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NUMERO 203/204 - SETTEMBRE / DICEMBRE 2011
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LE INTERVISTE PARALLELE DE
IL COMMERCIALISTA VENETO
GERMANO ROSSI
Ordine di Treviso
IL COMMERCIALISTA VENETO
CHI È
Ulderico Bernardi
SEGUE A PAGINA 4
MASSIMO DA RE
Ordine di Venezia
CHI È
Gian Paolo Prandstaller
Ulderico Bernardi
è nato a Oderzo (Treviso) nel 1937.
Vive a Treviso. Ha conseguito la laurea in Economia e
commercio nell'Università Ca' Foscari di Venezia e la lau-
rea in Sociologia nell'Università di Trento.
Già Professore Ordinario di Sociologia dei processi culturali nell'Università
Ca'Foscari di Venezia e per dieci anni di Sociologia del turismo.
I principali interessi di studio riguardano il rapporto tra persistenza culturale e
mutamento sociale nei processi di sviluppo; le relazioni tra locale e globale;
l'educazione all'interculturalità. Ha applicato le sue analisi al passaggio dalla
società rurale alla società industriale; alle minoranze etniche e agli insediamenti
collettivi dell'emigrazione italiana, con soggiorni di studio, corsi di lezioni e
campagne di ricerca in Australia, nelle Americhe e in Europa.
Nato a Castello di Godego (TV) il 26/03/1926, avvo-
cato, libero docente in Sociologia Generale nel 1969,
Professore Incaricato di Sociologia presso l’Univer-
sità di Padova dal 1969 al 1975, Professore Straordinario di Sociologia nel-
l’Università di Lecce nel 1976, Professore Ordinario di Sociologia nella Facoltà
di Scienze Politiche dell’Università di Bologna nel 1977 fino alla conclusione
della carriera accademica.Autore di numerose opere teoriche e di ricerca preva-
lentemente orientate: allo studio del lavoro intellettuale, delle professioni,
delle Organizzazioni e delle Associazioni professionali; alla struttura e alla
cultura delle società postindustriali; alle forme culturali assunte dal capitalismo, in
relazione allo sviluppo della scienza e delle tecnologie; al formarsi dell’economia
quaternaria, fondata sui servizi e la creatività.
1 .
Egregio Professore, innanzi tutto un sentito grazie a nome della Redazione de “Il Commercialista Veneto” per la Sua disponibilità a questo
incontro. Viviamo giorni difficili, durante i quali le tensioni provocate dalla perdurante crisi, e dall’assenza di prospettive positive per il prossimo
futuro, stanno progressivamente facendo salire il malcontento sociale. Si tratta di un fenomeno a cui non siamo più abituati, pur non trattandosi
affatto di una novità. Quali potranno essere, a Suo giudizio, le prossime evoluzioni?
2 .
Negli ultimi tempi le libere professioni sono state oggetto di ripetuti attacchi “trasversali”, finalizzati essenzialmente all’abolizione dei
vincoli esistenti per il loro esercizio, nonché alla progressiva standardizzazione ed industrializzazione dei servizi professionali, da attuarsi anche
attraverso lo sdoganamento di società di lavoro professionale a struttura essenzialmente capitalistica. Queste pressioni hanno interessato in modo
particolare proprio la categoria dei Commercialisti, che forse più di altre risulta “attaccabile”. Come giudica queste pressioni, e quali possono
essere, a suo giudizio, i loro futuri sviluppi?
5 .
Si sta da tempo facendo largo tra gli osservatori e gli addetti ai lavori la convinzione che la crisi che il nostro territorio sta attraversando non
sia passeggera, bensì strutturale, e che una delle strade per cercare di invertire la tendenza sia quella di sfruttare le possibili sinergie tra il mondo
della cultura ed il tessuto imprenditoriale. Quali sono le Sue opinioni a riguardo, e quale ruolo ritiene possano avere i Commercialisti in queste
possibili dinamiche?
LE DOMANDE
3 .
