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NUMERO 202 - LUGLIO / AGOSTO 2011
IL COMMERCIALISTA VENETO
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Secondo Martin Sandbu, i vantaggi sarebbero rilevanti anche se l’unificazione dei debiti fosse realizzata solo dagli 11 Paesi dell’area Euro, senza i “Paesi virtuosi”, Germania
Paesi Bassi, Austria, Finlandia e Slovacchia. Si creerebbe un mercato dei titoli di 3.500 miliardi di euro con dati macroeconomici solo marginalmente peggiori di quelle per la zona
euro nel suo complesso (Financial Times, 17/07/2011, pag. 9).
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L’ipotesi di creare Eurobond è stata sviluppata anche da Prodi-Quadrio Curzio e sostenuta da Joseph Stiglitz (Nobel
economia 2001). Attualmente la BCE opera per mezzo del Fondo comunitario Efsf (European Financial Stability Facility) che ha una dotazione di Euro 780 miliardi: Germania 212;
Francia 159; Italia 140; Spagna 93; Olanda 45; Belgio 27; Austria 22; Grecia 22; Finlandia 20; Portogallo 14; Irlanda 12; Slovacchia 8; Slovenia 4; Lussemburgo 2; Cipro 2; Malta
1 (Il Sole 24 Ore 03/09/2011). Il Sole 24 Ore, pag. 23.
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Secondo il rapporto fiscale sull’Iva di Price Water House Cooper le stime sull’infedeltà Iva sarebbero le seguenti - in miliardi di Euro: Grecia 23.852 (30%); Italia 130.743
(22%); Regno Unito 170.770 (17%); Germania 180.012 (10%); Francia 154.457 (7%); Spagna 69.117 (2%). Il Sole 24 Ore 03/09/2011, pag 8.
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L’ineludibile indicazione di conseguire la situazione di bilancio in pareggio verrà inserita anche nella nostra Costituzione prossimamente.
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La Spagna si obbliga a rispettare i limiti UE entro il 2020: debito sovrano al di sotto del 60 % del PIL e disavanzo annuale inferiore al 3 % del PIL per i disavanzi annuali.
“Pensiamo che prima o poi ci sarà una certa disciplina comune per i deficit di bilancio nell’UE”, ha detto Alvaro Nadal, PP segretario per l’economia e l’occupazione. “L’idea
è quella di preparare l’economia spagnola ad essere situata all’interno del nuovo sistema di governance europea”. "Financial Times" 27/08/2011, pag. 8
debito e quindi del suo mercato sia ridotto. Qua-
si paradossalmente, tanto più grande risulta il
debito di una economia, tanto più il relativo mer-
cato sarebbe stabile e “premiato” da condizioni
favorevoli. Per queste ragioni, i Paesi della zona
euro troverebbero consistenti vantaggi ad unire
i propri debiti,
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creando un mercato del debito di
dimensioni tali da rivaleggiare con quelli di Stati
Uniti e Giappone. Si spunterebbero tassi assai
più convenienti rispetto alla media attuale
nell’aera Euro. Inoltre il mercato sarebbe assai
meno vulnerabile alle ricorrenti situazioni di pa-
nico nelle fasi di rifinanziamento, che non solo
tendono a contagiare altri Stati, ma che obbliga-
no a rassicurare i mercati con decisioni
draconiane, con l’effetto di deprimere la doman-
da e l’economia dei sistemi economici, avvitan-
do un circolo vizioso difficile da interrompere.
Si renderebbe quindi necessario trovare un accor-
do per sottoscrivere prestiti comuni
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, non assu-
mendo comunque il debito di un altro Paese. Que-
sta ipotesi dovrebbe rassicurare anche i contri-
buenti tedeschi e austriaci che non si farebbero
carico di debiti altrui e non vedrebbero peggiorare
sensibilmente i tassi sul loro debito sovrano.
È peraltro essenziale - come ribadito dalla Banca
Centrale Europea - che ciascuna nazione perse-
gua, con coerente e determinato rigore, gli obietti-
vi di miglioramento delle finanze pubbliche, sia sul
lato del contenimento della spesa che su quello
dell’efficienza fiscale
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, per consolidare e rafforzare
la qualità e la credibilità della politica finanziaria
comunitaria e l’impegno a ripagare i propri debiti.
Negli ultimi giorni dell’agosto scorso, in Spagna
i principali partiti politici hanno concordato piani
ambiziosi per limitare il debito pubblico e il deficit
di bilancio, modificando la Costituzione
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e impo-
nendo per legge ai governi centrale e regionali di
tenere debito e deficit al di sotto di specifici livel-
li
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. Ora tocca all’Italia mettersi in linea con gli altri
Paesi, uniformandosi ai criteri e allo spirito di
Maastricht. Una rilevante responsabilità compe-
te ai membri “deboli” della zona euro, che co-
munque possono pur sempre esercitare un note-
vole potere. È importante che i singoli Paesi agi-
scano responsabilmente nell’affrontare le loro
politiche di bilancio, ma è altrettanto essenziale
che la sorveglianza delle Istituzioni avvenga in
modo più rigoroso, con un rafforzamento della
governance
collegiale.
