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NUMERO 200 - MARZO / APRILE 2011
IL COMMERCIALISTA VENETO
IL COMMERCIALISTA E IL SISTEMA IMPRESE
Professione a rischio?
Le opinioni dei colleghi
Athos Santolin e Adriano Pietrobon
DA PAGINA 13
MPMI venete, dopo il crollo 2009 – 2010, sono ancora in gran difficoltà
(l’aumentomensile nel 1° trimestre 2011 del PIL italiano è dello 0,1%; il dato
veneto è migliore, ma non di molto). I dati Censis ed ISTAT sono
inequivocabili. Le variabili negative sensibili che incidono in questo trend
strutturale irreversibile sono:
a) il vizio di origine dell’imprenditoria veneta e triveneta, rappresentato da
governance
familiari, sottocapitalizzazione diffusa, imprese per lo più al
centro di una filiera (quindi solo unità produttive e con poca conoscenza
dei mercati nazionali o internazionali), e generale ignoranza delle regole di
finanza aziendale;
b) servizi alle imprese non ottimali da parte del mondo delle professioni,
altissima tassazione e burocrazia estenuante, accompagnata da accerta-
menti tributari massicci per recupero di risorse destinate al contenimento
del debito italiano ed al sostegno della spesa pubblica;
c) scarsissima conoscenza di attività di
risk management
(scambiata addi-
rittura per attività di
compliance
in molti casi) all’interno delle aziende,
necessaria per comprendere gli elementi negativi e penalizzanti e soprattut-
to quelli positivi dell’azienda, al fine di partire da quelli per tentare di rima-
nere nel mercato globalizzato con molti nuovi Paesi che fanno concorrenza
ai prodotti e servizi italiani.
Purtroppo la sensazione è che, continuando così le cose senza che il siste-
ma imprenditoriale e professionale capisca
quali siano le nuove regole di
un nuovo modello economico industriale e dei servizi correlati,
in
Triveneto la perdita di due terzi delle imprese sarà inevitabile e ci farà
piombare, ahinoi, in un mondo molto più povero dell’attuale, molto lenta-
mente e senza accorgersene. Tale situazione o trend di “lento affondamento
della barca” è già silenziosamente in atto.
Pietrobon
: Il sistema imprenditoriale del Nord Est, come ben tutti sappia-
mo, è stato caratterizzato da una forte crescita di imprese di piccole dimen-
sioni che sono riuscite ad intercettare il bisogno di flessibilità, accompa-
gnato da una buon livello di tecnologia e di competenza, che il mercato
nazionale, ma soprattutto internazionale, richiedeva negli anni scorsi.
Negli ultimi anni le imprese del Nord Est hanno dovuto convivere con la con-
correnza di altri Paesi che offrivano il medesimo “prodotto” a prezzi decisamen-
te più contenuti. Ciò ha comportato una rottura del sistema che la recente
crisi ha amplificato. Le imprese locali si sono infatti trovate a pagare gli effetti
della sottocapitalizzazione, della ridotta dimensione, della scarsa integrazione
verticale e della generale carenza di cultura economica, spesso figlia di proces-
si di passaggio generazionale non ben programmati e gestiti, che hanno reso
difficilissima una battaglia già di per sé complicata per effetto della perdita di
competitività del nostro Sistema-Paese. Per uscire da tale situazione ritengo
che le imprese del nostro territorio debbano abbandonare l’ “individualismo”
che le ha caratterizzate fino ad oggi, e cercare di creare un “sistema” di imprese
che possa competere nel lungo periodo nei mercati internazionali.
Obiettivo invero non facile da conseguire, stante la tradizionale ritrosia in
particolare degli imprenditori locali a percorsi aggregativi, e che in ogni
caso richiederà uno sforzo di diffusione di nuova cultura d’impresa sicura-
mente molto difficile da attuare, senza il quale il destino di gran parte delle
nostre piccole e medie imprese, in particolare, potrebbe essere segnato.
D. Ritenete che, nel futuromeno prossimo, le imprese del nostro territo-
rio possano continuare amantenere le loro posizioni sui mercati interna-
zionali, oppure prevedete una progressiva perdita di competitività ed un
ridimensionamento del sistema?
Santolin
: A mio parere, senza cambiamenti sulla
corporate governance
aziendale il destino sarà segnato. Il Nord Est manterrà il ruolo di locomotiva
italiana,
ma che va a carbone!
Proprio come l’Italia, gravata dall’alta spesa
pubblica e con poco spessore nelle vicende e nelle relazioni economiche
internazionali, mentre nel mondo, anche in quello “
nuovo
” (Brasile, Messico,
Venezuela, India, Cina, e così via) le locomotive già vanno a energia solare! È
una battuta, ma purtroppo fotografa molto bene la realtà. Quella di un model-
lo economico Triveneto ormai con molte connessioni logore e da cambiare.
Pietrobon
: Ritengo che il Nord Est possa continuare ad avere un ruolo
importante nell’economia nazionale anche grazie alla sua posizione geo-
grafica. Quanto invece al mantenimento delle posizioni sui mercati interna-
zionali, tutto dipenderà dalla capacità delle imprese di fare veramente “si-
stema” e “rete”, e di raggiungere quella massa critica necessaria per la
competizione globale, secondo quanto indicato nelle considerazioni pre-
cedentemente effettuate.
