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NUMERO 202 - LUGLIO / AGOSTO 2011
IL COMMERCIALISTA VENETO
Gestione aziendale: il ROI in pratica,
il sentiero del miglioramento
CONTROLLO DI GESTIONE
GIANNI MILANELLO
Ordine di Vicenza
S
aluto tutti e ringrazio chi avrà voglia e
pazienza di leggermi, scusandomi da su-
bito per l’inadeguatezza con cui per spa-
zio e tempo vado a scrivere queste due
righe. Le vorrei comunque scrivere sia perché
questo ambito vede sparute o inesistenti pre-
senze della nostra categoria e sia perché ritengo
utile dare un contributo derivante da vita vissuta
sul campo in oltre quasi vent’anni di lavoro de-
dicato alla gestione in azienda, vicino ad impren-
ditori, consulenti, impiegati ed operai a cui va
tutto il mio ringraziamento per ciò che ho impara-
to da loro. E anche per dire la mia e saggiare il
sentire di qualche collega. Sarei grato anche a
chi volesse significarmi le sue critiche od osser-
vazioni: le terrò volentieri in considerazione, sia
come incoraggiamento sia come “caveat-avver-
timento-minaccia” per eventuali nuove uscite
(giannimilanello@studiocomes.eu).
Questo mia prima riflessione vuole agganciare il
tema della redditività aziendale. Molto spesso
noi commercialisti siamo attirati e ci impegnamo
sullo stato patrimoniale, ma il patrimonio è retto
dal conto economico, che spesso lasciamo ad
altri. Infatti lo stato patrimoniale ci consente di
lavorare molto più dal nostro studio; per lavora-
re sul conto economico invece bisogna spende-
re molto tempo in stabilimento e negli uffici dei
nostri clienti. La redditività dunque e le sue de-
terminanti, la redditività caratteristica, operativa
e il suo legame con i capitali investiti.
È
noto il
ROI (RO/CI)
come indicatore di
redditività del capitale investito. Ritor-
no degli investimenti, reddito, da
“redire= ritornare” da cui reduce, colui
che ritorna dalla guerra. Ritorno, in quanto il
reddito operativo viene pesato sul capitale inve-
stito: un numeratore economico e un denomina-
tore finanziario-patrimoniale. Ritorno parziale
perché molto di ciò che torna nelle vendite viene
lasciato sul campo a tributo per soggetti che in-
tervengono nella realizzazione del fatturato.
Viene utilizzato spesso il RO pesato su CI per
valutare la performance dell’amministratore. In
molti casi, tuttavia, si preferisce il MOL al
numeratore, in quanto scevro da elementi discre-
zionali (
MOL=EBITDA=RO–Amm.ti –Sval.ni
)
e quindi più rappresentativo dell’oggettività del
risultato.
Occorre tuttavia interrogarsi seriamente su che
cosa componga il capitale investito; scelte del
gestore (amministratore), scelte della proprietà
(soci/titolare/famiglia): è veramente tutto desti-
nato alla gestione caratteristica? Gli immobili in
proprietà potrebbero essere in parte locati; gli
automezzi, sono un argomento da discutere, ti-
toli e partecipazioni non sono sempre inerenti
l’attività caratteristica, etc. Correttamente a red-
dito operativo andrebbe contrapposto capitale
investito operativo.
E’ altresì nota la relazione
ROI =ROS x ROT
da
cui
RO/CI = RO/V x V/CI
. La redditività delle
vendite e il tasso di rotazione del capitale inve-
stito. In pratica le componenti costi fissi e costi
variabili verso il fatturato, da un lato (
V= CV +
CF+ RO
) e la capacità di contenere gli investi-
menti (
CI
) dall’altro.
