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NUMERO 200 - MARZO / APRILE 2011
IL COMMERCIALISTA VENETO
Mettere la competenza al servizio di valori etici
LORENZAARZENTON*
Vicenza
IL COMMERCIALISTA E LA POLITICA
Quando la preparazione professionale può fare la differenza
C
i si interroga su quale sia il ruolo del commercialista nei
confronti della Politica: dal nostro punto di vista è fondamen-
talmente un ruolo sociale, il professionista funge infatti da
trait-d’union
tra il sistema aziende e cittadini e il contesto pubblico a
cui contribuisce per la realizzazione degli obiettivi fiscali della Politi-
ca. In un concetto evoluto di sussidiarietà circolare il rapporto tra
società civile organizzata, business community ed ente pubblico deve
essere bidirezionale (io ti dico, tu mi ascolti e mi rispondi entro un
tempo “umano”) e trasparente. Ecco, la professionalità del commer-
cialista, dovrebbe essere il motore di questa trasparenza, correttezza,
che ispira il rapporto tra le parti. Pura illusione? No, senso etico della
professione.
Secondo la normativa che definisce e inquadra l’ambito operativo pro-
fessionale, a partire dal 1973 il commercialista è ”strumento tecnico”
per la realizzazione degli obiettivi fiscali della Politica ed ha un compi-
to di fondamentale importanza nella costruzione di un sistema di finan-
za pubblica, inquanto contribuisce attivamente a realizzare i volumi di
prelievo fiscale, con l’attuazione dei moderni sistemi informatizzati.
Maquesto ruolo, sicuramente importante, non è più sufficiente; il Com-
mercialista deve diventare un “agente di sviluppo” economico e sociale
del Paese, per contribuire, con le altre parti sociali, alle scelte della
Politica.
La dimensione etica della professione deve spingere il professionista
ad impegnarsi fattivamente per cambiare le regole del gioco, non per
trovare soluzioni “alternative”, se può essere concesso l’eufemismo.
Se nella politica (qui con la p minuscola) la visione della
polis
viene
MARIAPAOLA LA CARIA*
Padova
calpestata per tutelare gli interessi della casta, i professionisti che
agiscono in nome e per conto delle parti sociali (imprese, organizza-
zioni, associazioni, privati cittadini) devono avere consapevolezza del
loro ruolo di “motore del cambiamento”.
Il rapporto dei commercialisti con la Politica deve essere chiaro e fran-
co, come ricorda spesso il Presidente dell’Ordine nazionale, pungolo e
stimolo a costruire un sistema sostenibile nelle linee di sviluppo com-
prese tra federalismo e legge di stabilità, nel caso della PubblicaAm-
ministrazione.
L’ItaliaUnita dei professionisti non deve temere o rifuggire la Politica:
deve impegnarsi in un confronto diretto e costruttivo per gettare le basi
di un nuovo sistema di relazione; i politici hanno l’obbligo di ascoltare
e accogliere le istanze dei professionisti impegnati a definire modelli
di fiscalità attuabili.
Inquesta nuova visione del ruolo del commercialista èmolto importan-
te che la dimensione professionale, pur in contesti di forte competizio-
ne economica e sociale, sia ancorata a dei valori etici: non si tratta un
nuovomodo di presentarsi, di uno stile eco-sostenibile della professio-
ne quanto piuttosto di costruire una solida reputazione basata su fidu-
cia, competenza, capacità di visione. Eda comunicatori, aggiungiamo,
capacità di mettersi in relazione e di comunicare con tutti i portatori di
interesse.
