme? Forse la coincidenza temporale della riforma
con il periodo di crisi è stata solo casuale.
In realtà il problema della regolamentazione giudiziaria
dell’insolvenza in Italia è un problema che si trascina-
va da parecchi anni e la “Riforma” è arrivata nel 2006
dopo svariati progetti e numerosi lavori di altrettante
commissioni ministeriali, le quali hanno proposto i
nuovi istituti giudiziari per risolvere l’insolvenza delle
aziende che era ancora regolata da una legge fallimenta-
re ferma dal 1942, completamente obsoleta ed inadat-
ta alle mutate realtà economiche ed aziendali.
I dati Cerved e Cribis D&B
Nonostante l’introduzione dei nuovi istituti fallimen-
tari, secondo dati recenti pubblicati da Cerved Group
(gennaio 2012) e da Cribis D&B, società specializzata
in informazioni economiche,
nel 2011 i fallimenti in
Italia sono stati a livello record
, mentre i
concorda-
ti preventivi
, istituti sui quali puntava di più la rifor-
ma, sarebbero stati in deciso calo, anche se essi sono
aumentati rispetto al periodo precedente la riforma,
ma rappresentano sempre una piccola parte
dell’insolvenza generale dell’impresa se paragonati al
numero dei fallimenti dichiarati. Anche le procedure di
ristrutturazione del debito (art. 182 bis L.F.) non han-
no avuto un gran seguito, sono pochissime, non sono
in realtà mai decollate! Non fanno statistica.
Dati impressionanti a livelli record quelli del 2011
secondo le rilevazioni statistiche delle società specia-
lizzate sopra citate, se pensiamo alle 11.707 domande
di procedure fallimentari nazionali (+25% rispetto al
2009), alle 2.631 procedure concorsuali in Lombardia,
la prima in graduatoria in Italia, mentre il Lazio ed il
Veneto sono rispettivamente in seconda ed in terza
posizione con 1.215 e 1.122 fallimenti. In pratica nel
Veneto sono stati dichiarati circa tre fallimenti al giorno.
Tra il 2009 ed il 2011 sono state aperte in Italia 33.000
procedure fallimentari, che hanno coinvolto 300.000
addetti. I fallimenti presso il Tribunale di Milano nel
2011 hanno mediamente passivi molto consistenti (si
parla di centinaia di milioni di euro) e buona parte di
questi sono maturati nell’ultimo anno e mezzo, pro-
prio nel bel mezzo della crisi. Per dare un’idea, la
sezione fallimentare del Tribunale di Milano nel 2011
ha registrato 1.056 fallimenti, 87 concordati preventi-
vi e 26 accordi di ristrutturazione del debito.
Nel
Triveneto
i fallimenti sono stati 1.424 (pari al
12% del totale nazionale), di cui 1.122 nel Veneto
(9,6% del totale nazionale), 180 nel Friuli Venezia
Giulia (pari all’1,5% del totale nazionale) e 122 nel
Trentino (pari all’1,03% del totale nazionale).
Quello che preoccupa di più è che oggi i
fallimenti
non hanno più attivo
. Quel poco che rimane serve a
malapena a pagare, in presenza di immobili i creditori
ipotecari e con l’attivo che eventualmente rimane solo
parte dei crediti di lavoro, gli Enti Previdenziali ed il
fisco, tutti gli altri creditori, soprattutto i chirografari
rimangono, come sempre, “a bocca asciutta”. Se si ag-
giunge poi che sono state di fatto “eliminate” le
azioni
revocatorie
, l’attivo nei fallimenti è solo una “chime-
ra”. Il fatto è, si commenta, che in Italia mancano stru-
menti di monitoraggio dell’insolvenza, come invece ci
sono in altri paesi europei, come in Francia e quando
l’impresa arriva al fallimento gli attivi sono assenti.
Altro dato preoccupante riportato nel Rapporto sopra
richiamato, è quello che i
fallimenti hanno colpito di
più le PMI
con attivo compreso tra i due ed i cinquanta
milioni di euro, rispetto alle grandi aziende.
Nel 2011 in Italia sono stati oltre 12.000 i casi di “default”,
secondo Cerved, il massimo registrato in un singolo anno
dalla riforma della legge fallimentare del 2006.
L’effetto non dipende solo dalla crisi economica, si
legge, ma anche dal blocco dei pagamenti della Pubbli-
ca Amministrazione, dalla crisi di liquidità in genere,
dalla restrizione bancaria del credito, dallo stato para-
lizzato dell’edilizia e molto critico del commercio.
Le criticità, i risultati e i costi
delle nuove procedure fallimentari
Dopo questo quadro allarmistico, rilevato dai risultati
dell’indagine sopra richiamata, è legittimo chiederci se i
nuovi istituti introdotti dalla riforma della Legge falli-
mentare, dopo sei anni dalla loro nascita, hanno assolto
in pieno al loro scopo e ancora se essi possono, in
realtà, così come sono stati concepiti e poi modificati,
rappresentare ancora, in questo grave periodo di crisi
contraddistinto da un così alto numero di insolvenze,
quegli
strumenti giudiziari voluti
dal legislatore per
poter risanare effettivamente le imprese in crisi.
Quante imprese si sono risanate
con le nuove procedure?
Altro aspetto da segnalare è quello per cui sarebbe
interessante sapere quante aziende che hanno avuto
accesso alle nuove procedure concorsuali, parlo di con-
cordati preventivi e di ristrutturazione del debito, si
sono poi risanate e sono tornate “in bonis” nel merca-
to, ma di questo fatto purtroppo non si hanno dati
statistici, sarebbe però utile conoscerli proprio per
capire se i nuovi strumenti della Legge fallimentare
hanno raggiunto il loro scopo principale, quello cioè
del risanamento o se invece tutto si è risolto con la
classica “liquidazione” degli attivi, con l’estinzione
dell’impresa e con la dispersione dei suoi valori mate-
riali ed immateriali, marchi, brevetti ed avviamento.
