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NUMERO 199 - GENNAIO / FEBBRAIO 2011 IL COMMERCIALISTA VENETO

16 Ai fini del superamento o meno della soglia del 50% si devono considerate i proventi lordi della CFC, ordinari e straordinari.

17 Qualora trovi applicazione il comma 5 bis dell’art. 167 che esclude la possibilità di avvalersi della prima esimente, la seconda esimente sarà invece l’unica strada praticabile non meno di tre quarti del proprio reddito al di fuori di Paesi a fiscalità privilegiata, ad esempio per il tramite di stabili organizzazioni localizzate in Paesi a fiscalità ordinaria.

19 Di cui all’art. 87 del TUIR.

20 Come previsto dall’art. 89 del TUIR.

21 Immediate perplessità su tale puntualizzazione dell’Agenzia sono state formulate da Diego Avolio e Benedetto Santacroce su Il Sole 24 Ore del 7 ottobre 2010, pag. 31.

22 Per rientrare nell’ambito applicativo della norma antielusiva, s’intende.

23 A condizione tuttavia che questi valori siano conformi a quelli derivanti dall’applicazione dei criteri contabili adottati nei precedenti esercizi oppure ne venga attestata la congruità da uno o più soggetti iscritti presso il Registro dei Revisori Contabili.

24 Sentenza Cadbury Schweppes, p.to 75). Tale orientamento è stato successivamente ripreso anche da altre sentenze della Corte di Giustizia UE.

25 La circolare rimanda alla elencazione, ancorché non esaustiva, fornita dalla Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea sul coordinamento delle norme sulle società estere controllate e sulla sottocapitalizzazione nell’Unione europea, dell’8 giugno 2010, pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’UE C156 del 16 giugno 2010.

26 Su tutte, si segnalano: Risoluzione Agenzia Entrate 29.01.2003, n. 18/E (Localizzazione dei redditi nel Paese dove è situata la fonte produttiva); Risoluzione Agenzia Entrate 28.03.2007, n. 63/E (Localizzazione dei redditi in Paesi che ne assicurino tassazione almeno pari al 27%); Risoluzione Agenzia Entrate 10.11.2008, n. 427/E (Nesso economico, politico, geografico o strategico tra il Paese di localizzazione e i mercati ai quali si rivolge l’attività svolta); Risoluzione Agenzia Entrate 26.05.2009, n. 128/E (Realtà economica operativa e localizzata nel territorio; collegamento con i mercati di sbocco); Risoluzione Agenzia Entrate 22.06.2009, n. 165/E (partecipare in maniera stabile e continuativa alla vita economica del territorio), tutte in banca dati “fisconline“.

27 E’ il caso dei ricavi da locazioni, noleggi e simili.

CONTROLLED FOREIGN COMPANIES

SEGUE DA PAGINA 29

zione non costituisce prova della non effettività dell’attività svolta nel territorio di insediamento, restando impregiudicata la possibilità di invocare la prima esimente sulla scorta di altri – in realtà non meglio precisati dalla circolare - elementi di tipo economico ed imprenditoriale che hanno indotto il contribuente ad investire nello Stato o territorio a fiscalità privilegiata.

La prima esimente non può, però, essere invocata nel caso previsto dal nuovo comma 5 bis dell’articolo 167 ai sensi del quale “La previsione di cui alla lettera a) del comma 5 (prima esimente – ndr) non si applica qualora i proventi della società o altro ente non residente provengano per più del 50% dalla gestione, dalla deten-zione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica, nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l’ente non resi-dente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l’ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari “. La ratio di tale disposizione è la medesima del nuovo comma 8 bis, cioè contrastare il fenomeno delle c.d. “società senza impresa” nel senso sopra chiarito 16 , con l’aggravante che, nel caso di cui al comma 5-bis, la CFC è localizzata in un Paese c.d. “black list”. In presenza, quindi, di un rischio elusivo che si presume qui più elevato il contri-buente sarà tenuto a fornire elementi di prova più stringenti rispetto a quelli richie-sti dalla prima esimente (il c.d. “radicamento”) dovendo dimostrare l’assenza dell’ animus elusivo volto alla delocalizzazione fittizia di utili verso il Paese “black list”: dovrà essere quindi invocata l’esimente prevista dall’art. 167, comma 5, lettera b), la c.d. seconda esimente.

