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NUMERO 200 - MARZO / APRILE 2011
IL COMMERCIALISTA VENETO
I DIRETTORI
Creatività, flessibilità,
e soprattutto rigore morale
CARLO MOLARO
Ordine di Udine
qualità dei servizi offerti. E la qualità deve essere la direzione di
oggi. Altri tipi di rivendicazioni trovano sempre ostacoli. La qualità
è l’arma vincente.
Bene ha fatto la nostra Associazione a dare avvio alle “Giornate
di Studio” 2011-2012 con il tema che verrà discusso a Vicenza:
Innovazione strategica: nuovi paradigmi di crescita per
aziende e professionisti. Orientarsi per uscire dalla crisi
”. In
particolare quest’ultima parte del titolo “orientarsi per uscire dalla
crisi” mi ricorda il famoso detto di Voltaire: “
Chi parte sa da che
cosa fugge ma non sa che cosa cerca
”. Noi dottori commer-
cialisti dobbiamo cercare sempre la qualità, l’eccellenza nelle
nostre prestazioni e non sbaglieremo mai. Sì, perché nonostante i
grandi cambiamenti in positivo che sono intervenuti dal 1999 ad
oggi: la formazione continua, l’albo unico, il momento storico che
stiamo vivendo ci propone problematiche nuove che mai si erano
presentate prima. Rispetto a ieri, le cose si sono ulteriormente
complicate per effetto della crisi delle imprese, in particolare sul
piano della loro liquidità. Mancano i soldi. Nel nostro paese,
inoltre, persistono le irregolarità in tutti gli ambiti economici:
evasione fiscale, lavoro nero, dilazione nei pagamenti, incertezza
normativa sono tutti elementi che mortificano, non solo la leale
concorrenza tra le imprese, ma anche l’opera del consulente
aziendale che, magari, è stato ligio ad osservare la formazione e a
curare l’aggiornamento professionale. Viviamo in un paese in cui,
ancor oggi, ai massimi livelli, si sostituiscono, confondendone il
significato, termini come <deficit> con <debiti> o viceversa.
Rispetto ad un’azienda in crisi, e oggi non ne mancano gli esempi,
si confonde l’ammontare del debito complessivo con il deficit
patrimoniale. Purtroppo, l’importanza della cultura economica non
è avvertita. Non dobbiamo abbatterci e non dobbiamo
demordere. Il nostro criterio comportamentale di base deve
essere sempre costituito dalla qualità delle nostre prestazioni.
Dobbiamo avere la consapevolezza che la convivenza civile e
democratica di un paese moderno non può che reggersi su rappor-
ti economici chiari. Per questo abbiamo un ruolo importante da
svolgere. Prima o poi anche la politica dovrà apprezzarlo.
I
L DIRETTORE DEL GIORNALE
, Massimo Da Re,
mi ha cortesemente richiesto di formulare alcune riflessioni
sul futuro della nostra professione, in occasione del
duecentesimo numero della Rivista che, in passato, ho avuto
l’onore di dirigere. Preliminarmente mi corre l’obbligo di salutare
Dino Sesani, che ebbe l’intuizione di fondare
Il Commercialista
Veneto
, nonché tutti i Direttori che ne hanno avuto la responsabili-
tà e Massimo, che ad esso si dedica con passione oramai da
qualche anno.
So che l’impostazione di questo numero prevede l’identificazio-
ne di aree specifiche di analisi considerate strategiche, al fine
di inquadrare il possibile percorso che i commercialisti devono
perseguire per intuire le dinamiche di sviluppo della professione
e che l’approfondimento di tali aree è stato assegnato a cia-
scun redattore (con l’occasione saluto anche tutti i componenti
del Comitato e Maria Ludovica!): non ho dubbio alcuno che
l’evoluzione tendenziale nei vari contesti verrà più che adegua-
tamente analizzata e non mi sovrappongo quindi con ulteriori
considerazioni. Mi limito invece ad alcune annotazioni di carat-
tere più generale, dettate dall’esperienza maturata in questi anni e
dall’amore che ho sempre avuto per questo lavoro.
Sono stato recentemente in vacanza negli Stati Uniti e, pur non
essendo particolarmente entusiasta del loro modello di sviluppo, ho
riscontrato a New York una grande vivacità, una straordinaria
dinamicità e, soprattutto, una rimarchevole apertura delle persone.
