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NUMERO 202 - LUGLIO / AGOSTO 2011
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Il D. Lgs. 231/2001:
un quesito risolto?
NORME E TRIBUTI
IL COMMERCIALISTA VENETO
ANTONIO MASULLO
PraticanteOrdine di Treviso
I
l D. Lgs. 8 giugno 2001, n. 231,
ha intro-
dotto nell’ordinamento italiano un nuovo
regime di responsabilità a carico delle so-
cietà e degli enti derivante dalla commissio-
ne, o tentata commissione, di determinate
fattispecie di reato, nell’interesse o a vantaggio
degli enti stessi; non è perciò necessario aver con-
seguito un vantaggio concreto, ma è sufficiente
che vi fosse l’interesse a commettere il reato.
I dieci anni che ci dividono dall’emanazione del
decreto legislativo sulla responsabilità ammini-
strativa delle persone giuridiche non hanno cer-
to contribuito a far stabilizzare nelle mente degli
operatori una così complessa riforma del tradi-
zionale brocardo
“societas delinquere non
potest”,
secondo cui la persona giuridica non è
nella possibilità di commettere un reato.
Alla luce di quanto appena asserito, appare, però,
opportuno fermarsi a riflettere e capire meglio.
Non è vero che la società non è capace di com-
mettere un reato: basti pensare all’associazione
a delinquere dove è una volontà collegiale a muo-
vere i soggetti e a spingerli a compiere determi-
nate attività illegali. Più correttamente il diritto ro-
mano avrebbe dovuto dire
“societas puniri non
potest”,
vale a dire che la persona giuridica non
può essere punita, dato che è inimmaginabile re-
stringere in una camera di sicurezza una società di
revisione o una qualsivoglia società
1
: ciò è possi-
bile farlo, invece, con un amministratore, un liqui-
datore, in poche parole con una persona fisica.
Ecco allora la
ratio
del D. Lgs. 8 giugno 2001, n.
231, ossia l’irrogazione di sanzioni punitive di
natura afflittiva, anziché la previsione di pene a
carico della società, perché le pene previste dal
codice penale sono:
– la reclusione e/o la multa per i delitti;
– l’arrestoe/ol’ammendaper lecontravvenzioni.
L’art. 10 del Decreto in esame, disciplina proprio
il tema delle sanzioni pecuniarie, le quali si appli-
cano secondo un modello di calcolo «per quote»
in un numero non inferiore a 100 e non superiore
a 1000 e con un importo che oscilla da un minimo
di Euro 248 ad unmassimo di Euro 1.549, il ché ci
porta a delle cifre pari a quasi Euro 25.000 come
minimo ed oltre Euro 1.500.000 come massimo.
Si tratta di sanzioni particolarmente pesanti ed è
per questo che vale la pena di riflettere su tutta
una serie di considerazioni: una tra tutte, se non
sia il caso di riconoscere che siamo in presenza di
una responsabilità penale di tipo particolare, visto
il carattere fortemente punitivo delle sanzioni che
coinvolgono la responsabilità delle società. Tant’è
vero che la responsabilità dell’ente è diretta e può
coinvolgere la sua stessa sopravvivenza. Non c’en-
tra più la persona fisica e non è oltretutto attinente
il riferimento all’art. 197 c.p. dove si argomenta una
disciplina totalmente differente, trattandosi di re-
sponsabilità sussidiaria e non diretta.
La responsabilità “amministrativa” prevista dal
Decreto consente, quindi, di colpire il patrimonio
degli enti - direttamente con sanzioni pecuniarie
o indirettamente tramite ad esempio, l’interdizio-
ne dall’attività, il commissariamento o il divieto a
contrarre con la P.A. - che hanno tratto un van-
taggio dalla commissione di determinati reati da
parte delle persone fisiche che rappresentano
l’Ente o che operano per l’Ente.
Quest’ultimo, tuttavia, non risponde se dimostra
di avere “
adottato ed efficacemente attuato
” un
modello di organizzazione, gestione e controllo
idoneo a prevenire la commissione di reati della
stessa fattispecie di quello verificatosi.
Il reato, pertanto, deve essere stato commesso
aggirando fraudolentemente il modello stesso.
Risulta perciò evidente che il punto di partenza
su cui costruire l’intero disegno di analisi, è capi-
re i dettami e le scelte di politica gestionale pro-
venienti dalla
Corporate governance
.
Ogni impresa, infatti, funziona grazie ad un «in-
sieme di regole, procedure e prassi», più o meno
formalizzato, che ne orienta l’esercizio verso gli
obiettivi stabiliti dalla proprietà e questo «insie-
me di regole, procedure e prassi» è proprio il
modello di organizzazione, gestione e controllo.
Il D. Lgs. n. 231/2001 chiede, affinché si possa
eventualmente godere della cosiddetta esimen-
te, che tale modello sia inoltre adeguatamente
formalizzato - per permetterne la conoscibilità in-
terna ed esterna all’azienda - e che risponda ad
alcuni requisiti specifici come ad esempio la co-
stituzione dell’organismo di vigilanza.
2
Data la complessità dell’impianto normativo del
D.Lgs. n. 231 del 2001 si fornisce un utile
vademecum
dal punto di vista procedurale, come
illustrato nella
Fig. 1
.
È
dunque corretto parlare
di «realizza-
zione del modello organizzativo
ex
D.Lgs n. 231/2001», o alla luce di quan-
to fino ad ora sostenuto, sarebbe più
opportuno parlare di «un progetto di
adeguamento del modello di organizzazione, ge-
stione e controllo dell’azienda ai requisiti stabili-
ti dal decreto»?
Occorre, innanzitutto, ricordare la mancata defi-
nizione di un modello legale
standard
nonché la
cautela del Decreto nel definire e prescrivere le
sole funzioni cui devono rispondere i modelli,
senza poi fornire alcuna indicazione in merito alle
modalità di elaborazione di essi ed al loro conte-
nuto.
Il sistema adottato negli Stati Uniti per i reati com-
messi dalle persone operanti all’interno dell’or-
ganizzazione, è costituito, sulla base di quanto si
è potuto appurare nel primo capitolo, dalle
Federal Sentencing Guidelines
(FSG), raffigu-
ranti le norme mediante le quali il giudice può
determinare la responsabilità e la correlata pena
della società, e dai
Compliance Programs
, raffi-
guranti la parte applicativa e organizzativa delle
suddette FSG.
Si è voluto fare riferimento all’esperienza statu-
nitense perché ha avuto un’influenza notevole
per la stesura del Decreto in commento, e in par-
ticolare, sulla definizione dei modelli organizzati-
vi e di controllo, come è espressamente indicato
SEGUE A PAGINA 22
Figura 1
Schema riepilogativo del D. Lgs. n. 231 del 2001
1
Per approfondimenti si veda Di Amato A.,
Diritto penale dell’impresa
, Milano, 2006, pag. 7 ss.
2
Cfr. Battisti G., D. Lgs. 231/01:
Riflessioni sui Modelli organizzativi
, in www.complianceaziendale.com.