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NUMERO 201 - MAGGIO / GIUGNO 2011
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Un cambio di prospettiva nella «lotta all'evasione»
NORME E TRIBUTI
ANDREA BARBERA
Ordine di Padova
IL COMMERCIALISTA VENETO
L
a «lotta all’evasione fiscale» è diventata
una priorità così impor-
tante per lo Stato italiano al punto che se ne discute animata-
mente in ogni ambito.
I titoli dei quotidiani di queste ultime settimane hanno riportato
proclamazioni, esternate con variabile entusiasmo e incerta con-
vinzione, di politici, imprenditori, banchieri, sindacalisti, giornalisti e addi-
rittura dei vescovi italiani, sulla necessità di intensificare la «lotta all’eva-
sione fiscale».
Sembra che le risorse sottratte alle casse dello Stato dall’evasione fiscale -
e quindi dalle tasche degli onesti contribuenti - compensino, se non supe-
rino, il fabbisogno di incerte manovre finanziarie.
La necessità di recupero di gettito fiscale risulta, oggi più che mai, così
impellente da spingere il legislatore a proporre in modo incerto ed altalenante
l’introduzione di nuove imposte (come il contributo di solidarietà, eventua-
li tasse patrimoniali o ulteriori imposizione sulle rendite finanziarie) e realiz-
zare i tanto auspicati tagli al costo dell’Amministrazione pubblica.
Storicamente, ogni volta che è stato necessario recuperare risorse finanzia-
rie il legislatore italiano ha sempre fatto ricorso a nuove imposizioni, tal-
mente consolidatesi nel tempo da rimanere in vigore anche quando la ne-
cessità per cui erano state istituite era venuta meno. Giova ricordare l’ado-
zione delle accise «storiche» quali la guerra di Abissinia del 1935, la crisi di
Suez del 1956, il disastro del Vajont del 1963, l’alluvione di Firenze del 1966,
il terremoto del Belice del 1968, il terremoto del Friuli del 1976, il terremoto
dell’Irpinia del 1980, la missione in Libano del 1983, la missione in Bosnia
del 1996, il contributo in favore del rinnovo contrattuale degli
autoferrotranviari del 2004 e quello per l’acquisto di autobus ecologici del
2005 che ancora gravano sul prezzo dei carburanti.
Bisogna riconoscere che le misure «anti evasione» adottate dall’Esecutivo
negli ultimi anni (basate sull’accentuazione dei controlli e sull’introduzio-
ne di sempre più onerosi e pervasivi obblighi dichiarativi) hanno dato e
stanno dando discreti risultati, portando in contropartita la contrazione dei
diritti di libertà del cittadino.
Il contribuente si trova ora costretto a districarsi tra studi di settore (sem-
pre più efficaci), redditometro (strumento ancora sconosciuto ai più e tut-
tavia ancora da perfezionare), «spesometro» (che deve ancora entrare ef-
fettivamente in funzione ma che farà in molti casi convergere l’interesse del
contribuente a non venir segnalato e quello del venditore a non dichiarare
l’incasso).
Tutti questi sofisticati strumenti dichiarativi e statistici alimentano banche
dati (ad esempio DataBaseGeomarket) che incrociano dati reddituali e
patrimoniali, economici, sociali, finanziari e demografici, rendendo presso-
ché certo al centesimo di euro il livello di evasione fiscale per categoria di
contribuente e area geografica, tanto che il Ministero delle Finanze ha potuto
affermare, nel marzo dell’anno 2011, che il contribuente italiano, in media,
evade 38 euro e 41 centesimi per ogni 100 euro di imposte versate al Fisco.
Ogni cittadino italiano ha un corposo fascicolo di dati - di Orwelliana me-
moria - in possesso dell’Amministrazione Finanziaria, da cui emergono
evidenze segnaletiche di variabile congruità, coerenza e normalità econo-
mica. Se questi dati fossero utilizzati appropriatamente porterebbero
all’emersione dell’evasione e dell’evasore. Tuttavia, risulta pressoché im-
possibile, con le risorse finanziarie ed umane disponibili all’Amministrazio-
ne Finanziaria, non solo analizzare la mole impressionante di dati, ma anche
indirizzare una lotta all’evasione completa, che punisca tutti gli evasori e
non solo una piccola parte oggetto di controllo periodico.
Nonostante tutti i pregevoli sforzi del nostro legislatore, ad oggi la «lotta
all’evasione» è per lo più un pretesto per sterili e noiosissime discussioni
che trovano massima convergenza e logico compimento nell’accentuazione
dei controlli e nell’incremento degli obblighi dichiarativi.
Personalmente ritengo che l’evasione fiscale debba essere combattuta su
più fronti, incrementando maggiori e più pervasivi controlli mirati delle
attività economiche a rischio (società di comodo, frodi carosello e società
cartiere), proponendo campagne di educazione civica di sensibilizzazione,
ma soprattutto, attraverso l’introduzione di una forma flessibile di «con-
correnza fiscale» tra diverse tipologie di contribuenti.
