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NUMERO 199 - GENNAIO / FEBBRAIO 2011

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CONTROLLED FOREIGN

COMPANIES

NORME E TRIBUTI

IL COMMERCIALISTA VENETO

GABRIELE LABOMBARDA LUCA VALENTINCIC

Ordine di Trieste

Le modifiche alla normativa commentate

nella circolare n. 51/E dell'Agenzia delle Entrate

SEGUE A PAGINA 30

PREMESSA

La disciplina delle Controlled Foreign Companies (CFC) è stata rinnovata ed estesa dalla c.d. “manovra estiva” 2009 2 . L’articolo 13 del provvedimento, infatti, ha ampliato l’ambito soggettivo e rafforzato la portata antielusiva dell’articolo 167 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi 3 . Solo recentemente l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata con un’importante ed attesa circolare 4 , fornendo rilevanti chiarimenti in merito a taluni dubbi applicativi. Alcuni di questi dubbi erano già stati esposti al Tavolo interassociativo ABI-ANIA-Assonime-Confindustria 5 ed illustrati nello Studio di Assonime n. 3 del 2010 6 .

Le modifiche introdotte dalla manovra 2009, che entrano in vigore – è, questo, un primo dubbio fugato dalla recente interpretazione dell’Agenzia – a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 1° luglio 2009 (vale a dire, per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare, a partire dal 1° gennaio 2010), sono tese a garantire l’ “effettività sostanziale” della società control-lata non residente, a beneficio delle ragioni erariali ma anche, almeno nelle intenzioni dell’Amministrazione Finanziaria, di quelle dei contribuenti italiani che mossi da effettive logiche commerciali, strategiche o geografiche/logistiche operano in Paesi a fiscalità più favorevole. In particolare, le modifiche in parola riguardano: – le società controllate localizzate in Paesi “black list”, in relazione alle quali sono state apportate delle limitazioni alla applicabilità della esimente di cui all’art. 167, comma 5, lettera a) 7 secondo la quale occorre dimostrare lo svolgimento di un’effet-tiva attività industriale o commerciale nel mercato dello Stato o territorio di stabi-limento della controllata; e

– le controllate localizzate in Paesi “white list” 8 per le quali trova applicazione il regime CFC qualora beneficino di una tassazione inferiore di oltre la metà rispetto a quella che avrebbero scontato se fiscalmente residenti in Italia e ritraggano oltre la metà del reddito da attività finanziarie, diritti immateriali o servizi infragruppo (c.d. “passive income”).

Vista la complessità della materia, si ritiene opportuno inquadrare sinteticamente le novità legislative in materia di CFC, per poi entrare nel merito delle principali osser-vazioni svolte a tale riguardo 9 dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 51/E e giunge-re, da ultimo, ad una conclusiva analisi degli aspetti meritevoli di ulteriori chiarimenti.

LA NORMATIVA CFC

La ratio della normativa CFC è (o perlomeno dovrebbe essere) quella di contrastare la delocalizzazione fittizia di utili prodotti dalla controllante italiana per il tramite dello schermo giuridico della controllata non residente.

La materia è regolata dall’articolo 167 del TUIR, il quale, al sussistere dei presupposti ivi previsti, dispone la tassazione per trasparenza - in capo alla controllante fiscalmente residente in Italia - dei redditi conseguiti dal soggetto estero controllato residente o localizzato in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto ministeriale emanato ( rectius : da emanare) ai sensi dell’art. 168 bis del TUIR 10 (c.d. “white list”). Due sono le alternative possibilità a disposizione della controllante residente per richiedere la disapplicazione della norma antielusiva in esame:

– Dimostrare ai sensi dell’art. 167, comma 5, lettera a) (prima esimente) che la controllata svolge “un’effettiva attività industriale o commerciale, come sua princi-pale attività, nel mercato dello Stato o territorio di insediamento”; oppure – Dimostrare ai sensi dell’art. 167, comma 5, lettera b) (seconda esimente) che dal possesso della partecipazione non consegue “l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori diversi da quelli di cui al Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze emanato ai sensi dell’articolo 168 bis”.

A decorrere dall’entrata in vigore del nuovo comma 8 bis dell’art. 167 la norma CFC si applica anche nei confronti di controllate localizzate in Paesi non “black list” se queste ultime sono assoggettate a tassazione effettiva inferiore a più della metà rispetto a quella cui sarebbero state soggette ove fossero fiscalmente residenti in Italia ed a condizione che il reddito assoggettato a fiscalità privilegiata sia prevalente-mente costituito da “passive income” 11 e da proventi di servizi infragruppo. E’ opportuno rimarcare, con riferimento a tale ultima fattispecie, che solo se le suddette due condizioni previste dal comma 8 bis sussistono congiuntamente è pos-sibile avocare a tassazione per trasparenza - in capo alla controllante fiscalmente residente in Italia – i redditi localizzabili nello Stato o territorio non “black list” in cui è localizzata la controllata. Le disposizioni di cui al comma 8 bis non si applicano previa dimostrazione che “l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzio-ne artificiale volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale” (ex comma 8 ter). La dimostrazione delle esimenti previste dall’art. 167 del TUIR va fornita per il tramite di un interpello ordinario, da presentarsi ai sensi dello Statuto del Contri-buente 12 . L’interpello va attivato obbligatoriamente per dimostrare che sussistono le condizioni in base alle quali disapplicare la disciplina antielusiva.