* Socie professioniste accreditate Ferpi - Federazione Relazioni Pubbliche
Italiana
P
er comprendere come questo tema possa essere d’attualità basti
pensare che il Parlamento italiano è composto da 157 tra professio-
nisti operanti nel campo economico e legale (per la verità il numero
degli avvocati è sensibilmente più alto rispetto a quello dei dottori com-
mercialisti con 134 onorevoli a 23). Pertanto, oltre il 20% dei Parlamentari
sono Onorevoli Colleghi; è chiaro che alla scelta dei nostri rappresentanti
all’interno delle istituzioni non si applica un criterio di rappresentatività
demografica e sociale perché, se così fosse, saremmo non più solo un
popolo di poeti, santi e navigatori…ma pure di avvocati e dottori commer-
cialisti! Credo che al di là dei numeri sia necessario chiedersi se, dopo
mezzo secolo, in Italia sia stata appresa la lezione offerta da Pietro
Calamandrei secondo cui “
il fine di un governo democratico è quello di
scegliere i propri governanti tra i soggetti più degni
” ovvero i più capaci
intellettualmente e moralmente ad assumere le funzioni di governo. Ma
anche una valutazione di questo tipo, di volta in volta, viene inficiata dalle
inchieste e dagli scandali del momento oltre che dalle idee (anche perché
credo che le ideologie non esistano veramente più) dei singoli.
Ma se è ben chiaro chi è e cosa fa il professionista credo che più difficile
sia chiarire chi è e cosa fa il politico. MaxWeber nel suo “
Politik als Beruf
giocava sulla doppia accezione del termine
Beruf
parlando di Politica
come professione/vocazione e forniva tre qualità per definire il politico:
passione, senso di responsabilità e lungimiranza. Partendo da questo as-
sunto mi permetto, umilmente, di aggiungere un’ulteriore distinzione ov-
vero tra politici di “prima classe” con incarichi di governo che rappresen-
tano in Parlamento il popolo (o i poteri) e politici, per così, dire di seconda
(se non terza!) fascia. Inutile dire che in questa seconda categoria metto
tutti gli amministratori locali di comuni di modeste dimensioni come il mio.
E proprio in queste piccole realtà che, a mio avviso, la formazione profes-
MAURA VERONESE*
Avvocato
sionale di una persona può fare la differenza.
Al di là dell’occhio malevolo con cui vengono guardati i professionisti (per
non parlare degli imprenditori) prestati alla politica si tratta, sempre, di sog-
getti preferibili agli (ahimè) ancora molto diffusi politici di professione. È
ovvio che, per gli amministratori locali dei 5.040 comuni italiani con meno di
10.000 abitanti il fatto di avere uno o più colleghi di giunta con una prepa-
razione giuridica o fiscale non può che essere un
quid pluris
di notevole
vantaggio. Soprattutto in epoca di tagli ai trasferimenti statali, di leggi fi-
nanziarie che impongono riduzioni di spesa, di un patto di stabilità che
necessariamente - e per buon senso- dobbiamo cercare di rispettare, il fatto
di avere qualche conoscenza in più a cui poter attingere è un vantaggio non
trascurabile; specialmente se si tiene conto dei profili di responsabilità
civile e contabile a cui va incontro un politico che amministra la propria
comunità. E così, districandosi nella giungla dei rischi derivanti dai
collar
swap
, delle sirene ammagliatrici della finanza creativa, dell’agonia dei tagli
al bilancio ma, soprattutto, cercando di sfuggire all’occhio vigile di Corte
dei Conti, il professionista - politico cerca di fare del suo meglio portando
inevitabilmente la propria professione in quello che fa.
Alla luce di tutto ciò credo che al di là di chiederci l’estrazione professiona-
le di un politico ci si debba chiedere come viene affrontata al giorno d’oggi
la politica. Se chi ci rappresenta è realmente mosso da passione, senso di
responsabilità e lungimiranza; e anche se la politica molto spesso confligge
e si scontra con una virtù antichissima come la Morale credo che, come
sosteneva il grande drammaturgo franco-romeno Eugene Ionesco “
la po-
litica mi pare che sia anch’essa un divertimento, tavolta terribile, ma
comunque un divertimento”.
E come tale dovrebbe essere vissuta.
* Assessore alla cultura del comune di Porto Viro da 12 anni