Il termine «concorrenza fiscale» scardina ontologicamente la convergenza
di interessi di due parti in uno scambio economico: chi vende avrà tutto
l’interesse a non dichiarare all’erario il proprio incasso - così da massimizzare
La «concorrenza fiscale»
la propria utilità – e chi compra avrà un interesse, complementare al primo,
nel vedersi praticato un corrispettivo inferiore. In altri termini, il consuma-
tore finale, che non ha possibilità di dedurre un costo di utilità personale o
della proprio famiglia, non avrà alcun beneficio immediato e diretto nel
richiedere la ricevuta fiscale, lo scontrino o la fattura, inoltre, il venditore/
prestatore del servizio avrà gioco facile nell’applicare un piccolo sconto al
fine di non emettere il documento fiscale.
Se all’evidenza della precedente asserzione si aggiunge la diffusa inclina-
zione nel tentare di «essere più furbo degli altri» si può immaginare come la
pratica risulti diffusa a tal punto che praticamente il 28% degli scambi
economici non venga dichiarato.
C
on il presente scritto si tenta
di offrire, senza alcuna pretesa di
esaustività e di completezza, un modesto contributo, al fine di
poter affrontare il tema della lotta all’evasione sotto una nuo-
va e diversa prospettiva, ponendo l’accento, non più sui do-
vuti controlli dell’Amministrazione Finanziaria, ma sull’inte-
resse del consumatore finale nel richiedere sempre l’emissione del docu-
mento fiscale. Introducendo, in pratica, quel criterio di «concorrenza fisca-
le» tra tipologie di contribuenti di cui si è accennato sopra.
Per poter stimolare questo tipo di comportamento il consumatore finale
dovrebbe avere un vantaggio maggiore nel richiedere prova dell’avvenuta
transazione, rispetto all’eventuale sconto applicato in caso di incasso «in
nero» da parte del venditore. Al fine di incentivare idealmente la «concor-
renza fiscale», lo Stato italiano dovrebbe garantire al consumatore finale
un maggiore vantaggio, rispetto a quello offerto dal venditore in caso di
incasso senza emissione del documento fiscale.
In altri termini, garantendo la compensazione delle entrate per imposte
dirette – su maggiori ricavi emersi – e le minori entrate per imposte dirette
derivanti dalle maggiori deduzioni offerte ai consumatori finali, la Stato
potrà godere comunque di una maggior entrata derivante almeno dalle
imposte indirette evase nella transazione non documentata.
Ovviamente non sarà possibile per lo Stato offrire la completa deducibilità
di costo sostenuto dal consumatore finale per utilità personali perché, così
facendo, comprometterebbe anche l’entrata derivante da quella parte di
contribuenti che invece dichiarano l’incasso, infatti, timori di un minor
gettito hanno sempre frenato lo studio e l’applicazione di simili proposte
su base estesa. In altri termini, la maggior IRPEF, addizionali, IRAP e IRES
recuperata potrebbe essere compensata con la minor IRPEF derivante dalle
deduzioni offerte al consumatore finale, pur mantenendo un saldo attivo
per quanto riguarda l’IVA.
Per poter ottenere questo obiettivo non è possibile predisporre una formu-
la matematica con percentuali di deduzione fisse, ma bisognerebbe tener
conto delle differenti variabili che intervengono nel calcolo: la percentuale
di evasione di un particolare settore, l’aliquota IVA applicata ed infine il
reddito medio dichiarato dal consumatore finale.
Avendo a disposizione queste variabili risulta semplice definire
algebricamente il punto di pareggio, rappresentato dalla percentuale di
deduzione conveniente in termini di gettito per lo Stato italiano. Le simu-
lazioni effettuate appaiono incoraggianti in tal senso.
Inoltre, offendo la possibilità di dedurre anche le spese sostenute dai pro-
pri familiari, si introdurrebbe un reale coefficiente familiare nella determina-
zione del reddito ed un ulteriore elemento di persuasione morale nel richie-
dere la documentazione fiscale al venditore.
Esiste già nel nostro ordinamento una norma che si basa su questo sempli-
cissimo concetto e riguarda la possibilità di detrarre dalle imposte persona-
li le spese sostenute per il risparmio energetico e per le ristrutturazioni
edilizie. Il manifesto principio ispiratore della disposizione tributaria, di
incentivare i consumi, celava tuttavia il conclamato allarme del legislatore
per la perdita di gettito nelle ristrutturazioni, sino allora dichiarate da po-
chissimi.
Spero con questa breve trattazione di aver offerto un diverso spunto di
riflessione in merito alla lotta all’evasione, puntando l’attenzione ad aspet-
ti pratici, piuttosto che ad ideali enunciazioni di valori e di astratti proclami
irrealizzabili.
Mi accorgo tuttavia che questo tipo di prospettiva è di difficile assimilazio-
ne ed ancor più difficile applicazione, per i citati timori di eventuali perdite
di gettito e perché comporterebbe una presa di coscienza da parte dell’Am-
ministrazione Finanziaria sulla impossibilità di recuperare completamente
parte dell’evasione.