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NUMERO 203/204 - SETTEMBRE / DICEMBRE 2011
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IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE DA PAGINA 22
SEGUE A PAGINA 24
ministrativo, in base ai quali un atto, una volta qualifi-
cato come definitivo (perché emesso da un’autorità di
vertice, ovvero perché espressamente definito come
tale dallo stesso testo normativo), diviene insuscettibile
di ulteriore pronuncia amministrativa mediante ricor-
so gerarchico all’organo sovraordinato, rimanendo
esperibili soltanto il ricorso straordinario al Capo del-
lo Stato o, in alternativa, il ricorso al giudice ammini-
strativo, soltanto per motivi di legittimità.
In presenza di risposta affermativa, prassi consolida-
ta
6
e dottrina maggioritaria
7
suggeriscono che, laddove
il Direttore propenda per la disapplicazione della nor-
ma antielusiva, il parere vincolerà la sola Amministra-
zione. Appare inoltre pacifico che il responso positi-
vo esplichi un effetto ultrattivo, sempreché le medesi-
me condizioni sostanziali permangano nel tempo.
Ancora, è doveroso propendere per l’estensione al
silenzio degli effetti derivanti dal parere positivo.
Non è normativamente prevista, tuttavia, la nullità
dell’atto impositivo o sanzionatorio emanato in dif-
formità della risposta resa, come diversamente accade
nell’interpello disciplinato dallo Statuto dei diritti del
contribuente (art. 11 della L. n. 212/2000). Ciò evi-
dentemente rende la risposta affermativa ancora “de-
bole” in termini di certezza del diritto e di stabilità
dell’imposizione, nonostante l’istituto si inserisca
idealmente in una serie di disposizioni – quelle sugli
interpelli tributari – che dovrebbero costituire espres-
sione dei principi informatori del rapporto tra contri-
buente ed ente impositore, valorizzando la funzione
interpretativa dell’Amministrazione in luogo di quella
di controllo e accertamento. In ogni caso, la risposta
favorevole non delegittima l’Ufficio dalla facoltà di
accertare la falsità, l’incompletezza o l’erroneità delle
circostanze e delle prove presentate dall’istante, pro-
cedendo, ove necessario, al recupero dei tributi non
versati e all’irrogazione delle relative sanzioni.
In caso di responso negativo, l’avviso espresso dal-
l’Agenzia delle Entrate
8
è conforme alla tesi di chi
esclude l’impugnabilità del provvedimento di rifiuto
davanti al giudice tributario, propendendo per non
equiparare la risposta ad alcuno degli atti autonoma-
mente impugnabili ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n.
546/1992, né procedendo ad una lettura analogica od
estensiva dell’elencazione ivi contenuta
9
. A suffragare
tale convincimento vi è la considerazione che non può
configurarsi l’impugnazione di un atto avente natura
(non provvedimentale ma) interpretativa, poiché ca-
rente in particolare dei requisiti dell’autoritarietà, in-
tesa come capacità di apportare una modificazione
unilaterale nella sfera giuridica del destinatario, e
dell’esecutorietà, intesa come la forza di imporre
coattivamente l’adempimento degli obblighi in esso
contenuti, a questo punto indipendentemente dalla
qualificazione di “provvedimento” che il comma 6
L' interpello disapplicativo
dell’art. 1 del D.M. n. 259/1998, come ricordato, con-
ferisce alla risposta
10
.
Il medesimo argomento, unitamente all’asserita man-
canza di contenuto impositivo, è stato posto a fonda-
mento delle decisioni dei giudici di merito che hanno
ritenuto inammissibili i ricorsi presentati avverso tale
atto
11
. Non mancano sentenze che valorizzano, inol-
tre, la lesione di un interesse legittimo e non di un
diritto soggettivo
12
.
Accanto a questo orientamento maggioritario, vi è chi
non esclude la possibilità di tutela giurisdizionale, a
fronte della previa considerazione della vincolatività
dell’atto emesso. Tutela attivabile innanzi al giudice
amministrativo per due ordini di motivazioni: l’assen-
za del parere reso a seguito di interpello nell’elencazione
degli atti impugnabili ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n.
546/1992; la circostanza che si tratti di un interesse
legittimo, a fronte di una decisione discrezionale del
Direttore censurabile sotto il profilo dell’eccesso di
potere
13
.
