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NUMERO 203/204 - SETTEMBRE / DICEMBRE 2011
IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE A PAGINA 23
L'impugnazione del diniego
all'istanza di interpello disapplicativo
SENTENZE
MARCO VOLTOLINA
Praticante Ordine di Venezia
NO
Corte di Cassazione, Sezione tributaria, 27 gennaio
2011 – 15 aprile 2011, Pres. Adamo, Rel. Parmeggiani
Le determinazioni del Direttore regionale delle Entra-
te sull’istanza del contribuente volta ad ottenere il po-
tere di disapplicazione di una norma antielusiva ai
sensi dell’art. 37 bis, comma 8, D.P.R. n. 600 del 1973,
costituiscono presupposto necessario ed imprescindi-
bile per l’esercizio di tale potere. Le determinazioni in
senso negativo costituiscono atto di diniego di agevo-
lazione fiscale e sono soggette ad autonoma
impugnazione ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. h del
D.Lgs. n. 542 del 1992. Tale atto rientra tra quelli
tipici previsti come impugnabili e pertanto la mancan-
za di impugnazione nei termini di legge decorrenti
dalla comunicazione delle determinazioni al contri-
buente ai sensi dell’art. 1, comma 4, D.M. 19.6.1998,
n. 259, rende definitiva la carenza del potere di
disapplicazione della norma antielusiva in capo al-
l’istante. Il giudizio innanzi al giudice tributario a se-
guito dell’impugnazione si estende al merito delle de-
terminazioni impugnate.
1.
Premessa
– La sentenza in rassegna affronta il tema
dell’autonoma impugnabilità del parere reso in esito
alla procedura di interpello disapplicativo, giungendo
a conclusioni per un verso innovative e, per l’altro,
assai problematiche. Pare opportuno ripercorrere bre-
vemente i lineamenti essenziali dell’istituto, tutti va-
riamente chiamati in causa dalla pronuncia in com-
mento ed i quali, lo si anticipa, rischierebbero di risul-
tare profondamente modificati rispetto alla preceden-
te (comune) interpretazione, laddove si volesse con-
cordare con la tesi “forte” proposta dal Supremo Col-
legio.
2.
Nozione giuridica e ambito di operatività dell’istitu-
to
– L’articolo 37 bis, comma 8, del D.P.R. n. 600/
1973, come è noto, consente la disapplicazione delle
norme tributarie di natura antielusiva che “limitano
deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posi-
zioni soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento
tributario”, qualora il contribuente dimostri che nella
particolare fattispecie tali effetti elusivi non potevano
verificarsi.
La relazione al D.Lgs. 358/1997 (il cui art. 7 ha intro-
dotto l’art. 37 bis nel D.P.R. 600) precisa che la dispo-
sizione in esame è stata introdotta al fine di eliminare
le conseguenze negative derivanti dalla pluralità di
norme antielusive sostanziali introdotte nell’ordina-
mento: “spesso queste norme, a causa della loro
ineliminabile imprecisione, provocano indebite
penalizzazioni per comportamenti che non hanno nulla
di elusivo”. Se dunque l’Amministrazione può a suo
favore disconoscere i vantaggi fiscali ottenuti dal con-
tribuente per effetto di operazioni lecite, ma conside-
rate elusive per le modalità di effettuazione, allo stes-
somodo viene consentito che le disposizioni antielusive
specifiche siano disapplicate quando siano fonte di
penalizzazioni indebite: la norma pare dunque intro-
durre un principio di civiltà giuridica e pari opportuni-
tà tra fisco e contribuente.
Parente meno “nobile” ed utilizzato del ben più noto
(e pregnante) interpello antielusivo di cui all’articolo
21 della Legge n. 413/1991
1
, l’istituto in esame ha il
pregio di aver postulato una clausola generale di
disapplicazione delle disposizioni antielusive,
invocabile ogni qualvolta una norma tributaria
presuntivamente e preventivamente limiti o impedi-
sca la fruizione di una deduzione o di altra posizione
soggettiva favorevole al contribuente; e ciò, si badi
bene, senza la necessità di dimostrare la sussistenza
delle “valide ragioni economiche” e l’assenza dell’in-
tento di ottenere un beneficio fiscale altrimenti indebi-
to. Ciò che si richiede all’Amministrazione, invero, è
l’analisi interpretativa che consente di cogliere la non
sussistenza delle ragioni “di sistema” che hanno spin-
to il legislatore ad introdurre la disposizione; tramite
la procedura, in altri termini, si perviene alla
certificazione della non rispondenza tra il comporta-
mento tipico che la norma antielusiva intende colpire e
la fattispecie concreta delineata e documentata dal con-
tribuente
2
.
La norma si ritiene applicabile al solo settore impositivo
delle imposte dirette, rilevando al riguardo la
sedes
materiae
ed i riferimenti contenuti nella stessa, che ne
circoscrivono la portata ad operazioni tipicamente in-
cidenti sulla determinazione del reddito imponibile
3
.
