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IL COMMERCIALISTA VENETO
NUMERO 200 - MARZO / APRILE 2011
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IL COMMERCIALISTA E IL SOCIALE
DA PAGINA 22
nomica e sociale.
L’economia e la società sono un laboratorio in continua evoluzione. E’
questo un laboratorio in cui si susseguono scandali finanziari, speculazio-
ni, crisi economiche e dove si assiste all’accrescimento del divario della
ricchezza accumulata, all’abuso dei ruoli di responsabilità
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, a disastri am-
bientali, locali e globali, o all’inesorabile arretramento dello Stato e degli
Enti locali dall’intervento in ambito sociale. Tutti questi avvenimenti
producono forti tensioni sociali, più o meno manifeste.
Il quadro è molto preoccupante ma, tuttavia, non completo. Esiste anche
una forza positiva e contraria, una risposta costruttiva allo stato di emer-
genza di quest’epoca. Questa forza è costituita da milioni di persone che
non accettano passivamente il degrado economico, sociale e ambientale,
che dimostrano di saper fare qualcosa di utile e importante, rinunciando ai
propri egoismi: ad esempio donando il proprio tempo, devolvendo parte
della propria ricchezza materiale oppure mettendo il proprio talento a di-
sposizione di aggregazioni spontanee, organizzazioni di assistenza, enti o
imprese sociali, spesso in modo anonimo. Seppur in estrema sintesi, questi
sono i contenuti del cosiddetto Terzo settore, che gode di certi spazi di
agevolazione fiscale ma che, tuttavia, non dispone di una codificazione
civilistica appropriata ed in linea con i tempi attuali.
Il Terzo settore è un ambito in cui il dottore commercialista può svolgere
una funzione molto importante: non dimentichiamo che l’oggetto della
nostra professione comprende anche l’attività delle aziende e degli enti
Terzo settore, no profit,
responsabilità sociale d'impresa
La comunicazione sulla sostenibilità d'impresa:
luci e ombre di un cammino appena iniziato
UBERTONORO
Ordine di Vicenza
non profit, nonché il tema della responsabilità sociale d’impresa.
Nell’ambito della consulenza agli enti e alle organizzazioni non profit, il
dottore commercialista può portare un effettivo contributo laddove spesso
mancano le professionalità, può trasmettere la cultura della trasparenza, può
costituire un fondamentale punto di riferimento per la gestione amministrati-
va e sociale.Ancora, nell’ambito della vigilanza il dottore commercialista può
ricoprire un importante ruolo di garanzia verso i terzi come, ad esempio, la
tutela della buona fede dei donatori nell’impiego delle raccolte fondi o del-
l’interesse collettivo nello svolgimento di servizi di assistenza sociale.
In ogni caso, anche l’attività ordinaria svolta da ogni dottore commerciali-
sta comporta un impatto sociale molto rilevante. Pensiamo alla funzione di
curatore, alla responsabilità nel controllo legale dei conti, alla mediazione o
al rapporto fisco-contribuente.
Anche nella nostra categoria ci sono stati alcuni professionisti che hanno
assunto comportamenti scorretti o che hanno abusato di ruoli e posizioni
di responsabilità. Come spesso accade in questi casi, l’impatto sociale
negativo causato dal comportamento di pochi ha avuto un’eco mediatica
sproporzionata rispetto all’impatto positivo reso dai moltissimi colleghi
che fanno seriamente e correttamente il proprio lavoro. Questo dovrebbe
farci riflettere, perché fare bene il proprio lavoro spesso non fa notizia,
anche se certamente produce un notevole effetto sulla società.
L’impegno sociale del dottore commercialista può elevare la nostra catego-
ria a protagonista della società, ma per raggiungere questa meta sarà ne-
cessario percorrere un lungo cammino, che a me pare sia già iniziato.
Siamo d’accordo?
I
l dottore commercialista e l’esperto contabile che seguono, non
solo con la sensibilità che ormai è appannaggio del comune citta-
dino, ma con l’interesse del professionista, il tema dello sviluppo
sostenibile, non possono non rilevare come ormai questo argomento
cominci ad essere sempre più presente nella propria attività quotidia-
na. Sviluppo sostenibile è “lo sviluppo che soddisfa i bisogni del pre-
sente senza compromettere la possibilità per le generazioni future di
soddisfare le proprie necessita.”
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E responsabilità sociale d’impresa (o CSR: corporate social
responsibility) è “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni so-
ciali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e
nei loro rapporti con le parti interessate. Essere socialmente respon-
sabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici,
ma anche andare al di là, investendodi piùnel capitale umano, nell’am-
biente e nei rapporti con le altre parti interessate.”
2
Nell’ultimo decennio il numero di imprese che pubblicano un report di
sostenibilità è certamente cresciuto.
Si tratta di un report volontario, redatto normalmente sulla base di
linee guida internazionali (oggi sono sempre più utilizzate quelle del
GRI
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) che definisce la responsabilità complessiva dell’azienda artico-
lata su tre diversi livelli:
- quello della sostenibilità economica, che include la capacità
dell’azienda di creare ricchezza per sé e la comunità, ricchezza che
vienedistribuita sotto formadi stipendi, il rapporto conclienti, fornitori,
banche, erario, la creazione di nuovi posti di lavoro e di nuovi investi-
menti, la remunerazione degli azionisti, ecc..;
- quello della sostenibilità ambientale, che include la valutazione
degli impatti dei processi, dei prodotti e dei servizi sulle risorse natu-
rali, nell’ottica di salvaguardia del patrimonio ambientale;
- quello della sostenibilità sociale, che include la sicurezza e la
salute sul lavoro, le condizioni di lavoro, il rispetto dei diritti, la parte-
cipazione alla comunità.
Siamo comunque in presenza di un documento non obbligatorio, che
può avere una data di pubblicazione non coincidente con quella del
bilancio e perciò non necessariamente messo a disposizione dei soci
almeno quindici giorni prima di quello previsto per l’assemblea, non
sottoposto al processo di controllo che presiede al bilancio.
E’ per questo che assume un’importanzanotevole nel processodi evolu-
zione normativa su questo tema, il recepimento, anche nel nostro ordi-
namento, dellaDirettiva Europea 2003/51/CE, conosciuta come Diret-
tiva sulla Modernizzazione, che ha imposto all’interno dei conti an-
nuali delle società l’adozione di indicatori non finanziari, incluse le
informazioni relative all’ambiente e al personale.
Tale dettato è stato trasfuso, attraverso il decreto legislativo 32/2007,
nel secondo comma dell’art. 2428 c.c. che richiede un’analisi fedele,
equilibrata ed esauriente della situazione della società e dell’andamen-
to e del risultato della gestione, analisi attuata con l’utilizzo di indica-
5
Evidentemente, non basta ricoprire posizioni di responsabilità per essere responsabili
SEGUE A PAGINA 24
1
World Commission on Environment and Development, Our Common Future – Rapporto Bruntland, Oxford University Press, 1997
2
Commissione Europea, Libro Verde: “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese” COM 2001, 366 definitivo, 2001
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Global Reporting Initiative, iniziativa congiunta tra l’organizzazione governativa CERES (Coalition for Environmentally Responsible Economies– Coalizione per le
Economie Ambientalmente Responsabili) e il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente