Page 9 - CV_202

Basic HTML Version

NUMERO 202 - LUGLIO / AGOSTO 2011
9
C'è un futuro dell'Italia nell'Euro?
EUROPA
ANDREA ZANETTI
Ordine di Verona
IL COMMERCIALISTA VENETO
M
entre assistiamo alle incertezze
ita-
liane per avviare il risanamento delle
casse pubbliche, in Europa si discu-
te del futuro dell’Euro e quindi anche del futuro
del nostro Paese.
In particolare, da parte tedesca
1
, si rafforza sem-
pre più l’interrogativo sul mantenimento della
moneta unica europea. In effetti, si sottolinea la
delusione per l’intera classe politica europea che
non ha dimostrato la forza e la volontà necessa-
rie per applicare le regole atte a garantire la coe-
sione monetaria tra gli Stati aderenti. Nei 10 anni
dalla creazione dell’Euro, più volte le varie nazio-
ni hanno infranto il limite di superamento del pro-
prio deficit annuale di bilancio fissato al 3 per
cento del prodotto interno lordo. Nessuna delle
sanzioni previste è mai stata applicata, neppure
quando è esplosa la crisi greca: pur aggravata
dalla scoperta del fatto che i conti erano stati
truccati da parte del Governo ellenico per per-
mettere l’ingresso nell’area Euro, non si sono
applicate particolari penalità anzi si è optato per
realizzare un pacchetto di salvataggio.
La mancanza di strumenti efficaci per il coordina-
mento delle politiche di bilancio di tutti i Paesi ha
alimentato il timore che nessun intervento possa
sanare in modo definitivo le attuali e future diffi-
coltà, facendosi strada la convinzione che difen-
dere l’Euro a tutti i costi potrebbe essere inso-
stenibile e soprattutto inutile. Infatti, a pagare i
costi del salvataggio sarebbero in ultima analisi,
i contribuenti dei “Paesi virtuosi” che dovrebbe-
ro accollarsi una parte di debiti degli altri paesi.
Oltre a ridurre le disponibilità nette dovute a tali
esborsi, i cittadini di tali Stati subirebbero una
ulteriore riduzione del tenore di vita a causa della
maggior inflazione derivante proprio dal maggior
indebitamento. E ciò senza la garanzia di control-
lo dei flussi di bilancio per il futuro.
La strategia opposta di abbandonare i Paesi ina-
dempienti, ad iniziare dalla Grecia, lasciandola
cadere in default e provocarne l’uscita dall’Euro,
è quasi unanimemente considerata ancora più
distruttiva. Presto potrebbero essere trascinate
nella medesima frana anche Lisbona, Dublino,
Madrid, Roma e forse Parigi.
E’ stato quindi ventilato un “piano C”, per cui
Germania, Austria, Finlandia e Paesi Bassi po-
trebbero lasciare l’Euro ai paesi della “
Olive Zone
per creare una nuova moneta.
L’
Euro mediterraneo
potrebbe svalutarsi e mi-
gliorare la competitività delle nazioni che ne fa-
cessero parte, stimolandone la crescita economi-
ca; gli Stati con l’
Euro mitteleuropeo
potrebbe-
ro veder frenate le proprie esportazioni, ma subi-
rebbero una minore inflazione.
Non tutti i “Paesi forti “ però gradirebbero que-
sta soluzione, in quanto una spaccatura in sede
Euro comporterebbe una contrazione del merca-
to comune, con conseguenze negative per le im-
prese dei Paesi più piccoli, orientati all’export, in
particolare in Olanda e Finlandia o per gli istituti
finanziari del Lussemburgo.
