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NUMERO 199 - GENNAIO / FEBBRAIO 2011 IL COMMERCIALISTA VENETO

Finanziaria può sicuramente riqualificare un atto sottoposto a registrazio-ne, superando così la definizione attribuita dalle parti (si pensi a un atto denominato “ conferimento d’azienda ” composto in realtà da un unico immobile senza ulteriori asset ), ma rimane estranea alla ratio normativa la ricostruzione della finalità economica complessiva di una serie distinta di atti anche se tra loro correlati 9 . Pertanto, l’interpretazione deve necessaria-mente far riferimento a quegli elementi che risultano dal documento sotto-posto a tassazione, non essendo possibile considerare ulteriori elementi ad esso estranei 10 . Non a caso l’imposta di registro è definita quale “impo-sta d’atto”, dal momento che “colpisce” il documento soggetto a registra-zione e non il trasferimento in quanto tale, non rilevando le vicende suc-cessive (modificative, novative, revocatorie), né la stessa nullità o l’annullabilità (come previsto dall’art. 38 del D.P.R. n. 131/1986) 11 . 2. All’interno del Testo Unico dell’imposta di registro esistono varie disposizioni volte a contrastare possibili comportamenti elusivi, tra le quali:

a ) art. 24, comma 1: nei trasferimenti immobiliari le accessioni, i frutti pendenti e le pertinenze si presumono trasferiti all’acquirente dell’immobi-le salvo che siano espressamente esclusi dalla vendita ovvero si provi, con atto registrato, l’appartenenza ad un terzo;

b ) art. 26, comma 1: i trasferimenti immobiliari posti in essere tra coniugi ovvero tra parenti in linea retta si presumono donazioni, se l’am-montare dell’imposta di registro e di ogni altra imposta dovuta per il trasfe-rimento (imposte ipotecarie e catastali) risulta inferiore a quello delle impo-ste applicabili in caso di trasferimento a titolo gratuito;

c ) art. 32, comma 1: l’atto per persona da nominare è soggetto a imposta in misura fissa a condizione che si proceda alla nomina entro tre giorni dalla data dell’atto.

Inoltre, laddove il Legislatore abbia voluto collegare tra loro più eventi o circostanze è stato esplicito nell’individuare le diverse ipotesi. Si pensi agli atti contenenti più disposizioni, non derivanti le une dalle altre, ciascuna delle quali è soggetta a imposta in modo separato (art. 21, comma 1) oppu-re, quando in un atto sono enunciate disposizioni contenute in documenti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere tra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene l’enunciazione, l’imposta si applica an-che alle disposizioni enunciate (art. 22, comma 1).

In mancanza di una norma antielusiva di carattere generale, l’interprete deve necessariamente attenersi alle singole fattispecie individuate dal Le-gislatore, essendo precluse valutazioni estensive e comunque ulteriori ri-spetto a quelle puntualmente codificate 12 .

3. Secondo alcuni Uffici dell’Agenzia delle Entrate, poi, l’art. 53 bis del D.P.R. n. 131/1986, richiamando le norme in tema di accertamenti e controlli ai fini delle imposte dirette, avrebbe implicitamente allargato l’ambito applicativo dell’art. 37 bis del D.P.R. n. 600/1973 anche all’imposta di regi-stro (nonché alle imposte ipotecarie e catastali). Malgrado il tenore lettera-le della norma non escluda espressamente questa interpretazione, è la stes-sa Agenzia delle Entrate 13 a limitarne la portata, ritenendo che esso com-porti sì un ampliamento delle possibilità di accertamento e verifica degli Uffici, ma pur sempre all’interno degli ambiti definiti dagli artt. 32 (“ Poteri degli uffici ”) e 33 (“ Accessi, ispezioni e verifiche ”) del D.P.R. n. 600/1973.

Infatti, mentre questi ultimi articoli risultano sicuramente applicabili anche ai fini dell’accertamento dell’imposta di registro, vi sono altre disposizioni contenute nel Titolo IV del D.P.R. n. 600 che si rivelano difficilmente conciliabili con il settore dell’imposizione indiretta: si pensi alle procedure di liquidazione delle imposte dovute sulla base delle dichiarazioni presen-tate e/o al controllo formale delle stesse (artt. 36 bis e 36 ter del D.P.R. n. 600/1973). Analoghe difficoltà si riscontrano anche nella “trasposizione” di norme quali gli artt. 38, 39, 40 e 41 dello stesso Decreto.

Si consideri, inoltre, che, qualora fosse stata intenzione del Legislatore estendere l’applicazione dell’art. 37 bis anche al settore dell’imposizione indiretta, ben altra enfasi avrebbero assunto le modifiche normative di cui si tratta, sia nella relazione governativa al provvedimento da cui derivano (il D.L. n. 223/2006), nella quale non c’è traccia di una simile previsione, sia nei commenti dell’Amministrazione Finanziaria (in particolare, nelle circola-ri 4 agosto 2006, n. 28/E e 6 febbraio 2007, n. 6/E). Questa considerazione non è priva di significato se solo si pensa al complesso iter normativo e interpretativo 14 che ha accompagnato l’introduzione di una specifica clau-sola antielusiva quale, per l’appunto, l’art. 37 bis.