E’ fuorviante (e forse impossibile) fare un parallelo con Milano,
ma trovo al contrario questa città sempre più chiusa e
autoreferenziale. Questo mi induce alla prima riflessione: credo
che sia molto importante, ancor più di quanto lo sia stato nel
passato, che i giovani che si affacciano alla professione (ma un
tanto vale anche per tutti noi che desideriamo continuare a farla
con soddisfazione) siano aperti, disponibili a mettersi e rimettersi
in gioco, anche più volte nel corso della loro carriera, capaci di
cercare e accettare riconversioni di ruoli. In buona sostanza, se
vent’anni fa il modello della specializzazione mi appariva come
quello che meglio consentiva di sfruttare le opportunità del merca-
to, ora e per il futuro, sapere “sempre di più su sempre di meno”
non ritengo più possa essere la sola strategia vincente, data la
crescente mutevolezza del contesto economico, sociale e
normativo in cui operiamo; credo che alla competenza debbano
essere affiancate la flessibilità culturale e la dinamicità del pensie-
ro e dell’approccio professionale. Inoltre, ed è questa la seconda
riflessione, l’apertura alle riconversioni totali o parziali in ambito
professionale può meglio consentire da un lato di cogliere le
opportunità che si creano nel tempo (e che sono solo in parte
ipotizzabili a priori) e dall’altro alimentare quella passione che
rappresenta l’elemento a mio avviso indispensabile (
rectius
: la
conditio sine qua non
) per svolgere la professione con soddisfa-
zione. Un esempio può valere per meglio spiegare ciò che intendo:
fino a tre anni fa l’M&A era uno degli ambiti più interessanti e
forieri di soddisfazione per noi commercialisti, per la straordinaria
varietà delle problematiche che devono essere affrontate in
un’operazione di acquisizione o dismissione di azienda o di parteci-
pazioni: negoziali, contrattuali, civili, fiscali, finanziarie, ambientali,
contabili, etc. Orbene, intuire con immediatezza che la crisi
finanziaria intervenuta con tanta violenza sui mercati avrebbe reso
non più facilmente praticabili (almeno per un lungo periodo) tali
operazioni, riconvertendo la propria professionalità in ambiti anche
molto diversi, quali ad esempio la ristrutturazione del debito, ha
rappresentato senza dubbio un elemento di forza.
E’ poi sempre più importante conoscere l’inglese e farlo studiare
ai nostri ragazzi, possibilmente frequentando scuole all’estero:
oramai anche i piccoli studi di provincia (quale può essere il mio)
si confrontano quasi quotidianamente con contratti, atti e
negoziazioni in lingua: padroneggiarla consentirà di fronteggiare i
mutati e dinamici contesti con molta più serenità.
Molto spesso mi accade di sentire colleghi lamentarsi della nostra
professione e dire che sarebbero contenti se i loro figli scegliesse-
ro altro. Per me non è così: credo che il commercialista possa
fare un lavoro molto bello, estremamente vario, ritagliandosi ambiti
di competenza di suo interesse, potendoli altresì modificare nel
tempo: non tutti i lavori o le professioni lo permettono, ancorché
sia perfettamente consapevole delle difficoltà in cui versiamo, che
rendono più difficile trovare soddisfazione – in particolare econo-
mica – rispetto al passato. E non è vero che occuparsi di servizi
rispetto alle operazioni straordinarie faccia necessariamente venir
meno tale considerazione: dipende molto da come si organizza lo
studio e, ancora una volta, dalla passione che ci si mette.
La flessibilità e la possibile riconversione di ruolo a cui ho
accennato presuppongono però, ed è questa la terza e ultima
considerazione, che la professione sia svolta con grande atten-
zione ai profili deontologici e con un assoluto rigore morale.
Insieme alla preparazione sono i requisiti che consentiranno
SEMPRE di mantenere elevata la credibilità e lo standing, in
qualunque contesto e ambito si operi.
Concludo quindi riassumendo con poche parole quanto ho cercato di
trasmettervi: è con la creatività, la flessibilità, la padronanza dell’in-
glese, la professionalità, il rigore morale e la passione che potremo
andare dove vogliamo, certi di poter fronteggiare qualunque crisi e
capaci di costruirci nel tempo un (sicuramente mutevole) grande
futuro. Vi saluto tutti, augurandovi lemigliori soddisfazioni.
segue Capuzzo
DA PAGINA 5