Si aggiunga che la frammentazione europea, ol-
tre agli svantaggi commerciali, provocherebbe
nei singoli Paesi un aumento dei rischi di vulne-
rabilità, di instabilità finanziaria e di difficoltà di
riattivazione dello sviluppo, mentre anche i Paesi
forti, in particolare laGerma-
nia, potrebbero subire un
lungo
periodo
di
stagnazione in modo analo-
go a quanto è successo per
il Giappone. Se si analizza
l’andamento dei rendimenti
dei Bund a 10 anni si può
notare una notevole somi-
glianza con le prestazioni dei
titoli del debito pubblico del
Sol Levante da 1988 al 1996,
anno in cui i rendimenti giap-
ponesi hanno violato la bar-
riera del 2 % e non hanno
fino ad oggi mai più
recuperato tale soglia. Sorprende osservare che
il rendimento dei Bund tedeschi è sceso recente-
mente sotto il 2 per cento e pur rilevando che vi
sono differenze fondamentali tra i due periodi
storici e tra il Giappone degli anni ‘90 e la Germa-
nia di oggi, è significativo rilevare che allora an-
che Tokio usciva da un periodo di espansione,
seguito da una bolla speculativa.
Per i sostenitori dell’Euro, invece, la moneta uni-
ca non solo continuerebbe a garantire benefici
commerciali ed economici, ma potrebbe dare dei
vantaggi anche sul fronte del debito, quale “Unio-
ne di Debitori”. «
Le dimensioni del debito con-
tano
», afferma Martin Sandbu
2
. Infatti il debito
americano, di gran lunga il maggiore del mondo,
trova un accoglimento sul mercato a tassi stabili,
attorno al 2,3% e né l’incertezza politica sul tetto
al debito, né il downgrade del rating sovrano da
parte di Standard & Poor, hanno influito sui ren-
dimenti delle obbligazioni statunitensi. E questa
è anche la lezione da trarre dal Giappone, che
spunta i rendimenti più bas-
si del mondo sui titoli del
debito pubblico, all’1%, no-
nostante un debito pubbli-
co elevatissimo sia in termi-
ni assoluti che se rapporta-
to al Pil.
Se facciamo riferimento alla
seguente tabella, si evince
come il debito dei Paesi eu-
ropei risulti di poco supe-
riore a quello degli USA, ma
in rapporto al PIL è assai mi-
nore di quello giapponese.
Presi singolarmente, i debi-
ti sovrani nazionali dei mag-
giori Stati europei rappresentano ancora mercati
significativi, ma gli investitori hanno dimostrato
il facile abbandono, superiore peraltro a quello
effettuabile con le obbligazioni statunitensi o
giapponesi. In altre parole, la decisione di volta-
re le spalle ad un Paese, scegliendo di uscire dal
mercato delle sue obbligazioni, sarà molto più
dirompente quanto più la dimensione del suo
Paese
Euro
Deb /PIL
PIL
USA (*)
6.552
Giappone (*)
5.448
Germania (**)
2.079
83,2%
2.499
Italia (**)
1.843
119,0%
1.549
Francia (**)
1.579
81,7%
1.933
Spagna (**)
639
60,1%
1.063
Paesi Bassi (**)
371
62,7%
592
Belgio (**)
342
96,8%
353
Grecia (**)
328
142,7%
230
Austria (**)
205
72,3%
284
Portogallo (**)
161
93,0%
173
Irlanda (**)
148
96,2%
154
Comunità Europea
7.695
87,1%
8.830
Regno Unito (*)
1.100
Fonti (*) Financial Times 17/08/2011; (**) Il Sole 24 Ore 31/08/2011
1
Si veda l’intervento di H. O. Henkel, ex Presidente della Federazione Industriali tedeschi (BDI), sul Financial Times del 30 agosto 2011
2
Martin Sandbu, giornalista economico per il Financial Times. E’ stato ricercatore allo Zicklin Center for Business Ethics Research alla Wharton School, University of
Pennsylvania, e all’ Earth Institute, Columbia University. L’analisi citata è apparsa sul Financial Times del 17/08/2011, pag. 9.
SEGUE A PAGINA 10