Anche la giurisprudenza che ad oggi si è occupata di esaminare questa tematica ha ritenuto di non condividere l’impostazione dell’Amministrazio-ne Finanziaria, anche per un’ulteriore motivazione. E’ stato, infatti, giusta-mente sottolineato che se « tali operazioni (conferimento d’azienda con successiva cessione delle partecipazioni, nda) non sono antielusive ai fini delle imposte dirette […] appare difficilmente sostenibile che vi sia un abuso di diritto ai fini dell’imposta di registro quando neppure ai fini delle imposte sui redditi tale comportamento è considerato elusivo e quindi fiscalmente illegittimo » 15 . Nella sua lapidaria chiarezza la sentenza da ultimo richiamata consente di ribadire, anche dopo l’introduzione dell’art. 53 bis del D.P.R. n. 131/1986, quanto affermato alcuni anni fa dal Ministero delle Finanze nella circolare 17maggio 2000, n. 98/E, risp. 11.1.3: le disposi-zioni antielusive contenute nell’art. 37 bis “ possono trovare applicazione soltanto con riferimento al settore delle imposte sui redditi ”. Pertanto, se nell’ambito dell’imposizione diretta, l’operazione de qua non è soggetta al sindacato di elusività, ragioni di coerenza interna all’ordinamento tributa-rio e di tutela del legittimo affidamento, non possono produrre effetti diametralmente opposti nel comparto delle imposte indirette.

Se si condividono queste considerazioni, allora l’unico elemento che do-vrebbe essere posto al centro dell’attenzione – sia da parte dell’Ammini-strazione finanziaria sia delle commissione tributarie – è rappresentato dal-l’oggetto del conferimento. Infatti, come giustamente affermato dalla stes-sa Agenzia delle Entrate, « affinché sia configurabile un conferimento d’azienda (o di ramo di azienda), è necessario che oggetto del trasferi-mento sia una universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridici suscettibili di consentire l’esercizio dell’attività di impresa, e non di singoli beni. Il complesso aziendale trasferito, cioè, deve essere autonomo e atto a produrre reddito » 16 . In presenza di queste condizioni, la neutralità dell’operazione è garantita ai fini delle imposte sui redditi dall’art. 176, comma 1, del TUIR, mentre ai fini dell’imposta di registro si applicherà l’imposta in misura fissa, come espressamente previsto dall’art. 4, comma 1, n. 3), della Parte Prima della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986, risultan-do così preclusa una riqualificazione tanto sostanziale ( da conferimento a

cessione) quanto arbitraria della natura dell’operazione.

Conferimento d’azienda e successiva cessione delle partecipazioni

9 Significative al riguardo le affermazioni della Commissione Tributaria Provinciale di Milano (sez. 21, sentenze n. 388 e 389 del 5 novembre 2010, dep. 19 novembre 2010), per la quale «gli atti economici sopra descritti (vale a dire, conferimento d’azienda e successiva cessione delle partecipazioni, nda) […] devono essere considerati indipendenti l’uno dall’altro e, quindi, i medesimi non possono essere caratterizzati da collegamento negoziale, in quanto gli stessi sono intervenuti tra soggetti terzi». Per una diversa interpretazione dell’art. 20 del D.P.R. n. 131/1986 si segnalano, tra le altre, le seguenti sentenze:

- Cass., sez. Trib., 4 maggio 2007, n. 10273; Cass., sez. Trib., 30 maggio 2005, n. 11457; - Cass., sez. Trib., 25 febbraio 2002, n. 2713; - Cass., sez. Trib., 23 novembre 2001, n. 14900; - Commissione Tributaria Regionale Piemonte, sez. XXXVIII, 15 giugno 2010, n. 45; - Commissione Tributaria Regionale Piemonte, sez. XII, 12 febbraio 2010, n. 8; - Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, sez. I, 27 gennaio 2010, n. 18.

10 Cfr. Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, sez. VII, 22 aprile 2009, n. 41.

11 Cfr. Consiglio Nazionale del Notariato – Studio n. 95/2003/T; G. Marongiu, L’elusione nell’imposta di registro tra l’abuso del “diritto” e l’abuso del potere, in “Diritto e Pratica Tributaria”, 2008, pag. 1067 e seguenti.

12 Cfr. Consiglio Nazionale del Notariato – Studio n. 95/2003/T; G. Marongiu, op. cit., pag. 1084 e ss.

13 Nella Circolare 6 febbraio 2007, n. 6/E, seconda parte.

14 Come noto l’art. 37 bis del D.P.R. n. 600/1973 è stato introdotto dal D.Lgs. n. 358/1997 e ampiamente commentato sia nella relazione governativa al provvedimento sia nella circolare emanata dall’allora Ministero delle Finanze (C.M. 19 dicembre 1997, n. 320/E, capitolo II).

15 Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, sez. VII, 22 aprile 2009, n. 41. In senso analogo anche Assonime nella circolare n. 51 del 12 settembre 2008, par 1.3.6 (nota 28) ed E. Della Valle, L’elusione nella circolazione indiretta del complesso aziendale , in “Rassegna Tributaria” n. 2/2009, pag. 385.

16 Circ. 25 settembre 2008, n. 57/E, par. 1. Questa impostazione è stata successivamente confermata anche nella Ris. 16 gennaio 2009, n. 12/E e nella Circ. 13 marzo 2009, n. 8/E, risp. 3.3.

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