Page 25 - CV

Basic HTML Version

NUMERO 203/204 - SETTEMBRE / DICEMBRE 2011
25
IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE DA PAGINA 24
L' interpello disapplicativo
Ad avviso di chi scrive, tuttavia, differire la tutela
giurisdizionale all’esperimento di un ulteriore proce-
dimento amministrativo – di accertamento o di rim-
borso – costituirebbe una violazione del diritto di dife-
sa (art. 24 Cost.) e del principio del buon andamento
della Pubblica Amministrazione (art. 97 Cost.). La
sequenza appena tracciata, già definita
contorta
28
, se
confrontata con quella esposta in motivazione risulte-
rebbe essere meno articolata. Secondo la Corte, l’istan-
za di disapplicazione sarebbe il primo atto con il quale si
richiede quanto “eventualmente e cautelativamente” ver-
sato, risultando superflua un’autonoma domanda di rim-
borso, in quanto implicitamente contenuta nel ricorso
avverso il diniego
29
. Comunque, sia in caso di mancato
adeguamento – cui probabilmente seguirà un avviso di
accertamento – sia in caso di richiesta di rimborso, ci si
troverà di fronte ad un atto avente identico contenuto.
Con specifico riguardo al buon andamento, le tradizio-
nali accezioni di efficacia, efficienza ed economicità del-
l’operato dell’ente impositore sono qui specificate nel-
la
non duplicazione
in atti diversi dal medesimo conte-
nuto sostanziale, già reso noto in un atto definitivo
30
.
Queste considerazioni, unite all’evidenziata circostanza
che l’atto possiede l’attitudine a ledere un diritto sog-
gettivo del contribuente, fanno quindi propendere per
l’ammissione di un effetto vincolante tale da giustifi-
care l’interesse immediato ad agire in via contenziosa,
senza tuttavia rendere
onere
la
facoltà
di impugnare.
Pare infatti preferibile ricomprendere il provvedimen-
to di diniego nel novero degli atti eventualmente
impugnabili, ovvero quelli per i quali è possibile opta-
re per l’impugnazione immediata senza preclusioni
alla tutela differita, che rimane possibile in sede di
gravame dell’atto impositivo successivo
31
.
In adesione al richiamato orientamento
giurisprudenziale, invero, l’autonoma impugnabilità
di un atto non normativamente impugnabile si accom-
pagna al corollario secondo il quale, in mancanza di
impugnazione dell’atto prodromico, la pretesa tribu-
taria non si
cristallizza
, rimanendo opponibile l’atto
successivo, sempreché sia ricompreso nell’elencazione
dell’articolo 19. Del resto, riferire alla tutela immedia-
ta il termine “possibilità” indica inequivocabilmente
che quella del contribuente è una facoltà, non un obbli-
go
32
, nel contesto di pronunce che risultano espressa-
mente animate dalla volontà di garantire fattivamente
il diritto di difesa del contribuente
33
. Ancora, la tutela
28
G. Zoppini,
Lo strano caso
, cit., pag. 1033.
29
“La domanda di agevolazione tributaria (…) non può non valere anche come specifica istanza volta alla restituzione di quanto eventualmente e cautelativamente versato, sicché
la stessa deve ritenersi ricompresa in modo implicito ma inequivoco, nella procedura consequenziale di impugnazione del diniego di agevolazione. Sicché appare incontestabile la
sussistenza di un concreto ed attuale interesse ad agire in capo al contribuente”. Si vedano Cass., sez. trib., 1 febbraio 2005, n. 1967; Cass., sez. trib., 20 febbraio 2006, n. 3621.
30
In Cass., sez. trib., 8 ottobre 2007, n. 21045 cit., si parla di “evitare il connesso inutile dispendio di energie”.
31
Cfr. R. Lupi,
Riflessi processuali
, cit., pag. 1710. Contra C. Glendi,
Ancora sugli atti “non notificati” tra diritto amministrativo e tributario
, in Dialoghi trib., 2008, pagg. 22 e
seguenti.
32
Cass., sez. trib., sent. n. 21045/2007 cit.. Alla tutela immediata,“siccome avente ad oggetto la mera “possibilità” di ricorrere alla tutela del giudice tributario, però, non può (…)
essere attribuita natura di onere (…) attese, da un lato, la necessità di una interpretazione strettamente rigorosa dell’elencazione dell’art. 19 cit., soprattutto, in considerazione della
evidenziata conseguenza discendente dalla loro non impugnazione, e, dall’altro, l’esigenza di evitare che, accedendo alla tesi della necessità di osservare il termine perentorio di cui
all’art. 22 anche per l’impugnazione degli atti (…) non elencati nell’art. 19, l’allargata tutela del contribuente si traduca in danno per lo stesso (potendo l’ente opporre l’intervenuta
cristallizzazione della pretesa tributaria contenuta in un atto diverso da quello elencato per sua mancata impugnazione nel termine perentorio). (…) La mancata impugnazione da
parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 citato non determina, in ogni caso, la non impugnabilità (e cioè la cristallizzazione) di quella pretesa, che
va successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dall’art. 19". Si veda G. Falsitta,
Manuale di diritto tributario
, cit., pag. 577. Si segnala inoltre il difforme orientamento,
cui pare riferirsi la sentenza in rassegna, di Cass., sez. trib., 23 luglio 2009, n. 17202; Cass., sez. trib., 9 dicembre 2009, n. 25699; Cass., sez. trib., 15 maggio 2008, n. 12194. Nelle
sentenze richiamate, la possibilità di adire il giudice tributario avverso l’atto atipico ricevuto è individuata come diritto da esercitare a pena di decadenza.