Entrano qui in gioco le determinanti dei costi
variabili e fissi, cioè le attività lungo i processi. I
costi lungo la catena del valore fluiscono più o
meno spediti. I motivi per cui la fluidità non sia
ottimale sono le attività che non danno valore
aggiunto all’output di processo. Rendere fluidi i
costi significa non creare sprechi, per singolo
processo o nelle interdipendenze dei processi,
tra loro reciprocamente. E i processi devono es-
sere impiegati per fare le cose che servono, non
le cose inutili (riunioni inutili, rilavorazioni per
errori non corretti dell’ufficio tecnico, non manu-
tenzioni degli impianti e delle attrezzature, ma-
gazzino fermo che non serve, attese non produt-
tive, spostamenti inutili, etc.). La rimozione degli
sprechi avrà come conseguenza l’utilizzo delle
risorse disponibili (CI) in quantità ottimale, e,
quindi, a parità di risultato, l’impiego-utilizzo di
una quantità inferiore di risorse.
Le risorse liberate sono capitale disponibile, o
per ridurre l’indebitamento, o per destinarlo alla
ricerca, all’innovazione, al sociale, alla
sostenibilità. Si otterrà così anche il migliora-
mento del secondo fattore determinante il ROI,
cioè il ROT. Quando queste risorse sono uomini,
affinchè siano reimpiegabili occorre attivarsi sul-
la formazione preventiva.
Ecco quindi che il miglioramento della redditività
del capitale investito viene ottenuto agendo, a
parità di V, sia sul numeratore che sul denomina-
tore.
Quali sono le leve
per ottenere una riduzione
delle attività, dei processi, una semplificazione in
sostanza nell’operare quotidiano? Le leve sono
il coinvolgimento, la formazione e la passione
per i propri collaboratori che passano attraverso
una visione trasmessa e diffusa e una
condivisione di valori non dichiarata ma testimo-
niata con l’esempio. Un forte
committment
sul
miglioramento, quindi, non solo enunciato, ma
soprattutto praticato. Perché i collaboratori se-
guono in modo produttivo gli esempi e non le
parole e tantomeno le “cariche”.
Saranno i collaboratori infatti che realizzeranno
il miglioramento dei costi, saranno loro che tro-
veranno la strada per il miglioramento, se verran-
no formati e avviati al percorso da intraprendere.
Le loro idee e scoperte vanno guidate e indotte,
in modo tale che credano veramente di essere
stati loro gli autori, perché di fatto poi lo sono.
“bisogna insegnare le cose alle persone come se
le avessero solo dimenticate”. Il miglioramento
diffusomigliorerà il ROI.
Questo è il controllo di gestione praticato: supe-
rare ogni giorno gli standard, perché gli standard
non bastano mai, non bastano più. Serve provar-
ne sempre di nuovi, ogni giorno. Ogni giorno da
qualche parte nel mondo c’è qualcuno che cam-
bia gli standard; e i suoi improvvisamente di-
ventano i miei, anche se non sono stati recepiti
dalla revisione del budget. Sarà destinato a so-
pravvivere chi non seguirà gli standard, chi sarà
capace di inventare qualcosa di nuovo, ogni gior-
no, a partire da come svolgere il proprio lavoro.
In tempi di cambiamento, chi continua ad
imparare erediterà la terra, chi ha smesso
di farlo sarà preparato per agire in unmondo
che non esiste più
EricHOFFER
Quindi , controllo di gestione
o gestione del con-
trollo? ….Come fare? ……ma questa è un’altra
storia che, se sarà interessante, proverò a rac-
contare dal mio punto di vista, prendendo spun-
to da esperienze vissute.
Il ruolo del commercialista in tutto questo?
Innanzitutto la consapevolezza che tutto ciò che
noi dal nostro studio vediamo è solo una delle
punte dell’iceberg-azienda: la consapevolezza
passa attraverso la form-azione e la medit-azio-
ne. Successivamente, per chi si sente, speriment-
azione. Spesso pensiamo di conoscere, ma quan-
do davvero vediamo si aprono mondi mai imma-
ginati, e questo mi è capitato molte volte.
Chiudo con una considerazione: Il terreno della
gestione è paurosamente vuoto della nostra “ca-
tegoria”. E il vuoto professionale apre il campo
in molti casi a soggetti improvvisati, da un lato, e
dall’altro lascia spazio a operatori capaci che si
organizzano in “categorie” concorrenziali sotto
il profilo delle materie aziendali. Credo che biso-
gnerà fare i conti con tutto questo, e che sia inte-
resse notevole anche per la nostra “categoria”
occupare qualche spazio in questo ambito.