In poche parole sarebbe utile sapere se con le nuove
procedure si è raggiunto maggiormente l’obiettivo
conservativo rispetto a quello liquidatorio.
Purtroppo i fatti e le statistiche sopra richiamate sem-
brerebbero dare ragione a chi ritiene che i nuovi istituti
fallimentari, diretti alla soluzione della crisi d’impresa
in via giudiziaria, non sono riusciti a dare una risposta
concreta e completa alle situazioni di crisi.
Non si deve dimenticare che le parole “risanamento” e
“ristrutturazione”, usate dal legislatore, presuppon-
gono il
recupero nel mercato dell’impresa e non la
sua liquidazione
, come invece il più delle volte suc-
cede. Questo fatto rappresenta una distorsione degli
istituti e non va nella direzione voluta.
Forse è il caso di dire che le nuove procedure fallimen-
tari necessitano di ritocchi, di correttivi o vi è la neces-
sità di istituire nuovi strumenti più accessibili ed a
costi più ridotti o forse si può anche pensare che, se
esistesse in Italia una maggior cultura della prevenzio-
ne all’insolvenza, i numeri sarebbero diversi.
Se si fosse portato avanti, come lo stava facendo la
Commissione Trevisanato nel progetto di riforma nel
2005, l’istituto di “allerta” o di osservazione preven-
tiva del “sorvegliato speciale-azienda” per poterla
riavviare, istituto che ben funziona in Francia, avrem-
mo probabilmente assistito ad un maggior numero di
salvataggi, trattandosi di una procedura di prevenzio-
ne e di ricerca di una soluzione conservativa. Sono
solo ipotesi, ma confortate da esperienze europee vin-
centi in rapporto a quelle nazionali.
Fatto nuovo di questi giorni (febbraio 2012) è l’istitu-
zione di nuove regole sul fallimento per le imprese di
minori dimensioni, di cui si farà cenno successivamen-
te, che non hanno i requisiti per accedere alle procedu-
re concorsuali classiche. Ci auspichiamo che esse pos-
sano supplire alle difficoltà incontrate dagli istituti
introdotti nel 2006 e che possano favorire un maggior
numero di imprese.
I costi e le difficoltà delle procedure di risanamento
I costi del fondo spese iniziale richiesto dal Tribunale
che deve sopportare l’imprenditore, già in crisi e con
scarsa liquidità, per poter accedere al Concordato pre-
ventivo, l’esito incerto delle votazioni dei creditori,
soprattutto quando tra di essi figura anche l’Agenzia
delle Entrate solitamente restia ad esprimersi positi-
vamente, le difficoltà che hanno i creditori privilegiati
a rinunciare anche a parte del loro credito come dà la
possibilità la legge, la “transazione fiscale” che esclu-
de dall’accordo con il Fisco l’IVA non versata e le
ritenute operate ma non versate, la tassazione di
plusvalenze negli accordi di ristrutturazione, i costi
professionali per le perizie di attestazione sulla
fattibilità ed attuabilità degli accordi, i costi legali e
professionali per la predisposizione della domanda, i
costi di commissariamento in generale e delle perizie
tecniche della procedura, creano indubbiamente con-
dizioni di incertezza e difficoltà nell’accedere o meno
alle nuove procedure, tant’è che l’imprenditore abi-
tualmente in prima battuta tenta di percorre la via
della composizione negoziale della crisi in via
extragiudiziaria e poi, in subordine, quella giudiziaria
per esempio del concordato, ma anche per evitare il
fallimento, temendo i risvolti penali di quest’ultimo.
Si pensi che in relazione ai nuovi istituti sopra richia-
mati, mi riferisco in particolare al concordato preven-
tivo, a cui possono fare ricorso aziende di medie di-
mensioni, i costi iniziali per l’accesso possono andare
dai circa centomila euro in su. Si può comprendere
quindi come l’imprenditore, che si trova già in carenza
di liquidità e nell’anticamera dell’insolvenza, non rie-
sca a procurarsi la provvista necessaria per accedere a
questo tipo di procedura con il rischio poi, anche qua-
lora dovesse “trovare” la somma, che il concordato
preventivo o l’accordo di ristrutturazione del debito
non vengano approvati.
Il monitoraggio sulle procedure fallimentari
di risanamento
A distanza di sei anni dalla “Riforma”, sarebbe perciò
utile fare un monitoraggio sullo stato e sull’esito delle
nuove procedure sopra richiamate, conoscere dagli
addetti ai lavori, mi riferisco in particolare ai Giudici
che vivono la quotidianità della crisi d’impresa nelle
aule dei Tribunali ed ai colleghi professionisti che ope-
rano nella materia, sia nella loro veste di attestatori sia
in quella di consulenti, quali sono state le criticità in-
contrate e quali sarebbero i rimedi e le innovazioni che
andrebbero apportate agli istituti giudiziari di
risanamento delle imprese, affinché essi possano rego-
lare l’insolvenza di un maggior numero di imprese, an-
che di medie dimensioni ed a condizioni economiche
più accessibili. Il nostro giornale è a disposizione per
ricevere contributi professionali ed aprire un dibattito
sul tema. In definitiva, dunque, si può dire che l’esito
delle nuove procedure concorsuali non sia stato dei più
edificanti, anzi, bastano i dati statistici sopra riportati
per rendersi conto di come sono andate e come stanno
andando le cose. Ad ognuno la propria valutazione!
Il nuovo accordo di ristrutturazione per le impre-
se di minori dimensioni
Al momento della redazione di questo intervento,