LACIRCOLARE 51/E SULLA CONGRUITÀ DEL CARICO FISCALE GRAVANTE SUL GRUPPO: LA SECONDA ESIMENTE

La circolare 51/E precisa che, alternativamente alla prima esimente 17 , è possibile vincere la presunzione di elusività dimostrando la congruità del carico fiscale com-plessivamente gravante sul gruppo in relazione ai redditi prodotti dalla CFC, cioè dimostrando che la tassazione scontata su detti redditi sia in linea con il livello di imposizione sul reddito in vigore in Italia. Il contribuente residente potrà, a tal fine, invocare la seconda esimente prevista dall’art. 167, comma 5, lettera b) del TUIR. Esempi della seconda esimente sono forniti dal D.M. 21 novembre 2001, n. 429, opportunamente richiamati dalla circolare 18 . Quest’ultima però si spinge oltre for-nendo chiarimenti di natura generale e le modalità di calcolo del carico fiscale gra-vante sul gruppo. Con riferimento ai primi, la circolare rileva come la ratio della seconda esimente sia quella di assicurare che i redditi prodotti dalla CFC siano tassati in misura congrua rispetto al livello di imposizione sul reddito in vigore in Italia, a prescindere dal luogo in cui il reddito è prodotto e dallo Stato che assoggetta detto reddito a tassazione.

Neppure la sistematica distribuzione verso l’Italia di dividendi provenienti dalla CFC – sebbene rafforzi la dimostrazione di assenza di intenti elusivi – è di per sé sufficiente a vincere la presunzione di elusività, se non è contestualmente dimostra-ta la congruità della tassazione.

D’altro canto, però, non è di per sé sufficiente a corroborare la rilevanza della seconda esimente il fatto che il tax rate effettivo complessivamente gravante sui redditi della CFC sia inferiore al tax rate nominale delle imposte sul reddito vigente in Italia in quanto – precisa la circolare – il raffronto va effettuato con il tax rate

effettivo, potendo quest’ultimo risultare inferiore al tasso nominale in presenza di redditi esenti o esclusi dall’imposizione (come ad esempio le plusvalenze in regime di participation exemption 19 o i dividendi percepiti da soggetti non “black list” esclusi da tassazione per il 95% del relativo ammontare 20 ).

La circolare n. 51/E affronta, quindi, la tematica delle holding non residenti titolari di partecipazioni aventi i requisiti per poter accedere al regime “PEX” sancendo – al fine del raffronto tra tax rates effettivi, per l’appunto – la sostanziale equivalen-za tra l’esenzione totale e l’indeducibilità dei costi da un lato e l’imponibilità al 5% delle plusvalenze (corrispondente ad una tassazione pari all’1,375% della plusvalenza) e la deducibilità integrale dei costi dall’altro lato (quello italiano). Tale, a nostro avviso condivisibile, equiparazione dovrebbe da sola costituire una valida seconda esimente. Al contrario, l’Agenzia ha tenuto a precisare che anche in questo caso si rende necessaria la presentazione di un’apposita istanza di interpello 21 .

L’ESTENSIONE DELLA NORMATIVA CFC A STATI O TERRITORI NON “BLACK LIST” DI CUI AL COMMA 8 BIS E LA RELATIVA ESIMENTE DI CUI AL COMMA 8 TER

Come sopra rilevato, il nuovo comma 8 bis dell’art. 167 del TUIR ha esteso l’ambito soggettivo della normativa CFC anche alle controllate localizzate in Stati o territori non “black list” al simultaneo verificarsi delle due condizioni sopra citate. Circa la modalità di comparazione della tassazione effettiva estera con quella italiana, ai fini del superamento della soglia di rilevanza del 50% 22 , la circolare precisa che:

– il raffronto tra tassazione effettiva estera ed italiana concerne esclusivamente l’imposizione sul reddito, con esclusione, quindi, dell’IRAP;

– nel calcolare il tax rate effettivo estero occorre partire dal bilancio d’esercizio della controllata estera redatto secondo le disposizioni ed i principi contabili locali. I valori di partenza fiscali degli elementi patrimoniali della CFC sono quelli risul-tanti dal bilancio relativo all’esercizio precedente a quello di entrata in vigore della nuova norma 23 ;

– si devono considerare ai fini del raffronto:

(i) le sole imposte correnti, con esclusione, quindi, delle imposte differite attive e passive;

(ii) gli effetti fiscali originati da forme di “tax ruling” conclusi con le amministrazio-ni fiscali estere e da agevolazioni da queste concesse ai soci della CFC (ad esempio forme di “tax refund”);

