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NUMERO 197 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2010
IL COMMERCIALISTA VENETO
dalla pubblicazione di un bilancio falso abbia indotto ad effettuare o proseguire
forniture all’impresa. La legittimazione del curatore va quindi sicuramente esclusa
perché il danno è stato cagionato direttamente a uno o più singoli creditori.
"Quando, invece, si lamenta l’aggravamento del dissesto il danno patito dai creditori
è un danno indiretto conseguente alla lesione della garanzia patrimoniale, esatta-
mente come nel caso, disciplinato dall’art. 2394 c. c., dall’azione di responsabilità
dei creditori sociali, all’esercizio della quale è legittimato il curatore ex art. 2394
bis c. c. La circostanza, addotta dalle sezioni unite, che la posizione dei creditori “si
differenzia a seconda che i crediti siano antecedenti o successivi” non dovrebbe, a
rigore, assumere rilievo per escludere la legittimazione del curatore, dovendosi
per contro considerare decisiva la circostanza dell’incidenza del comportamento
illecito sul patrimonio sociale. Una differenziazione della posizione dei creditori si
riscontra, infatti, nella disciplina delle singole azioni spettanti al curatore come
azioni della massa. Così nell’azione di responsabilità dei creditori sociali all’inos-
servanza degli obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale è
causalmente riconducibile il pregiudizio indirettamente subito dai creditori ante-
riori, non di quelli successivi, che hanno fatto credito a garanzia patrimoniale già
pregiudicata. Né la sostituzione del curatore nell’esercizio dell’azione di respon-
sabilità dei creditori sociali può essere considerata frutto di una norma ecceziona-
le, ove si consideri che è attribuita al curatore anche la legittimazione all’esercizio
dell’azione di responsabilità dei creditori sociali verso la controllante ai sensi
dell’art. 2497 c. c. per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio sociale. Vi
sono, dunque, giustificate ragioni di perplessità sull’orientamento espresso dalle
sezioni unite della Corte di Cassazione. Sembra, tuttavia estremamente improbabi-
le un
revirement
ove si consideri che il principio di diritto enunciato dalle sezioni
unite costituisce il punto di arrivo di un percorso interpretativo incentrato sulla
configurabilità come azioni della massa soltanto di quelle volte a far valere un
pregiudizio subito dalla totalità indifferenziata dei creditori. In questo senso si era
infatti espressa già Cass. 8 ottobre 2001, n. 12368, ancorchè resa in punto compe-
tenza ex art. 24 L.F. e senza affrontare specificatamente il problema della
legittimazione del curatore”.
Per cogliere l’essenza delle problematiche può essere utile leggere il pensiero di
A.
Nigro
in
La responsabilità della banca nell’erogazione del credito
in Le Società n.
4/2007 pagg. 437 e segg:
"Meno semplice è delineare la figura delle responsabilità
per concessione abusiva del credito. Si può dire, comunque, che si ha tipicamente
una siffatta responsabilità nell’ipotesi in cui la banca eroghi credito o mantenga il
credito già concesso in modo “imprudente”, nel senso, specificatamente, che ha
erogato o mantenuto il credito pur conoscendo o dovendo conoscere le condizioni
di grave difficoltà economica del finanziato, con ciò violando il dovere di corretta
erogazione del credito e causando un danno ai creditori – agli altri creditori -di
quest’ultimo, sia a quelli anteriori e sia a quelli successivi all’erogazione del credi-
to, per effetto dell’apparenza di solvibilità creata dal credito irregolarmente con-
cesso e del conseguente ritardo nella manifestazione “naturale” delle effettive
condizioni patrimoniali di quel soggetto. Come è stato efficacemente scritto: “la
responsabilità della banca discende dal verificarsi di una fattispecie assolutamente
lineare nei contenuti: il non seguire, nell’esercizio o nello svolgimento del credito,
i criteri che la legge o le disposizioni dell’autorità di vigilanza o, comunque, le
regole tecniche d’esperienza proprie del diligente banchiere gli imporrebbero di
seguire. Per effetto della violazione di tali regole di comportamento, un soggetto
insolvente o immeritevole di avere credito viene finanziato e, per effetto di tale
finanziamento, quest’ultimo riesce ad occultare le sue precarie condizioni
patrimoniali alla generalità dei contraenti”. Gli elementi costitutivi di questa
fattispecie di responsabilità – che è responsabilità extracontrattuale – sono dunque
dati, per un verso, da un comportamento abusivo della banca, abusivo
specificatamente sotto il profilo della violazione del dovere di corretta erogazione
del credito e, per altro verso, da un danno per gli altri creditori. Più precisamente:
per i creditori anteriori (alla concessione abusiva), si tratta di un danno derivante
dall’aggravamento del dissesto del comune debitore e dalla conseguente diminu-
zione delle possibilità di soddisfacimento; per i creditori successivi si tratta del
danno consistente nella perdita che possono subire per aver instaurato rapporti
che non avrebbero posto in essere ove non vi fosse stata l’apparente solvibilità
creata dal credito abusivamente concesso."
