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NUMERO 202 - LUGLIO / AGOSTO 2011
IL COMMERCIALISTA VENETO
Fatta chiarezza sulla deducibilità
dei rimborsi chilometrici
NORME E TRIBUTI
N
el numero 181/2008
di questa rivista ci
siamo occupati di una particolare que-
stione legata ai rimborsi spese erogati
sottoforma di indennità chilometrica a dipenden-
ti e collaboratori. In quell’occasione avevamo
espresso il nostro dissenso rispetto ad una sin-
golare posizione della D.R.A.E. del Friuli Venezia
Giulia la quale, con la nota n. 2006/31579/12, ave-
va fornito un’interpretazione dell’articolo 95,
comma 3 del D.P.R. 917/1996 difforme da prassi,
giurisprudenza e dottrina prevalente.
Come è noto, il costo d’esercizio chilometrico
evidenziato nelle tabelle elaborate annualmente
dall’ACI è formato da due gruppi principali di
costi:
1)
costi non proporzionali alla percorrenza,
cioè quei costi che il proprietario deve sostenere
indipendentemente dal grado di utilizzazione del
veicolo (cd. costi fissi: quota interessi sul capita-
le investito, assicurazione RCA, tassa automobi-
listica, etc.)
2)
costi annuali proporzionali alla
percorrenza, cioè quei costi che sono direttamente
o indirettamente connessi al grado di utilizzazio-
ne del veicolo stesso (ad esempio: quota ammor-
tamento capitale, carburante, pneumatici, ripara-
zioni e manutenzione)
Le tabelle ACI riportano sei differenti costi
chilometrici in corrispondenza di medie di
percorrenza annue che variano di 5 mila in 5 mila
per le autovetture a benzina e di 10mila in 10mila
(escluse leprime tre fascedi 10.000, 15.000e20.000
Km) per le autovetture a gasolio.
La tesi della DRE- FVG era la seguente: “…
non
si può ammettere che nella determinazione del
valore deducibile rientrino anche i costi fissi
dell’autovettura: in tale ipotesi, infatti, gli stes-
si dovrebbero essere considerati differentemen-
te a seconda del chilometraggio annuale effet-
tuato, proprio perché costi fissi (la parte infe-
riore della tabella ACI riporta infatti questa
proporzione). Non si riuscirebbe quindi a capi-
re quale importo di chilometraggio bisogne-
rebbe prendere a riferimento, in considerazio-
ne che la parte inferiore della tabella ACI spal-
ma tutti i costi fissi di quei chilometraggi, in
considerazione che il dipendente ha ovviamen-
te la possibilità di utilizzare l’autovettura so-
prattutto per fini privati”.
Nel nostro articolo tentammo di dimostrare quale
fosse il corretto trattamento auspicando che la
sua lettura convincesse la Direzione Regionale a
ritornare sui suoi passi.
Una recente Consulenza Giuridica della Direzio-
ne Centrale Normativa dellaAgenzia delle Entra-
te, favorevole alla tesi da noi sostenuta, consen-
te di ritornare sull’argomento.
Per meglio comprendere l’argomento,
ripercorriamo brevemente i termini della vicenda.
Il comma 3 dell’articolo 95 del TUIR prevede che
se un dipendente o il titolare di un rapporto di
collaborazione è autorizzato a utilizzare un auto-
veicolo di sua proprietà per una specifica trasfer-
ta, la indennità chilometrica rimborsatagli è
deducibile limitatamente al costo di percorrenza
o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di
potenza non superiore a 17 cavalli fiscali se con
motore a benzina, ovvero 20 se con motore die-
sel.
L’indennità rimborsata, da un lato (impresa) co-
MARCO BALESTRA
PAOLO ZORZENONE
Ordine di Udine
stituisce costo deducibile dal reddito d’impresa
fino ad un importo corrispondente ai chilometri
percorsi moltiplicati per il costo chilometrico di
percorrenza dell’autovettura, dall’altro lato
(percettore) non assume mai natura retributiva,
ma semplicemente compensativa: di conseguen-
za, non vi sarà mai tassazione in capo al dipen-
dente, a meno che il rimborso non superi le tariffe
massime indicate nelle tabelleACI con riferimen-
to al tipo di veicolo utilizzato.
Il costo chilometrico, come detto più sopra, vie-
ne determinato sulla base di tabelle che si fonda-
no su dati stabiliti da associazioni automobilisti-
che, le quali individuano tariffe differenziate in
base alla percorrenza media annuale.