Ancora, non mancano decisioni che, nell’affermare la
competenza del giudice tributario nei ricorsi promossi
avverso l’atto di diniego, hanno accolto i motivi ad-
dotti a sostegno delle tesi del contribuente, proceden-
do direttamente all’annullamento integrale dell’atto
ovvero rimettendo la questione al giudice di primo
grado
14
.
5.
(Segue) novità e criticità nella pronuncia della Cor-
te di Cassazione
– La recente sentenza della Corte di
Cassazione si inserisce dunque in un contesto non
certo caratterizzato dall’uniformità negli indirizzi in-
terpretativi.
Come rilevato in precedenza, l’obiettivo dell’interpel-
lo disapplicativo è ottenere una valutazione in ordine
alla non conformità della condotta dell’istante alla
fattispecie che la disposizione antielusiva intende col-
pire, in adesione al precetto generale – ed inespresso –
dell’ordinamento del quale la singola norma è
enunciazione. Ed in effetti, alla base della motivazione
vi è l’assunto che l’unico onere del quale è gravato il
contribuente è quello della dimostrazione di una situa-
zione di fatto, vale a dire l’assenza di elusività del
comportamento prospettato. A fronte di detta dimo-
strazione, secondo i giudici, si configura il diritto sog-
gettivo alla non applicazione della norma
15
.
L’individuazione della situazione giuridica soggettiva
del contribuente costituisce la prima fondamentale
statuizione della sentenza e, a quanto consta, rappre-
senta pure elemento di assoluta novità. Per giungere a
questa qualificazione, la Suprema Corte argomenta in
ordine alla
tipologia
di discrezionalità spiegata dal-
l’Amministrazione nella valutazione degli elementi di
fatto addotti nell’istanza: condivisibilmente, tale po-
tere discrezionale non va inteso nel suo significato
pieno, ovvero di opportunità nella concessione della
disapplicazione, ma esclusivamente ed inderogabilmen-
te in accezione tecnica, in quanto attiene alla valuta-
zione della “attendibilità, completezza e concludenza”
dei documenti prodotti. In altri termini, di fronte alla
dimostrazione documentale della sussistenza del di-
ritto di fruire di un trattamento fiscale più favorevole
rispetto a quello ordinariamente previsto, il Direttore
regionale non potrà che procedere alla disapplicazione
della norma antielusiva.
Considerare diritto soggettivo la posizione giuridica
del contribuente comporta un’immediata – ed assai
rilevante – conseguenza in ordine alla tutela offerta. A
tal proposito, è opportuno rammentare che l’attribu-
zione della giurisdizione delle Commissioni tributarie
è definita per materia, stante l’attuale formulazione
dell’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, che la estende ai
tributi di ogni genere e specie, comunque denominati.
In tale prospettiva, è pacifico ciò che puntualizza la
sentenza in rassegna, ovvero che il criterio oggettivo
prevalga su quello della posizione soggettiva tutelata,
sia essa di diritto soggettivo perfetto o di interesse
legittimo.
Ciò nonostante, il riconoscimento della situazione giu-
ridica va effettuato per operare una distinzione che
non riguarda la possibilità di accesso alla tutela
giurisdizionale nel suo complesso, ma che riverbera i
propri effetti in ordine al suo svolgimento. Nel ricorso
avente ad oggetto un interesse legittimo, infatti, non è
possibile proporre eccezioni diverse da quelle relative
a vizi di legittimità dell’atto impugnato; soltanto
laddove si controverta intorno ad un diritto soggetti-
vo, invece, il potere del giudice si estende anche al
merito
16
e può condurre alla riforma o alla sostituzio-
ne dell’atto. E quindi, con particolare riguardo all’in-
terpello disapplicativo, il solo ottenimento giudiziale
dell’annullamento del diniego non garantirebbe tutela
effettiva al contribuente; tutela che sarebbe garantita
laddove al giudice fosse riconosciuto il potere di pro-
cedere autonomamente alla disapplicazione, in esito
ad un sindacato “a cognizione piena”.
Se dunque l’attività interpretativa svolta dall’Ammi-
nistrazione – di contemperamento tra lettera e spirito
della norma e fattispecie concreta – e la discrezionalità
tecnica e vincolata nella valutazione sono quelle in
precedenza descritte, non si può che propendere per
questa seconda soluzione interpretativa, fatta propria
dal Supremo Collegio nella sentenza in commento:
laddove l’istante riesca a dimostrare che gli effetti elu-
sivi della norma non possono verificarsi, egli ha il di-
ritto – soggettivo – di ottenere la disapplicazione, even-
tualmente concessa dal giudice tributario in sostitu-
zione dell’Amministrazione.