C’è da rilevare che se il tema della responsabilità per rottura brutale del credito
non ha mai sollevato problemi particolari, diversamente è stato per il tema della
concessione abusiva del credito. Così, specificatamente, è stata ed è tuttora di-
scussa la stessa ammissibilità di questa figura: ancora di recente c’è stato chi ha
ritenuto di evidenziare una supposta fragilità delle sue basi normative; è stato ed
è discusso il suo inquadramento; è, infine, discusso o comunque incerto se il
comportamento della banca debba vagliarsi anche alla stregua delle modalità di
erogazione del credito (dando allora rilevanza alla regolarità o meno del modo in
cui il credito sia stato concesso) o solo in relazione alle condizioni patrimoniali
del sovvenuto”.
Ed ancora quello di
Inzitari Bruno,
in “
L’abusiva concessione di credito: pregiu-
dizio per i creditori e per il patrimonio del destinatario del credito”
“ in Le Società
n. 4/2007 pagg. 462 e segg. di cui si riporta uno stralcio: “
L’abusiva concessione di
credito comporta un pregiudizio di carattere plurioffensivo sia al patrimonio del-
l’impresa ingiustificatamente finanziata, sia alla garanzia patrimoniale offerta ai
creditori concorrenti; tale pregiudizio, in entrambi gli aspetti può essere fatto
valere dal curatore fallimentare. Per l’incompatibilità dell’impiego del finanzia-
mento con le capacità produttive del finanziato, la cui operatività viene
definitivamente ed inevitabilmente compromessa dall’insostenibilità degli oneri
finanziari e dall’allargamento dell’insolvenza, l’abusiva concessione di credito
comporta un pregiudizio e non un arricchimento del patrimonio del finanziato. Le
previsioni di esenzione dalla revocatoria della novella fallimentare piuttosto che
affievolire, impongono una perizia specifica alla banca che finanzia l’impresa in
difficoltà con necessità di valutare le effettive e concrete potenzialità di risanamento,
di escludere vantaggi egoistici della finanziatrice, come pure di tenere indenni gli
altri creditori dal rischio di un ampliamento dell’insolvenza.
13. Evoluzione normativa penale e fallimentare (Disegno di Legge n. 1741)
Come si è avuto modo di dire più volte la riforma fallimentare non è stata accompa-
gnata dalla riforma della disciplina penale fallimentare. Va tuttavia menzionato il
Disegno di Legge n. 1741 presentato da Scajola e altri che contiene una delega al
Governo per il riordino della legislazione in materia di gestione delle crisi aziendali
e contempla nella seconda parte, tra le altre, una riformulazione della bancarotta
patrimoniale, della bancarotta documentale, della bancarotta semplice, della banca-
rotta impropria da illecito societario introducendo una “zona di rischio penale”
individuata nello stato di insolvenza o nella situazione di concreto pericolo
d’insolvenza, nonché nella previsione del delitto di falsa esposizione di dati o di
informazioni in sede di apertura delle procedure di concordato preventivo, di accor-
di di ristrutturazione di cui all’art. 182 bis e di altre situazioni verificatesi nei nuovi
istituti di gestione delle crisi aziendali. A tutela della correttezza nelle fasi di aper-
tura e di svolgimento della nuova procedura di composizione concordata della crisi,
si introduce una nuova figura di delitto, che opera se e quando non sia aperta la
procedura di liquidazione concorsuale, inglobando le condotte attualmente repres-
se a titolo di mercato di voto (art. 233 della legge fallimentare).
14. La relazione nelle altre procedure concorsuali
Il disegno di legge n. 1741 prevede il delitto di falsa esposizione di dati o di
informazioni o altri comportamenti fraudolenti nell’esposizione di informazioni
false o nell’omissione di informazioni imposte dalla legge per l’apertura di proce-
dure di concordato preventivo al fine di potervi accedere, ovvero per ottenere
l’omologazione degli atti di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 182 bis L.F.,
l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria e altre situazioni che
portano a menzionare anche il riferimento ai contenuti della Relazione ex art. 33
L.F. in altre procedure concorsuali.