33
Cfr. Atti non notificati ed “impugnazione facoltativa” per maggior tutela del contribuente, in Dialoghi trib., 2008, pagg. 44 e seguenti; G. Chiarizia,
Gli atti impugnabili dinanzi
ai giudici tributari sulla base degli ultimi orientamenti della giurisprudenza di legittimità
, in Boll. trib., 2011, pagg. 1269 e seguenti.
34
Peraltro, l’atto è certamente sprovvisto dell’indicazione di organi e termini per impugnare, normalmente prevista per gli atti di cui all’art. 19. Tale profilo, in contrasto con le
norme su chiarezza e motivazione degli atti (art. 7 dello Statuto del contribuente), potrebbe comportare l’assenza di effetti preclusivi a carico del contribuente, in particolare con
riguardo alla decorrenza del termine per impugnare. Cfr. G. Chiarizia,
Gli atti impugnabili
, cit., pag. 1280.
35
Cfr. Cass., SS.UU., 12 marzo 2001, n. 103; Cass., sez. trib., 9 giugno 2003, n. 9181; Cass., SS.UU., 21 marzo 2006, n. 6224; Cass., SS.UU., 27 settembre 2006, n. 20889; Cass.,
SS.UU., 20 novembre 2007, n. 24011. Cfr. C. Glendi,
Ancora sugli atti “non notificati”
, cit., pagg. 22 e seguenti.
36
È questa l’impostazione delle sentenze di merito che hanno ritenuto ammissibile il ricorso. Si segnala, in particolare, Comm. trib. reg. Lombardia, 17 gennaio 2011, n. 2, ove i giudici
non hanno concesso la disapplicazione della norma antielusiva (disciplina delle società di comodo) per ragioni relative all’attività effettivamente esercitata dalla società istante.
37
L’obbligatorietà della proposizione dell’istanza riguarda l’istituto nel suo complesso. Chi scrive ritiene che, ai fini del perfezionamento della fattispecie, debba comunque
intervenire l’atto amministrativo – eventualmente successivo – di ratifica e controllo dell’operato del contribuente.
38
Stante la recente modifica introdotta dall’art. 2, commi da 36 quinquies a 36 duodecies, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, si considerano comunque non operative le società e gli
enti che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per tre periodi d’imposta consecutivi, ovvero siano in perdita per due periodi d’imposta ed in uno abbiano dichiarato un reddito
inferiore a quello determinato secondo i criteri del regime delle società di comodo. Inoltre, l’aliquota applicabile al reddito “minimo” è maggiorata di 10,5 punti percentuali rispetto
all’aliquota ordinaria di riferimento. È pertanto ragionevole ipotizzare, nell’immediato futuro, un cospicuo aumento di istanze di disapplicazione ex art. 37 bis, ottavo comma e,
correlativamente, auspicare il raggiungimento di una maggior certezza in ordine agli effetti del responso ed ai meccanismi di tutela.
39
Cfr. R. Lunelli,
Diniego di disapplicazione delle norme “antielusive”: impugnazione facoltativa od obbligatoria
, in Riv. giur. trib., 2011, pag. 680.
dell’affidamento dell’istante, ingenerato dalla circo-
stanza che l’atto atipico non sia ricompreso
nell’elencazione di cui all’art. 19, e sia quindi
impugnabile congiuntamente all’atto tipico, sembra
un ulteriore e convincente argomento per sostenere la
tesi prospettata
34
.
Qualificare, dunque, il diniego di disapplicazione di
una norma antielusiva reso in esito alla procedura di
interpello disciplinata dall’ottavo comma dell’articolo
37 bis del D.P.R. n. 600/1973 come un atto impositivo
atipico, “senza nome”, ma pur sempre potente di ge-
nerare una compiuta e definita pretesa tributaria, pare
la soluzione per sostenere la sua immediata ed autono-
ma impugnabilità e la non obbligatorietà dell’azione
stessa, ben potendosi attendere che la pretesa sia suc-
cessivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti
dall’articolo 19 senza per questo incorrere in decaden-
za dall’azione; garantendo, quindi, la possibilità di scelta
tra la censura del diniego in quanto tale o, congiunta-
mente, del diniego e dell’atto proprio nel quale il dinie-
go troverà nuova collocazione.
