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NUMERO 202 - LUGLIO / AGOSTO 2011
IL COMMERCIALISTA VENETO
Quanto alla buona fede del contribuente, con richiesta di disapplicazione delle
sanzioni perché le sanzioni sono attribuibili ad altro soggetto, le doglianze della
ricorrente non sono meritevoli di accoglimento. La materia tributaria trova una
disciplina compiuta in ben tre disposizioni, tutte vigenti:
- l’art. 8, comma 1, del D.Lgs. n. 546/1992 (disciplina del processo tributario), che
prevede che «la Commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non
penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive
condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposi-
zioni alle quali si riferisce»;
- l’art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 472/1997 (disciplina delle sanzioni amministrative
tributarie non penali), per il quale «non è punibile l’autore della violazione quando
essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito
di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono»;
- l’art. 10, comma 3, della legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente),
secondo la cui versione originaria «le sanzioni non sono comunque irrogate quando
la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’am-
bito di applicazione della norma tributaria».
L’art. 1, comma 1, del D.L. 17 giugno 2005, n. 106, convertito dalla legge 31 luglio
2005, n. 156, ha peraltro aggiunto la seguente disposizione: «In ogni caso non
determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine
alla legittimità della norma tributaria».
Quindi il potere di disapplicazione delle sanzioni deve essere esercitato tutte le
volte che l’equivocità della disciplina normativa induce in errore sul corretto adem-
pimento degli obblighi tributari. La disapplicazione delle sanzioni tributarie trova
attuazione anche quando le obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sul-
l’ambito di applicazione di una disposizione sono poste in rilievo dall’emanazione
C
on la sentenza in commento
la Com-
missione tributaria provinciale di
Vicenza ha respinto la richiesta di
disapplicazione delle sanzioni tribu-
tarie in presenza di buona fede del contribuente
colpito da numerosi avvisi di accertamento e atti
esecutivi, non impugnati e successivamente og-
getto di richiesta di autotutela in via sostitutiva
(rispetto all’ordinario iter giurisdizionale). I giu-
dici vicentini non hanno ritenuto sufficiente, ai
fini esimenti, le condizioni soggettive del contri-
buente quando queste non si accompagnino a
oggettive condizioni di incertezza sull’ambito
applicativo della norma. Inoltre, nel caso in cui si
manifesti la contemporanea infedeltà del consu-
lente fiscale, il quale sembra essere stato una
concausa dei guai incorsi dal suo assistito, que-
sta è rilevante solo quanto alla denuncia penale
faccia seguito il riconoscimento della
colpevolezza del consulente infedele, secondo
quanto previsto dalla L. n. 423/1995. Come ve-
dremo in seguito, le conclusioni dei giudici non
sono del tutto convincenti in quanto il percorso
esegetico non è stato in grado di fornire una sod-
disfacente risposta a fronte delle istanze del ri-
corrente. Inoltre il collegio giudicante non ha te-
nuto conto delle ulteriori elaborazioni
giurisprudenziali che hanno mitigato i rigidi pre-
cetti indicati dalla legge 423.
Ma veniamo alla esposizione dei fatti. Nel nostro
caso pare di capire che il contribuente fu dan-
neggiato dal comportamento professionale del
suo consulente il quale gli impedì il tempestivo
esercizio della tutela giurisdizionale relativamen-
te a tre avvisi di accertamento e ai successivi atti
esecutivi. Spirati i termini per i ricorsi non resta-
va che tentare la richiesta di annullamento degli
atti mediante il potere di autotutela.
L’interesse della sentenza in commento va ricer-
cato non tanto nella declaratoria di inammissibilità
dei ricorsi per violazione dell’art. 21 del D.Lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, quanto negli esiti delle
domande di disapplicazione delle sanzioni tribu-
tarie comminate al contribuente stante lo
status
La buona fede del contribuente e l'infedeltà del professionista
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di una legge interpretativa che interviene successivamente alla constatazione di una
violazione oppure quando la stessa Amministrazione si esprime in termini contrad-
dittori con circolari e risoluzioni. L’incertezza oggettiva che ha indotto in errore il
contribuente, che può essere determinata anche da contrastanti decisioni
giurisprudenziali in ordine a determinate questioni.
Per il caso in esame la Commissione rileva la non sussistenza di obiettive condizioni
di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme alle quali la
violazione si riferisce e l’applicabilità delle sanzioni deve ritenersi essere sussistente.
Quanto all’applicabilità ad un contribuente dei benefici previsti dalla legge n. 423/
1995 se ne rammentano sommariamente i tratti principali, essa agisce: sia per
quanto riguarda l’imposta, in forza del comma 6 bis1, con la sospensione fino a due
anni della riscossione (più, successivamente, un’eventuale rateazione); sia per quanto
attiene alla sanzione, con lo sgravio a favore del contribuente e la commutazione della
stessa a carico del consulente, a condizione che il reato sia accertato in sede penale.
Per il caso in esame la ricorrente non dà prova dell’avvenuto accertamento, in sede
penale del reato, in capo al consulente.
Per la particolarità della materia trattata, sussistono giusti motivi per ritenere le
spese compensate.
P.Q.M.