Recenti analisi confermano che ancora oggi il Commercialista è visto dalla popolazione essenzialmente come colui che aiuta il contribuente
a non pagare le tasse. Una connotazione negativa dura a morire, nonostante i massicci investimenti pubblicitari fatti dalla categoria, atti a
sottolineare l’utilità e la centralità dei Commercialisti per il Paese. E’ un’immagine impossibile da cambiare, oppure vi sono strade alternative da
percorrere?
4 .
La nostra categoria, pur essendo composta (nel Triveneto) in prevalenza da colleghi al di sotto dei 50 anni, e quindi relativamente giovani,
sembra essere tuttora ancorata ai servizi tradizionali che la caratterizzavano 20-30 anni fa, e ciò nonostante i profondi cambiamenti che hanno
caratterizzato il mercato di riferimento, rappresentato prevalentemente dal mondo delle imprese. Quali ritiene siano le cause di questa situazione?
1.
Non ho stima alcuna per i futurologi, anche perché troppe sono le variabili da
considerare: l’evoluzione del sistema politico nazionale, l’andamento congiun-
turale prossimo venturo, gli eventi di carattere internazionale.
Quel che posso dire, partendo dalla mia concezione della società come nucleo di
valori condivisi, è che molto dipenderà dagli stimoli che il governo attuale e i
successivi rivolgeranno ai giovani, soprattutto, perché prendano consapevolez-
za delle possibilità che l’orgoglio, l’adattabilità, la determinazione, possono
aprire al loro futuro personale e al destino collettivo.
Un altro importante ruolo deve essere garantito alle donne, per larga parte
mortificate nel loro patrimonio di capacità, di senso pratico, di tenacia nel
perseguire un obbiettivo che coinvolga la piccola e la grande comunità: famigliare,
locale, nazionale.
Il nostro Paese sembra avere dimenticato che la grande trasformazione degli
ultimi decenni si è compiuta grazie principalmente al dinamismo delle imprese
famigliari, tanto che nessuna strategia politica ha preso seriamente in considera-
zione il concreto sostegno alla famiglia come cardine della stabilità sociale e
incubatrice dell’iniziativa personale.
L’Italia ha nel suo passato le sue speranze, sempre che lo conosca. Cosa oggi
scarsamente considerata anche nella formazione educativa.
6 .
Quale futuro per il nostro territorio? Dovremo rassegnarci ad un inesorabile declino, o sussiste la possibilità di un soddisfacente
riposizionamento?
1.
La questione è complessa, la crisi non è un fenomeno di passaggio ma un
fenomeno strutturale dovuto in primo luogo all’enorme debito pubblico accu-
mulato dal nostro paese e in secondo luogo al mancato adeguamento del nostro
paese ai principi e criteri di produzione: mancato adeguamento che risale alme-
no agli anni 80 del secolo scorso. Durante la presidenza americana di Ronald
Reagan è avvenuto un profondo mutamento nella economia del mondo. Gli Stati
Uniti avevano bisogno di affrontare l’enorme successo ed invadenza della eco-
nomia giapponese e la scomoda presenza dell’URSS. La scelta degli Stati Uniti
è stata quella di avviarsi al post-industriale, il che significa due cose:
a)
crescente importanza dei servizi accanto alle manifatture;
b)
utilizzo di conoscenze scientifiche nei processi produttivi, in particolare
usufruendodinuovetecnologiecomel’informatica, latelematica, labiologiamolecolare,
l’astrofisica ecc., fattori che sono stati centrali negli anni '70 e '80.
Gli Stati Uniti hanno cavalcato in pieno questi due principi e hanno sconfitto l’URSS
e ridimensionato ilGiappone. L’Italiaèarretrataenonhaaccettatoqueste sfide, non
ha affrontato per esempio il problema dell’Università, della ricerca, e ora si trova
a correre in condizioni di difficoltà. Dobbiamo tener conto che il nostro paese ha
perso settori importanti quali la chimica, ha rifiutato l’energia atomica e ha
trascurato la problematica energetica per raggiungere l'autosufficienza.
Ulderico
Bernardi
Gian Paolo
Prandstraller