Una riattivazione della coesione europea permet-
terebbe di sostenere il modello economico-so-
ciale, mantenendo la qualità di vita nelle varie
economie. Se è vero, infatti, che i Paesi emergenti
registrano saggi di crescita elevati, superiori a
quelli occidentali, è altrettanto vero che essi sof-
frono in termini di sicurezza e libertà. Va ricono-
sciuto come il modello occidentale continui a of-
frire una soluzione soddisfacente al problema
politico di come i conflitti di interesse tra gli indi-
vidui possano essere risolti pacificamente. La
democrazia funziona facendo ricorso all’uso co-
ercitivo della violenza limitato alle situazioni più
gravi. Si tratta di un risultato straordinario del
modello occidentale che, aggiunto alla quasi to-
tale eliminazione della miseria materiale, ne pale-
sa l’intrinseca appetibilità.
In Cina, la repressione ha soffocato ma non pla-
cato le proteste e il reclamo di democrazia; in
India vi sono sacche di insurrezione armata nel
sud e nel Kashmir; il tasso di omicidi del Brasile è
20 volte superiore alla media europea.
L’Euro rappresenta certamente un punto di forza
per l’economia del nostro Paese, ma l’Italia non
può più continuare con la politica del rimandare,
cambiare o attenuare le misure di risanamento
decise, non appena si allenti un poco la pressio-
ne dei mercati o al primo accenno di aiuto da
parte delle istituzioni comunitarie. A causa delle
interconnessioni tra debito pubblico – banche
nazionali – banche europee è evidente che la BCE
SEGUE DA PAGINA 9
C'è un futuro dell'Italia nell'Euro?
Gli azionisti di minoranza
Una proposta inglese
Gli azionisti di minoranza contano come il due di picche.
Possono prendere la parola alle assemblee, possono, con certe
limitazioni, assumere informazioni specifiche, ma di fatto non
gliene importa a nessuno.
Nelle società quotate, poi, con la maggioranza dei soci molto
spesso vincolata da un patto di sindacato, non contano proprio
nulla. IlMinistro inglese Lord PaulMyners tempo fa ha lancia-
to una proposta semplice: istituire unmercato dei diritti di voto.
I piccoli azionisti potranno così cedere i loro diritti, oppure
acquisirli. Potrebbero anche essere previsti dei
bonus share
per gli azionisti fedeli, dopo un certo numero di anni di
azionariato.
Lo strumento appare interessante, anche se in realtà l’innova-
zione potrebbe comportare pochi o nulli effetti pratici, alla fine.
Unadifficoltàpratica è: come determinare il prezzo?Maquanto
può valere un diritto, che rimane pur sempre del tutto teorico,
e che non può quasi mai influire?
InGran Bretagna la proposta è statamolto criticata dai fondi,
che hanno un ruolo molto importante nel modello inglese, al
contrario che da noi, dove questa presenza non è invece così
rilevante. Probabilmente laproposta è ancora rozza,mapotreb-
be essere l’inizio di un nuovomodo di considerare i soci, anche
i più piccoli.
G.R.
è in qualche modo “schiava” delle decisioni di
Roma e non può sanzionare o minacciare come
vorrebbe o meglio dovrebbe il Bel Paese per le
sue inadempienze. Diversamente dovrebbe as-
sumersi il rischio che un eventuale default italia-
no provocherebbe sull’intero sistema europeo.
Pur tuttavia l’Europa non potrà accettare di sot-
tostare a un tale “ricatto” da parte nostra e po-
trebbe essere disposta anche a subire perdite
certe e immediate pur di non mantenere in vita
una compagine viziata e inattendibile, che porte-
rebbe comunque perdite maggiori e continue.
L’economia italiana ha sempre dimostrato una
grande vitalità, una straordinaria capacità di ri-
prendersi dopo ogni crisi e, ancor oggi, conser-
va un potenziale straordinario tenuto conto della
qualità delle sue risorse umane e della sua cultu-
ra d’impresa. Non possiamo gettare via questo
patrimonio. È giunto il tempo dei sacrifici, ri-
mandati ormai troppo a lungo, da affrontare
con la fiducia e la decisione che i nostri part-
ner europei si aspettano finalmente da noi.
Questa crisi ha cambiato l’Euro, la sua
governance
e i comportamenti dei Paesi ade-
renti. La Spagna ha dimostrato di averlo capi-
to. Dimostriamolo anche noi.