Previa riunione dei processi a quello n. .... Quanto all’impugnazione degli avvisi di
accertamento anni 2003, 2004 e 2005 ed alle cartelle di pagamento n. ... e n. ...
dichiara inammissibile i ricorsi riuniti per carenza di un essenziale presupposto
processuale e specificatamente per impugnativa oltre il termine di sessanta giorni
dalla notifica degli atti. Quanto alla impugnazione del diniego di autotutela dichiara
inammissibile i ricorsi riuniti perché l’esercizio dell’autotutela non costituisce un
mezzo di difesa del contribuente, sostitutivo dei rimedi giurisdizionali non esperiti.
Per il resto respinge i ricorsi riuniti. Spese compensate.
soggettivo di incolpevolezza e buona fede.
Si rammenta brevemente che con la riforma del
1998 la disciplina delle sanzioni tributarie è stata
fortemente improntata a principi penalistici, se-
condo i quali la sanzione presenta caratteristiche
afflittive e non risarcitorie e si riferisce alla perso-
na fisica che commette l’illecito. All’epoca della
riforma il tutto fu contemperato dall’operare de-
gli istituti dell’autore mediato, della responsabi-
lità solidale in capo al soggetto (persona fisica,
giuridica o ente) nel cui interesse abbia agito l’au-
tore della violazione e del principio del
favor rei
.
In effetti il legislatore della riforma, nell’affronta-
re le cause di non punibilità, ha predisposto ap-
positamente l’art. 6 del D.Lgs. 18 dicembre 1997,
n. 472, il quale, al comma 2, affronta la questione
dell’errore derivante dall’interpretazione della
norma (errore di diritto). Tale tipologia di errore
esclude la colpa (e quindi la punibilità), quando
le violazioni sono determinate da obiettive con-
dizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di
applicazione delle norme.
Anche nella disciplina del processo tributario
l’art. 8 del D.Lgs. n. 546/1992, rubricato «Errore
sulla norma tributaria», ha introdotto un apposi-
to potere di disapplicazione delle sanzioni in capo
alla Commissione tributaria (La disposizione ri-
produce quanto era stabilito dall’art. 39 bis del
D.P.R. n. 636/1972). Secondo parte della dottri-
na la prima norma (art. 8 del D.Lgs. n. 546/1992)
non è stata sostituita dal successivo art. 6,
comma 2, del D.Lgs. n. 472/1997 in quanto l’art.
8 è norma processuale e la sua operatività si
giustificherebbe alla luce del fatto che il giudice
può autonomamente disapplicare la sanzione a
prescindere dall’esistenza di una specifica do-
manda di parte sul punto.
I giudici vicentini hanno correttamente indivi-
duato l’ambito normativo dal quale attingere ele-
menti per la loro decisione. Infatti la tutela del-
l’affidamento e della buona fede del cittadino nei
confronti della Pubblica Amministrazione deter-
mina la non punibilità del soggetto che commet-
te (senza dolo o colpa) un errore nell’applicazio-
ne di una norma di portata e ambito applicativo
obiettivamente incerti. In merito a questo punto
la C.M. 10 luglio 1998, n. 180/E precisa che costi-
tuisce motivo esimente la «presenza di leggi di
recente emanazione rispetto alle quali non si sia
formato un orientamento interpretativo definito,
ovvero coesistano orientamenti contraddittori»,
nonché l’assenza della prassi ministeriale e la
presenza di contrasti giurisprudenziali. La legge,
al contrario, non ammette effetti esimenti in rela-
zione a errori dovuti ad una errata interpretazio-
ne soggettiva della norma.
Nel caso in commento il ricorrente aveva invoca-
to l’operare delle disposizioni contenute nella L.
423/95. La norma prevede che:
«La riscossione
delle soprattasse e delle pene pecuniarie previ-
ste dalle leggi d’imposta in caso di omesso, ri-
tardato o insufficiente versamento è sospesa nei
confronti del contribuente e del sostituto d’im-
posta qualora la violazione consegua alla con-
dotta illecita, penalmente rilevante, di dottori
commercialisti, ragionieri, consulenti del lavo-
ro, avvocati, notai e altri professionisti, iscritti
nei rispettivi albi, in dipendenza del loro man-
dato professionale».
Lo scopo della disposizio-
ne di legge è quello di evitare che omessi versa-
menti di imposte riferibili al contribuente, ma di
fatto dolosamente realizzati dal professionista
infedele, possano derminare la punizione del sog-
getto incolpevole. Una volta accertata
definitivamente la responsabilità penale del pro-
fessionista, la sanzione (fino ad allora sospesa)
verrà sgravata in capo al contribuente e posta in
riscossione a carico dell’effettivo colpevole. Si con-
sideri però che la giurisprudenza di Corte di
Cassazione ha stabilito che la norma non impedisce
che il contribuente, leso dalla condotta del profes-
sionista, possa invocare la non punibilità dimostran-
do che il pagamento del tributo non fu eseguito per
fatto addebitabile esclusivamente a quest’ultimo
denunciato all’Autorità giudiziaria, indipendente-
mente dalla ricorrenza dell’accertamento della re-
sponsabilità penale con sentenza passata in giudi-
cato (Cass. Sez. trib., 20 dicembre 2007, n. 26850).