Come precisato dalla circolare 51/E l’istanza per la disapplicazione deve essere inviata preventivamente e - in ogni caso - in tempo utile per ottenere il parere dell’Amministrazione entro il termine di presentazione della dichiarazione dei red-diti: pertanto i contribuenti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare dovranno presentare la relativa istanza entro il 1° giugno 2011 13 per chiedere la disapplicazione della norma per il periodo di imposta 2010. Giova sin d’ora segnalare che, alla luce delle modifiche normative introdotte:

– tutti gli interpelli precedentemente ottenuti sulla base dell’esimente di cui all’art. 167, comma 5, lettera a) devono intendersi decaduti e devono essere ripresentati; – l’istanza deve, comunque, essere ripresentata al modificarsi delle condizioni in base alle quali l’Amministrazione aveva dato un parere favorevole alla disapplicazione;

– l’analisi delle condizioni di disapplicazione deve essere effettuata annualmente ed il contribuente è tenuto a conservare la documentazione relativa alle verifiche effettuate.

LA CICOLARE 51/E SUL RADICAMENTO NELTERRITORIO DELLACONTROLLATA: LA PRIMA ESIMENTE

La circolare 51/E precisa che la disponibilità in loco di una struttura organizzativa idonea e dotata di autonomia gestionale è condizione necessaria ma può risultare non sufficiente a dimostrare lo svolgimento di un’effettiva attività industriale o commerciale nel Paese a fiscalità privilegiata: a tal fine occorre provare il radicamento della CFC, cioè il legame economico e sociale della CFC con il mercato - di sbocco o di approvvigionamento - del territorio di insediamento.

Quest’ultimo, precisa la circolare 51/E, non sempre coincide con i confini geografici del Paese, dovendosi in talune fattispecie dare rilevanza all’intera area geografica circostante (c.d. area di influenza della CFC): tale precisazione appare opportuna considerata la ristrettezza dei confini geografici - e quindi del mercato - di molti Paesi a fiscalità privilegiata, i cui operatori economici necessariamente devono rivolgersi, in fase di approvvigionamento piuttosto che di distribuzione, a mercati circostanti. Il concetto di radicamento è enunciato in linea di principio dalla circo-lare 51/E richiamando testualmente il seguente passaggio della Sentenza della Corte di Giustizia 12 settembre 2006 (C-196/04, punto 53) 14 , nel quale si dà rilevanza alla "… intenzione di partecipare, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato …" . La circolare traduce quindi tale principio in parametri percentuali, rilevando che può considerarsi radicato un soggetto che effettui acquisti o vendite prevalentemente (per oltre il 50% quindi) sul mercato locale 15 : la circostanza che la CFC non si rivolga al mercato locale nella misura ritenuta congrua dall’Amministra-

2 D.L. 1° luglio 2009, n. 78, in banca dati “fisconline“.

3 Di seguito “TUIR”, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

4 Circolare Agenzia delle Entrate n. 51/E del 6 ottobre 2010.

5 Per approfondimenti, si rimanda anche a La nuova disciplina delle CFC di Sebastiano Garufi, in “Rassegna tributaria“ n. 3 di maggio-giugno 2010, pag. 619.

6 Commenti in relazione all’articolo 13 del D.L. 1° luglio 2009, n. 78.

7 Trattasi della c.d. prima esimente.

8 O meglio, in Paesi non inclusi nella “black list“ considerato che la “white list“ di cui all’art. 168 bis del TUIR non è ancora stata emanata.

9 Restano pertanto esclusi dalla trattazione gli ultimi due paragrafi della circolare rispettivamente dedicati alla disciplina dei dividendi provenienti da Stati o territori“ black list“ ed a quella relativa ai costi “black list“.

10 Nelle more dell’emanazione di detto decreto resta in vigore il decreto ministeriale 21 novembre 2001 che elenca i Paesi o territori a regime fiscale privilegiato (c.d. “black list CFC“).

11 Trattasi di proventi derivanti dalla gestione, detenzione o investimenti in titoli, partecipazioni, crediti ovvero altre attività finanziarie, nonché dalla cessione ovvero concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica.

12 Articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212.

13 Ovvero 120 giorni prima della deadline per l’invio telematico della dichiarazione dei redditi per i soggetti per i quali l’esercizio non coincide con l’anno solare.

14 C.d. sentenza Cadbury Schweppes.

15 Per le attività bancarie, finanziarie ed assicurative occorre invece considerare le fonti e gli impieghi.

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