A ben vedere, una tale qualificazione permetterebbe
anche di superare il pericolo di voler estendere la giuri-
sdizione del giudice tributario all’azione di accertamen-
to preventivo (nel caso, negativo) della debenza del-
l’imposta, esperita in assenza di alcun atto di imposi-
zione, già condivisibilmente ritenuta improponibile, in
tal modo liberando il processo dinanzi alle Commissio-
ni da connotati che lo definiscano diversamente da un
giudizio di impugnazione-merito. L’azione di accerta-
mento negativo deve rimanere estranea alla struttura del
processo tributario, dal momento che, come è noto, è la
legge a disporre che la tutela del contribuente debba
attuarsi mediante la proposizione di ricorsi avverso atti
di accertamento, ovvero avverso il rigetto di istanze di
rimborso di somme indebitamente pagate
35
.
Nel caso del diniego di disapplicazione, ciò che si pro-
pone è invece un’azione di impugnazione – in partico-
lare, di annullamento con riforma – di un
atto
definiti-
vo viziato nella legittimità o nel merito, in quanto non
consente di applicare un regime, migliorativo rispetto
a quello ordinario, del quale si ritiene sia dimostrata la
spettanza. Non si richiede, di converso, un giudizio
preventivo sul
rapporto
tributario.
Infine, è opportuna una precisazione in ordine agli
effetti dell’impugnazione immediata. Spetterà al giu-
dice adito operare nuovamente quell’analisi
interpretativa di confronto tra lettera e “spirito” della
norma e caso concreto che l’istante ha provocato, nel-
l’ambito di un giudizio – di merito, trattandosi di le-
sione di un diritto soggettivo – che può giungere alla
disapplicazione della disposizione antielusiva, in ri-
forma del diniego impugnato
36
. Nelle more, stante l’evi-
dente incoerenza tra i tempi del giudicato e la certezza
del rapporto tributario, sarà possibile richiedere ed
ottenere la sospensione degli effetti dell’atto.
6.
Considerazioni conclusive
Nella sentenza in ras-
segna la Quinta Sezione giunge a considerazioni piut-
tosto nette, che finiscono per vincere l’entusiasmo
inizialmente provocato dalla statuizione dell’autono-
ma impugnabilità dell’atto.
Pur essendo evidente l’intento garantista del diritto di
difesa, l’innovativo principio di diritto, se recepito dai
giudici di merito nella sua interezza, finirà per com-
portare effetti sostanziali e procedurali piuttosto sfa-
vorevoli per il contribuente, peraltro delineando i trat-
ti di un istituto diverso da quello introdotto dal legisla-
tore. Ci troveremmo infatti di fronte ad un procedi-
mento obbligatorio (o necessario)
37
e preventivo, il
quale genera una risposta vincolante per l’istante,
censurabile immediatamente a pena di decadenza. Ma
ciò risulterebbe essere in aperto conflitto con le ragio-
ni di “civiltà giuridica” e “pari opportunità” che hanno
portato all’introduzione dell’istituto nell’ordinamen-
to, dovendosi pertanto escludere la configurabilità di
effetti penalizzanti tali da rendere inesplorato – nella
prassi – l’interpello disapplicativo
38
.
A ben vedere, questa pronuncia si inserisce nel solco
già tracciato dalla giurisprudenza che ha riconosciuto
un ampliamento della categoria degli atti autonoma-
mente impugnabili. Tuttavia, non è ad oggi agevole
comporre in un sistema coerente e “certo” gli approdi
cui si è giunti, poiché – come nel caso in esame e
contrariamente ai principi delle Sezioni Unite – è stato
sostenuto che l’azione giurisdizionale avverso gli atti
atipici debba essere esercitata inderogabilmente negli
stessi modi e negli stessi tempi di quella prevista per
gli atti normativamente predeterminati.
Lo sforzo argomentativo sin qui proposto, di conver-
so, porta a salvaguardare – congiuntamente – l’inte-
resse del contribuente alla tutela immediata e, ciò che
più importa, l’interesse alla tutela differita, laddove si
riconoscesse la possibilità di impugnare – alternativa-
mente – il diniego di disapplicazione e l’atto successi-
vo nel quale il diniego stesso confluisce
39
. Una tale
prospettazione, del resto, sarebbe in linea con l’orien-
tamento giurisprudenziale più accorto, che per giun-
gere ad una miglior tutela del contribuente ha progres-
sivamente conferito maggiore importanza all’interes-
se concreto al ricorso, se necessario superando la
predeterminazione normativa. È auspicabile, tuttavia,
che l’applicazione di questi principi avvenga in futuro
con maggiore uniformità.