In primis
nella procedura di liquidazione coatta
amministrativa, caratterizzata da accertamento dello stato d’insolvenza, nel qual
caso il Commissario Liquidatore, ai sensi dell’art. 203 u.c. L.F. presenta alla Procu-
ra una relazione in conformità a quanto disposto dall’art. 33, primo comma, e
quindi una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del fallimento, sulla
diligenza spiegata dal fallito nell’esercizio dell’impresa, sulla responsabilità del
fallito o di altri e su quanto può interessare anche ai fini delle indagini preliminari in
sede penale.
Con riferimento alle indagini preliminari in sede penale va precisato che l’art. 236
L.F. estende al concordato preventivo le ipotesi di reato previste per il caso di
fallimento e conseguentemente il Commissario Giudiziale, che nell’esercizio delle
sue funzioni, venga a conoscenza della commissione di fatti riconducibili alle sud-
dette fattispecie è obbligato a darne comunicazione alla Procura della Repubblica.
Con riferimento infine all’abrogazione dell’istituto dell’amministrazione controlla-
ta e la soppressione di ogni riferimento ad esso contenuto nella legge fallimentare
(art. 147 D.Lgs. n. 5/2006), va menzionata la sentenza della Cassazione Penale,
Sezioni Unite 12.06.09, n. 24468, che dispone che l’abrogazione di detto istituto ha
determinato l’abolizione del reato di bancarotta societaria connessa alla suddetta
procedura concorsuale (art. 236 co. 2 L.F.). La stessa sentenza continua dicendo
che “
conseguentemente, qualora sia intervenuta condanna definitiva per tale reato,
il Giudice dell’Esecuzione è tenuto a revocare la relativa sentenza
”.
15. La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e
delle associazioni anche prive di personalità giuridica D.Lgs. 08/06/2001 n. 231
Con l’introduzione della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, il
legislatore, con il D.Lgs. 231/2001 ha previsto che taluni reati societari, i reati per
market abuse, per riciclaggio, per turbativa d’asta, per usura, per estorsione, per
frode fiscale per violazioni ambientali compiuti da taluni soggetti non si riversano
sull’ente se questi prova che: a) L’organo dirigente aveva adottato, prima della
commissione dei fatti, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire
reati della specie di quello verificatosi; b)Aveva istituito apposito organo di vigilan-
za; c) Le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli
organizzativi e di gestione; d) Non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da
parte dell’organo di vigilanza (art. 16 D.Lgs 231/2001).
La problematica viene evidenziata in quanto si compenetra a livello di responsabi-
lità personali dei soggetti indicati all’art. 5 del decreto con quella altrove prevista
(artt. 2392, 2393, 2394, 2407); e di ulteriore eventuale responsabilità dell’ente
(fallito); anche se di fatto non si intraveda possibilità di soddisfazione ultronea del
ceto creditorio.
16. Conclusioni
Quanto sono venuto dicendo fa capire l’ampiezza e la delicatezza degli argomenti
che il Curatore deve affrontare nella predisposizione della relazione di cui all’art. 33
L.F., che rappresenta sicuramente l’incombenza più difficile e più sofferta da parte
del Curatore medesimo. Quello che mi sento di dire è che la stesura della relazione
deve essere sorretta ed incentrata su un equilibrio di fondo, nel senso che non deve
sfociare né in un atteggiamento aggressivo, né in un atteggiamento blando od
omissivo; per attenersi ad una analisi rigorosa dei fatti.
Ed ancora detta relazione deve essere predisposta senza eccesivi differimenti anche
perché rappresenta innanzitutto un documento utile al Curatore medesimo, che nel
predisporla riesce a formarsi un quadro d’insieme delle problematiche che hanno
caratterizzato la vita della fallita, gli aspetti patrimoniali, economici e finanziari della
medesima, le cause e le circostanze del dissesto ed infine gli eventuali fatti aventi
rilevanza penale; e rappresenta anche un documento con cui riferire agli altri organi
della procedura (Giudice Delegato, Comitato dei Creditori), al Pubblico Ministero, al
ceto creditorio in generale, per la parte cui lo stesso può avere accesso, e altri.
SEGUE DA PAGINA 7
La relazione
del curatore