Tra le ipotesi rilevanti circa le norme che possono
formare oggetto di istanza di disapplicazione, si se-
gnalano:
- disposizioni che limitano il riporto delle perdite e
degli interessi passivi indeducibili;
- disposizioni che limitano la deducibilità dei costi
sostenuti per l’acquisto o l’utilizzo di alcuni beni e
servizi (auto, spese telefoniche, eccetera);
- disposizioni che sanciscono la presunzione di
imponibilità di taluni redditi in funzione di specifici
investimenti, come per le società di comodo
4
.
3.
Procedimento
L’istanza, redatta in carta libera e
spedita in plico raccomandato con avviso di ricevi-
mento, deve essere rivolta al Direttore regionale delle
Entrate competente per territorio, ma indirizzata al-
l’Ufficio finanziario competente per l’accertamento
in ragione del domicilio fiscale del richiedente. L’Uffi-
cio locale trasmette l’istanza al Direttore regionale entro
trenta giorni dalla ricezione, formulando un proprio
parere. Il termine attiene esclusivamente ai rapporti
interni all’Amministrazione, poiché ai sensi dell’art.
1, commi 4 e 6, del D.M. 19 giugno 1998, n. 259
(decreto attuativo) le determinazioni del Direttore re-
gionale sono comunicate non oltre novanta giorni dalla
presentazione dell’istanza, mediante plico postale rac-
comandato con avviso di ricevimento; termine, que-
st’ultimo, che rimane sospeso in caso di richieste istrut-
torie rivolte al contribuente.
La norma nulla dispone in merito alla necessaria
preventività dell’istanza rispetto al compimento del-
l’operazione o alla presentazione della dichiarazione
dei redditi. È quindi configurabile anche un interpello
successivo, sempreché esso sia sorretto da un concre-
to e rilevante interesse del contribuente alla risposta
fornita dall’Ufficio
5
. Non è certamente possibile avan-
zare un’istanza se è già stata avviata un’attività di
controllo.
4.
Natura ed efficacia del provvedimento direttoriale.
Tutela giurisdizionale
– Gli effetti della risposta al-
l’istanza di interpello dipendono dalla qualificazione
giuridica che si intende conferire all’atto che ne scatu-
risce. Il tema, trattato dalla pronuncia in rassegna, è di
fondamentale importanza.
Il
provvedimento
del Direttore regionale, per espressa
previsione regolamentare, è
“da ritenersi definitivo”
(art. 1, comma 6, del D.M. n. 259/1998). Quanto al
termine “provvedimento”, va rilevato che soltanto
laddove si attribuisca al parere natura vincolante per il
contribuente avrebbe senso parlare di rimedi
giurisdizionali, e quindi di diritto a ricorrere, essendo
configurabile una posizione soggettiva meritevole di
tutela. Differentemente, se si conferisse alla risposta
un valore puramente indicativo, il contribuente po-
trebbe disattendere il parere ricevuto senza incorrere
in contestazioni per così dire automatiche da parte
dell’Amministrazione.
La definitività, peraltro prevista dal solo decreto
attuativo, va intesa secondo i principi del diritto am-
1
Nonché, naturalmente, dell’interpello ordinario disciplinato dallo Statuto del contribuente, all’articolo 11.
2
Su questa attività interpretativa si vedano D. Stevanato,
“Disapplicazione” delle norme con finalità antielusiva ed attività interpretativa
, in Dialoghi. dir. trib., 2004, pagg. 1284
e seguenti; S. La Rosa,
Nozione e limiti delle norme antielusione analitiche
, in Corr. trib., 2006, pag. 3092; F. Pistolesi,
Gli interpelli tributari
, Milano, 2007, pag. 88.
3
Cfr. Dir. reg. Liguria, nota n. 8448/1999 e circolare 17 maggio 2000, n. 98/E. Si segnala l’orientamento di una parte della dottrina che propende per l’estensione della disposizione
a precetto generale, di portata illimitata. Cfr. G. Zoppini,
Lo strano caso delle procedure di interpello in materia di elusione fiscale
, in Riv. dir. trib., 2002, I, pag. 1026; F. Pistolesi,
Gli interpelli
, cit., pag. 90.
4
Ai sensi dell’art. 30, comma 4 bis della Legge n. 724/1994, in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze
e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi dello stesso articolo, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto
di cui al comma 4, la società interessata può richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive ai sensi dell’articolo 37 bis, comma 8, del D.P.R. n. 600/1973.
5
Nonostante la circolare 14 giugno 2010, n. 32/E (par. 5.2) indichi, tra i requisiti di ammissibilità dell’istanza, la preventività della stessa rispetto ai novanta giorni precedenti il
termine di presentazione della dichiarazione (cfr. circolare 15 marzo 2007, n. 14/E).