La sussistenza dell’interesse ad agire in capo al contri-
buente, tuttavia, non è l’unica condizione per consen-
tire l’accesso alla giustizia tributaria. Se è vero che,
come ricordato, ad individuare la giurisdizione delle
Commissioni concorre l’oggetto (tributario) della con-
troversia, l’azione può essere proposta soltanto con il
ricorso avverso uno degli atti elencati nell’art. 19 del
6
Circolare 3 marzo 2009, n. 7/E, par. 2.2: “si tratta, in sostanza, di un parere che deve essere necessariamente richiesto dall’interessato e che, una volta reso, vincola esclusivamente
l’Amministrazione Finanziaria”.
7
Per tutti cfr. F. Pistolesi,
Gli interpelli
, cit., pagg. 93 e seguenti.
8
Circolari 3 marzo 2009, n. 7/E e 14 giugno 2010, n. 32/E.
9
Con specifico rilievo per la sentenza annotata, non sarebbe possibile ricondurre il diniego di disapplicazione al diniego di agevolazione, atto autonomamente impugnabile ai sensi
dell’art. 19 cit.
10
Negano espressamente il carattere vincolante del provvedimento D. Stevanato, “
Disapplicazione
”, cit., pag. 1287 e F. Pistolesi,
Gli interpelli
, cit., pag. 94.
11
In proposito Comm. trib. prov. Torino, 21 dicembre 2007, n. 224, precisa che “l’atto impugnato ha indubitabilmente la forma di un parere (…) non solo sotto l’aspetto formale
o nominalistico, ma anche sostanziale. Esso infatti non contiene alcuna pretesa tributaria definita, ma una comunicazione con cui la Direzione regionale (…) esprime le sue
valutazioni (parere) su una determinata fattispecie tributaria, quindi non immediatamente impugnabile ex art. 19 D. Lgs 546/1992". In senso conforme Comm. trib. prov. Torino,
16 aprile 2008, n. 45; Comm. trib. prov. Milano, 16 gennaio 2008, n. 333; Comm. trib. prov. Milano, 2 maggio 2008, n. 108; Comm. trib. prov. Bari, 26 giugno 2008, n. 152 La
tassatività dell’elencazione di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 è posta infine alla base di Comm. trib. prov. Ancona, 10 settembre 2010, n. 188.
12
Comm. trib. reg. Toscana, 22 marzo 2005, n. 33 con riferimento ad un’istanza presentata per ottenere la disapplicazione dell’art. 3 del D.Lgs. n. 466/1997, poi abrogato, in materia
di
dual income tax
: “è il diniego o la revoca di un’agevolazione che viene indicata fra gli atti impugnabili innanzi alle commissioni tributarie, mentre in precedenza per istanze diverse
(…) si configura esclusivamente una posizione di interesse legittimo al suo esame o alla sua decisione”. Si tratta della sentenza cassata dalla pronuncia in commento.
13
P. Stellacci,
L’inversione del diritto di interpello
, in Il fisco, 2000, pag. 9590; G. Valente,
La “disapplicazione” di norme di natura antielusiva
(art. 37 bis, comma 8, D.P.R. n.
600/1973), in Il fisco, 2000, pag. 12964.
14
Comm. trib. prov. Lecce, 15 aprile 2008, n. 93; Comm. trib. prov. Lecce, 12 novembre 2008, n. 479; Comm. trib. reg. Puglia, 11 maggio 2010, n. 71; Comm. trib. prov. Bari,
2 dicembre 2010, n. 226; Comm. trib. prov. Palermo, 23 febbraio 2011, n. 127; Comm. trib. reg. Lombardia, 17 gennaio 2011, n. 2.
15
E non, dunque, l’interesse legittimo all’esame dell’istanza ed alla decisione favorevole, utilizzato – unitamente ad un’interpretazione letterale dell’art. 19 – quale principale
motivazione nella pronuncia di seconde cure.
16
Cfr. A. Travi,
Lezioni di giustizia amministrativa
, Torino, 2006, pag. 176, cui si rinvia per i riferimenti.