– in sede di prima applicazione della nuova norma rilevano solamente le perdite fiscali maturate dopo l’entrata in vigore di essa (dal 2010, quindi, per i soggetti aventi periodo d’imposta coincidente con l’anno solare). A regime si dovranno invece considerare le perdite maturate dalla CFC a partire dal periodo in cui è stato acquisito il controllo della stessa da parte della controllante italiana; – non si devono, invece, considerare ai fini del raffronto:

– gli utilizzi dei crediti d’imposta per redditi prodotti all’estero riconosciuti nello Stato di insediamento della CFC;

– le ritenute d’acconto e gli effetti di agevolazioni fiscali temporanee.

Al fine di disapplicare la norma introdotta dal comma 8 bis occorre invocare l’esi-mente di cui al comma 8 ter, ossia dimostrare che “l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale”. La circolare osserva come la nozione di “puro artificio” vada rinvenuta in ambito comunitario, segnatamente in quanto sentenziato dalla Corte di Giustizia nel caso Cadbury Schweppes. In particolare, secondo i giudici del Lussemburgo, la costruzione societaria non deve considerarsi meramente artificiosa quando”da ele-menti oggettivi e verificabili da parte di terzi risulti che, pur in presenza di motiva-zioni di natura fiscale, la controllata è realmente impiantata nello Stato di stabili-mento e ivi esercita attività economiche effettive” 24 . La valutazione della (non) artificiosità della costruzione estera deve poggiarsi su elementi oggettivi e verificabili da parte di terzi. Delineati i principi generali della norma (di derivazione comunita-ria, come s’è visto), la circolare cita a titolo esemplificativo gli elementi maggior-mente ricorrenti nelle strutture estere di puro artificio, in assenza dei quali dovreb-be conseguire, di regola, il parere positivo dell’Amministrazione Finanziaria alla disapplicazione della norma 25 .

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

I chiarimenti forniti dall’Amministrazione nella circolare 51/E sono da ritenersi apprezzabili, specie laddove l’Agenzia ha commentato le nuove norme con pragmatismo, soffermandosi su casi concreti e fornendo utili esemplificazioni, nonché illustrando gli aspetti operativi e di calcolo necessari a traghettare la novellata disciplina CFC dalla teoria alla pratica.

In particolare, il pregio del documento in commento è quello di ricondurre ad unità le varie interpretazioni susseguitesi, soprattutto con riferimento a molteplici inter-pelli disapplicativi risposti dall’Agenzia a partire dall’entrata in vigore della disci-plina fino a data recente 26 , fornendo quindi delle utili linee guida per la verifica della possibilità di disapplicare la norma e per la redazione, qualora questa sussista, dei documenti da finalizzarsi a tale scopo.

Tuttavia, non tutti i dubbi interpretativi e le perplessità avanzati dalla dottrina e dagli operatori sembrano superati.

Rimane ad esempio in vita l’obiezione mossa dal Tavolo interassociativo ABI-ANIA-Assonime-Confindustria secondo cui il concetto di mercato di insediamen-to – sia pur nella versione edulcorata dalla circolare – è di per sé idoneo ad avocare a tassazione in Italia redditi che non sono stati delocalizzati in modo fittizio in quanto prodotti da effettive attività industriali e commerciali dotate di autonomia gestionale, che si avvalgono di stabilimenti e risorse umane nel Paese di insediamen-to, nella sventurata ipotesi in cui i canali di approvvigionamento e quelli di distri-buzione non siano collocabili nella c.d. “area di influenza” della CFC.

Tuttora inevasa appare, inoltre, la richiesta sollevata da suddetto Tavolo interassociativo circa la necessità di escludere dal computo del “passive income” di cui ai commi 5 bis e 8 bis:

– i dividendi e le plusvalenze derivanti da partecipazioni superiori a qualificate soglie di affiliazione in quanto detti componenti di reddito non dovrebbero essere ritenuti elementi di reddito per il socio, essendo l’evento generatore del reddito ed il luogo di produzione dello stesso, rispettivamente, l’attività svolta dalla parteci-pata ed il Paese in cui questa si svolge;

– le royalties di beni immateriali autonomamente ed effettivamente generati da fattori produttivi esistenti nella struttura localizzata nel Paese a fiscalità privilegiata; – i servizi infragruppo, che solo in particolari casi possono avere natura di “passive income” 27 .

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