Appare evidente che il costo d’esercizio al chilo-
metro, varia con riferimento alla medesima
tipologia di veicolo, in relazione alla percorrenza;
l’incidenza dei “costi non proporzionali” si ridur-
rà in ragione della maggiore percorrenza, mentre,
al contrario, aumenterà l’incidenza dei “costi pro-
porzionali”.
Come ricordato, la norma fa riferimento a “costi
di percorrenza” con riferimento alle fasce
chilometriche più sopra evidenziate. Il volere for-
zare l’interpretazione per rappresentare qualco-
sa di diverso rispetto a quello che il legislatore
ha voluto asserire con una norma, appare alquan-
to discutibile.
L’inserimento di principi o interpretazioni diversi
da quelli normalmente condivisi dal resto delle
direzioni regionali, richiederebbe la rivisitazione
dell’intero impianto dei rimborsi chilometrici. Da
qui la convinzione della estemporaneità della pre-
sa di posizione della D.R.E. FVG la cui tesi, priva
di alcun supporto giurisprudenziale o dottrinario,
non può essere condivisa perché contrasta con i
documenti di prassi nazionali e ha determinato
solo per il Friuli Venezia Giulia una discriminazio-
ne dei contribuenti in palese contrasto con l’arti-
colo 53 della Costituzione.
La problematica in oggetto ha assillato, in questi
ultimi cinque anni, imprenditori e consulenti del-
la nostra regione, in quanto gli Uffici delle dire-
zioni provinciali dell’Agenzia delle Entrate del
Friuli Venezia Giulia, in sede di verifica fiscale, in
ossequio alla nota in parola, hanno disconosciu-
to il diritto alla deduzione della quota relativa ai
“costi non proporzionali”.
Il nostro articolo concludeva con l’auspicio che
la questione
de qua
venisse discussa anche a
livello centrale presso la Direzione Centrale Nor-
mativa e Contenzioso.
In data 6 maggio 2011, a fronte di una specifica
richiesta presentata dall’Associazione Piccole e
Medie Industrie di Udine, volta a fare chiarezza
sull’argomento, la Direzione Centrale Normativa
dell’Agenzia delle Entrate, ha rilasciato consu-
lenza giuridica prot. n. 954-59477/2011, che sem-
bra chiarire definitivamente il caso.
La risposta della Direzio-
ne Nazionale, attraverso
lo strumento della Con-
sulenza Giuridica ha ri-
messo le cose in ordine,
nel senso da noi
auspicato confermando
che: “.…
il costo d’eser-
cizio al chilometro così
composto (ndr.: costi fis-
si + costi variabili), va-
ria, nell’ambito della
medesima tipologia, a
seconda della classe di
percorrenza media an-
nua riferibile al veicolo
utilizzato, in quanto i
costi proporzionali alla
percorrenza espressi in
euro per chilometro
sono costanti, mentre al-
l’aumentare della percorrenza media annua
l’entità dei costi non proporzionali alla
percorrenza si riduce. In pratica, quindi, le ta-
riffe sono calcolate sulla scorta della conside-
razione che più strada viene percorsa in un
anno, minore risulta l’ammontare del costo di
esercizio complessivo espresso in euro, in quan-
to i costi fissi annui si ripartiscono su un mag-
gior chilometraggio. Ne consegue che, la sud-
divisione, secondo le tabelle ACI, del costo
d’esercizio nelle due categorie di costi fissi e
proporzionali al chilometraggio, nei limiti dei
cavalli fiscali previsti dalla norma di riferimen-
to, consente di ricavare, mediante un calcolo
elementare (costi fissi/percorrenza media an-
nua + costo proporzionale al km) il costo com-
plessivo sostenuto dal dipendente nell’utilizzo
del proprio autoveicolo, in corrispondenza a
qualsiasi percorrenza media annua per fini
aziendali ed a qualsiasi tipo di autovettura utiliz-
zata. Tutto ciò premesso, la Scrivente ritiene che
per costo di percorrenza deducibile quale “in-
dennità chilometrica”rimborsata ai dipendenti o
ai titolari di rapporti di collaborazione coordi-
nata e continuativa debba intendersi il “costo
complessivo di esercizio in Euro al Km” calcola-
to dall’ACI comprensivo della quota relativa al
costo non proporzionale al chilometraggio.”
Con ciò ci sentiamo di affermare, con una certa
soddisfazione, che è fatta finalmente chiarezza e
auspichiamo di non dover più affrontare in futu-
ro la problematica in oggetto quale argomento di
contrasto con i verificatori fiscali.