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NUMERO 203/204 - SETTEMBRE / DICEMBRE 2011
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IL COMMERCIALISTA VENETO
3. Il diniego di chiusura di “lite pendente”
e sua impugnazione
La disciplina in esame prevede che, in caso di
mancata definizione, l’Ufficio che ha emesso l’atto
di accertamento debba comunicare il diniego
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alla segreteria della Commissione tributaria o alla
cancelleria del Tribunale o Corte d’Appello pres-
so i quali la lite è pendente, entro il 30 settembre
2012, e contestualmente notificato, ai sensi del-
l’articolo 60 del D.P.R. n. 600 del 1973, al sogget-
to che ha presentato la domanda
19
. Una volta
notificato il diniego, il contribuente può impu-
gnarlo entro il termine di sessanta giorni. Ma
dove impugnare il diniego? Il più volte citato ar-
ticolo 16, all’ottavo comma, asserisce che il di-
niego può essere impugnato “dinanzi all’organo
giurisdizionale presso il quale pende la lite”; in
deroga a quanto stabilito dal D.Lgs. del 31 di-
cembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo
tributario), che, all’articolo 19, primo comma, let-
tera h), inserisce tra gli atti impugnabili ed ogget-
to di ricorso alla Commissione tributaria provin-
ciale “il diniego o la revoca di agevolazione o il
rigetto di domande di definizione agevolata di
rapporti tributari”.
Di fatto, non sempre il ricorrente avverso il dinie-
go di definizione delle “liti pendenti”, come di-
sciplinato dall’articolo 16, ottavo comma, della L.
289/2002, ha la possibilità di impugnare l’atto
davanti alle Commissioni provinciali. Infatti, que-
sto accade solo nel caso in cui la lite penda in
primo grado; diversamente, quando la lite pende
in un grado più elevato di giudizio, al soggetto
non sono garantite le medesime possibilità. Di
conseguenza, si sono creati in giurisprudenza
delle questioni in merito alla possibile
incostituzionalità della norma di condono per vio-
lazione del diritto di difesa (art. 24), del principio
di uguaglianza (art. 3) e del principio del giudice
naturale (art. 25). In particolare, il nodo sul quale
da tempo la giurisprudenza disamina è la possi-
bilità o meno del triplice grado di giudizio per le
controversie relative ai dinieghi di condono di
cui all’art. 16. Numerose Sentenze sia di Com-
missioni tributarie provinciali che di Commissio-
ni tributarie regionali, ovvero della Corte di
Cassazione, hanno sostenuto tesi diverse in me-
rito all’organo presso il quale il soggetto ricor-
rente dovrebbe impugnare il diniego. I giudizi
possono essere raggruppati in due filoni. Il pri-
mo tende ad un’interpretazione letterale della
norma, ammettendo la possibilità, per il
malcapitato contribuente, se la lite pende in
Cassazione, di un unico grado di giudizio
20
. In-
fatti, occorre ricordare, ha affermato la Suprema
Corte, che il condono non rappresenta un giudi-
zio autonomo ma si pone come un giudizio inci-
dentale in un processo già iniziato
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; quindi, an-
che nel caso di un unico grado di giudizio, non
appare ipotizzabile la violazione del principio di
parità di trattamento, in quanto la lite è già stata
trattata in primo e secondo grado; deve essere
quindi escluso un eventuale dubbio di legittimi-
tà in merito alla diversa ampiezza del provvedi-
mento di diniego a seconda del giudice a cui ven-
ga rivolta. In questo modo, ha asserito la
Cassazione, si ottiene la finalità di snellire il
contenzioso esistente e di limitare quello poten-
ziale
22
. Diversamente, il secondo orientamento
analizza la norma alla luce dei principi costituzio-
nali invocando per tutti i soggetti la salvaguar-
dia del triplice grado di giudizio
23
. Dal canto suo,
la dottrina ha giudicato negativamente la
fattispecie normativa in esame, definendola
“sconcertante”, “irrazionale”, “incostituzionale
ed utile solo a creare contenzioso”; ma, nono-
stante ciò, così va applicata fintantoché non sia-
no sollevate eventuali cause di incostituzionalità
da parte del giudice di appello o della Corte di