Ritengo poi fondamentale che gli imprenditori capiscano l’importanza dei
meccanismi di tutela della proprietà industriale, e che puntino sempre più
sull’utilizzo dei sistemi di brevettazione della tecnologia di cui sono in
possesso: solo in questo modo, infatti, essi potranno mantenere quel mini-
mo di vantaggio competitivo che la ricerca, l’inventiva e le capacità indivi-
duali possono garantir loro.
D. Come ritenete sia destinato a svilupparsi il rapporto tra commerciali-
sti e sistema delle imprese? Saremo ancora un punto di riferimento, o
dovremo adattarci ad un ruolo sempre piùmarginale e di secondo piano?
Santolin
: I dottori commercialisti sono assolutamente indispensabili al cam-
biamento strutturale aziendale nel senso sopra indicato, al suo
retake off
ed alla costruzione di un nuovo modello economico migliore del preceden-
te e più reattivo nell’economia globalizzata con forte concorrenzialità so-
prattutto nei prodotti a basso valore aggiunto come quelli italiani.
I commercialisti sono infatti i migliori
economic knowledge workers
a cui
le aziende possano affidarsi senza pericolo. I veri medici o
personal trainer
delle aziende !!! Ma purtroppo molti di essi (alcuni forse hanno ancora la
pancia troppo piena dagli anni ‘70) sono ancora prigionieri di un vecchio
modo di fare la professione. Come dovranno cambiare? Innanzitutto do-
vranno essere meno “neutri” alle vicende aziendali, e per farlo dovranno
specializzarsi anche settorialmente (cioè nei diversi settori aziendali: tessi-
le, meccanico, spaziale, e così via): solo così potranno fornire vera consu-
lenza, sia dall’interno (come CFO o revisori interni) che dall’esterno (anche
come revisori). Se non prenderanno questa strada e non saranno “utili”
alle aziende, pagheranno a caro prezzo il mancato adeguamento e l’igno-
ranza sui nuovi servizi professionali da fornire al sistema aziendale. A che
serve avere come consulente solo un fiscalista quando ci sono solo utili
per imponibili imposti o fittizi e non c’è più un margine reale?
E’ quello che molti imprenditori stanno cominciando a chiedersi già da
qualche anno; meglio quindi prevenire le esigenze che curare, quando
ormai è troppo tardi…
Secondariamente, visto che sono le grandi e medie imprese che fanno, in
moltissimi casi, in filiera, anche i fatturati delle piccole e delle micro-impre-
se, e che molte di esse (GMI) hanno organi di controllo (il collegio sindaca-
le ed il revisore o la società di revisione), i dottori commercialisti dovranno
domandarsi se il modello di
corporate governance
tradizionale sia ancora
valido, o se magari debba essere sostituito od affiancato da un altro miglio-
re (ce ne sono altri due già inseriti nel nostro codice civile), viste le perfor-
mance del PIL in questi ultimi anni, e quelle previste per il futuro, e assodato
soprattutto che questo risultato deriva anche da consulenza ormai obsoleta,
e da controlli contabili da anni ‘70.
Solo in Italia tra tutti i Paesi del mondo esiste il sistema tradizionale…
Andava bene un tempo! Oggi dobbiamo farci una grandissima riflessione, cari
colleghi commercialisti. Essere “i soli diversi” da quello che si fa nell’intero
mondo è una enorme responsabilità, soprattutto alla luce dei risultati infimi
della nostra economia. E’ infatti del tutto evidente che moltissime di queste
pessime performance aziendali sono figlie proprio della
corporate governance
tradizionale, tutta e solo italiana, oggi non più all’altezza dei tempi.
Essa ha precluso la nascita di figure (come l’amministratore indipendente),
ruoli (come il CFO in outsourcing) e servizi (come quelli di riskmanagement
e di revisione interna) che avrebbero già potuto e dovuto negli anni passati
indicare a tutto
l’establishment
economico gli elementi essenziali per un
corretto adeguamento alle nuove richieste della domanda di beni e servizi
sul mercato nazionale ed internazionale.
Ora c’è bisogno di una vera e propria rifondazione “Triveneta” di un nuo-
vo modello economico in una nuova economia certamente sempre più dif-
ficile e con competitors più aggressivi.
Pietrobon
: Come sempre, i dottori commercialisti dovranno farsi trovare
pronti per accompagnare il mondo delle imprese (ovvero i clienti…) nel
processo di cambiamento che le attende. Ma a tal fine anche noi dovremo
cambiare! Sarà necessario passare da una gestione giornaliera del nostro
operare ad una visione di più ampio respiro, in modo da offrire ai nostri
clienti soluzioni operative prospettiche.
A mio avviso potremo continuare ad essere il punto di riferimento dei
nostri clienti solo se riusciremo ad
organizzare i nostri studi
in modo da
poter far fronte alle nuove e molteplici esigenze delle imprese. In particolare
dovremo avere un collegamento di competenze tale da poter supportare il
cliente nelle nuove dinamiche economiche in cui si troverà ad operare.
La nostra professione, sicuramente meno asettica di quella dei nostri prin-
cipali concorrenti, ovvero le società di revisione, ci può dare ancora grandi
soddisfazioni, a condizione che ad essa abbiniamo anche grande
compe-
tenza
e
qualità
nella fornitura dei servizi.