Cassazione
24
, ovvero dallo stesso contribuente
con l’impugnazione dell’atto di diniego. Autore-
vole dottrina
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ha proposto una soluzione a tale
questione cercando una diversa interpretazione
dell’espressione “organo giurisdizionale presso
il quale pende la lite”. In particolare, ha previsto
la possibilità di impugnare il diniego nell’ambito
della giurisdizione cui appartiene la lite della quale
si è chiesta la definizione. Di conseguenza, se si
tratta di lite instaurata dinanzi alle Commissioni
tributarie, il contribuente dovrebbe impugnare il
diniego nell’ambito della stessa giurisdizione; in
questo caso, dinanzi alla Commissione tributaria
provinciale competente per territorio. Chi scrive
condivide la soluzione testé proposta, afferman-
do che la norma dovrebbe essere rivista e
riformulata,
pena
la
dichiarazione
d’incostituzionalità. Infatti, l’impugnazione del
diniego davanti al giudice ove pende la lite, come
interpretata dal primo orientamento, determina la
privazione di uno o più gradi di giudizio, a secon-
da dello stato del giudizio pendente. Si tratta di
una scelta non in linea con i principi del giusto
processo, che prevede un generale diritto a tre
gradi di impugnativa nei confronti di un atto di
pretesa tributaria. Probabilmente, per evitare
fraintendimenti, il legislatore avrebbe dovuto
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Nel caso in cui al contribuente non pervenga alcuna comunicazione attestante il diniego di definizione della lite, egli potrà ritenere chiusa la controversia. Infatti, in questa
fattispecie, il silenzio è direttamente collegato alla mancata prova dell’eventuale notifica di diniego. Per evitare tale conclusione, se sono presenti irregolarità nella domanda
di definizione, il rifiuto deve essere notificato tempestivamente al soggetto.
20
Nella Sentenza del 21 febbraio 2005, n. 3427, in Corriere Tributario, n. 14/2005, pp. 1103 e ss., la Corte di Cassazione afferma che non si tratta di “una ingiustificata disparità
di trattamento tra contribuenti”. Successivamente, nella Sentenza dell’8 marzo 2005, n. 5092, in www.agenziaentrate.it, asserisce “poiché la lite è stata già trattata in primo
e secondo grado, il diritto di difesa del contribuente non è violato dalla previsione di un unico grado di giudizio.
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Si veda la Sentenza della Corte di Cassazione dell’8 marzo 2005, n. 5092, cit.
22
Si veda la Sentenza del 15 aprile 2005, n. 7892, in www.agenziaentrate.it. La Corte di Cassazione afferma altresì l’esclusione dell’ipotesi “che l’impugnativa del provvedimento
di diniego possa avere diversa ampiezza a seconda del giudice cui venga rivolta”. Precisamente, secondo tale orientamento giurisprudenziale, la legge “radica la competenza a
provvedere in capo al giudice dinanzi al quale pende la lite, senza possibilità di una interpretazione la quale renda applicabile la norma per i soli giudizi di primo grado e di appello.
Vero è che la disposizione venne “pensata” dal legislatore con riferimento ad un provvedimento il quale non prevedeva la condonabilità dei processi pendenti in Cassazione”.
Quindi, “l’espressione “giudice innanzi al quale pende la lite” comprende certamente anche la Corte di Cassazione; ma poiché l’inciso “giudice davanti al quale pende la lite” non
è stato mutato dopo la modifica suddetta, devesi ritenere che per “giudice dinanzi al quale pende la lite” si intenda anche la Cassazione”. Così la Sentenza della Corte di Cassazione
dell’8 marzo 2005, n. 5092, cit.
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La Commissione tributaria della provincia di Genova, Sez. XX, nella Sentenza del 3 febbraio 2005, n. 11, in Corriere Tributario, n. 30/2005, pp. 2407 e ss., ha ritenuto la
propria competenza a decidere in merito al diniego di condono notificato in pendenza di giudizio davanti alla Commissione tributaria regionale; in questo modo, ha asserito la
Commissione, la parte ricorrente viene salvaguardata garantendole il triplice grado di giudizio.
24
Si veda D’AYALA VALVA F.,
Il nuovo contenzioso da condono
, in Il fisco, n. 42/2004, fascicolo n. 1, pp. 7081 e ss. L’accoglimento dell’illegittimità costituzionale della
norma comporterebbe la sospensione del processo e la remissione dello stesso davanti alla Corte Costituzionale.
25
Si veda GLENDI C.,
Chiusura della lite pendente davanti alla Commissione regionale
, in Corriere Tributario, n. 36/2004, pp. 2841 e ss. Id.,
Chiusura di liti pendenti e
incultura processuale
, ivi, n. 12/2003, p. 927 e Id.,
Impugnazioni di Sentenze e ricorsi contro i dinieghi di condono
, ivi, n. 13/2003,
p. 1011. L’A. è stato molto critico nei confronti della disciplina prevista dall’articolo 16, ottavo comma; in particolare, essa, ha asserito il Glendi, è “incostituzionale ed utile
solo a creare contenzioso”.
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Diverso il caso in cui la lite principale penda davanti al giudice ordinario. In tal caso il contribuente potrebbe impugnare autonomamente il diniego davanti al Tribunale.
omettere tale condizione normativa; in questo
modo, l’impugnabilità dei provvedimenti di con-
dono avrebbe seguito il corso generalmente pre-
visto dall’articolo 19, primo comma, lettera h), del
D.Lgs. n. 546/1992, garantendo, quindi, il triplice
grado di giudizio per tutti i casi in cui la lite prin-
cipale penda davanti al giudice tributario
26
.
4.1 La sospensione dei giudizi
Il D.Lgs. n. 546/1992 (“Disposizioni sul processo
tributario”), all’articolo 47, attribuisce alle Com-
missioni provinciali la possibilità di sospendere
gli atti impugnati se tali atti possono arrecare
danni gravi ed irreparabili ai contribuenti. Del
medesimo avviso è quanto affermato dal legisla-
tore alla lettera c) del dodicesimo comma dell’ar-
ticolo 39 della L. 98/2011, dove specifica che le
liti fiscali definibili, ai sensi del presente comma,
“sono sospese fino al 30 giugno 2012. Per le stesse
sono altresì sospesi, sino al 30 giugno 2012 i
termini per la proposizione di ricorsi, appelli,
controdeduzioni, ricorsi per cassazione,
controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i
termini per la costituzione in giudizio”. Inoltre,
prosegue la lettera d), “gli uffici competenti tra-
smettono alle commissioni tributarie, ai tribunali
e alle corti di appello nonché alla Corte di
Cassazione, entro il 15 luglio 2012, un elenco del-
le liti pendenti per le quali è stata presentata do-
manda di definizione. Tali liti sono sospese fino
al 30 settembre 2012. La comunicazione degli uf-
fici attestante la regolarità della domanda di defi-
nizione ed il pagamento integrale di quanto do-
vuto deve essere depositata entro il 30 settem-
bre 2012. Entro la stessa data deve essere comu-
nicato e notificato l’eventuale diniego della defi-
nizione”. Ad avviso di chi scrive siamo al co-
spetto di una fattispecie prevista dal legislatore
per consentire ai contribuenti di valutare la con-
venienza di usufruire del provvedimento di con-
dono in esame, ed al contempo, per evitare inutili
giudizi in merito a liti che, se rientranti nell’oggetto
dell’art. 16, andrebbero condonate. Quindi la sospen-
sione dei giudizi deve riguardare tutti i contribuenti
che abbiano delle “liti pendenti” definibili, cioè rien-
tranti nel novero di quelle previste dall’articolo 16,
terzo comma, lettera a). Tale affermazione va letta
correlataaiprincipicostituzionali; inparticolare,alprin-
cipio d’uguaglianza, sancito dall’articolo 3. Infatti, sa-
rebbediscriminatorioprevedere la sospensionedi giu-
dizi fissati solodopo l’entrata invigoredi questoprov-
vedimento di condono; si deduce che è giustificata la
facoltà di richiedere la sospensione, da parte del con-
tribuente, del giudizio ricevuto antecedentemente al
semestre di sospensione, ma fissato nel suddetto pe-
riodo. Si tratta di un’”apparente retroattività” della
norma rientrante tra le caratteristiche principali di una
legge di condono.
SEGUE DA PAGINA 20
Definizione liti pendenti