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NUMERO 197 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2010
IL COMMERCIALISTA VENETO
zione degli accadimenti della impresa dissestata.
E’ consigliabile, ove non sia possibile assolutamente il deposito dell’elaborato
definitivo, depositarne uno parziale, con riserva di integrazione accompagnata dalla
indicazione degli elementi da approfondire e di quelli che ostano al deposito del-
l’elaborato definitivo. In ogni caso la informativa tempestiva e costante degli organi
di controllo è fondamentale, se si pensa che di regola questo termine scade prima
della adunanza e il suo mancato rispetto potrebbe indurre i creditori a ritenere
incapace o troppo lento il curatore, giungendo ad utilizzare il 37 bis per sostituirlo
in quella sede. Resta da dire che la disposizione colpisce quei comportamenti
censurabili che tendevano a ritardare spesso immotivatamente, per anni, il deposito
di un atto fondamentale soprattutto per l’indagine penale; ora dato il contrarsi dei
tempi della prescrizione in forza di recenti provvedimenti legislativi, la celerità nel
deposito diventa elemento essenziale nel perseguimento dei reati fallimentari.
7. Rapporti riepilogativi semestrali
Nell’ambito dell’articolo 33 vi è poi la riformulazione dell’incombenza attinente
le modalità con cui il curatore è tenuto a riferire della sua gestione mediante relazioni
(rapporti semestrali). Invero la riforma del 2006 ha sostituito l’ultimo comma
dell’articolo in commento, che imponeva al curatore la presentazione al Giudice
Delegato di sommarie esposizioni mensili della sua amministrazione, con una nor-
ma che prevede la redazione, sempre da parte del curatore, di rapporti riepilogativi
semestrali.
La norma in commento non lo specifica, ma è comunque chiaro che anche i rapporti
riepilogativi, alla pari della relazione particolareggiata, debbono essere indirizzati al
Giudice Delegato.
La norma in commento richiede che il curatore alleghi ai rapporti riepilogativi il
conto della sua gestione, e cioè, considerato quanto previsto nel 1° co. dell’art. 116
L.F., non solo prospetto contabile di spese e entrate, ma anche una descrizione
della gestione della procedura, così da rendere possibile un controllo, oltre che sotto
il profilo della regolarità contabile, anche sotto quello del merito della gestione
medesima.
La trasmissione in copia dei rapporti riepilogativi al comitato dei creditori è previ-
sta allo scopo di consentire a detto organo l’esercizio del potere di vigilanza di cui
al 1° co. dell’art. 31 L.F. L’ufficio del registro delle imprese, ricevuta copia del
rapporto riepilogativo e delle eventuali osservazioni nei suoi confronti proposte
dal c.d.c. o da qualcuno dei componenti di quest’ultimo, provvederà a pubblicizzarli
tramite l’iscrizione nella sezione ordinaria del registro, a fini di pubblicità – notizia.
8. Rapporti tra programma di liquidazione e relazione ex art. 33 L.F
I due documenti, pur avvicinandosi almeno in parte per taluni elementi che devono
essere indicati in entrambi, si differenziano sotto vari profili. Anzitutto, diverse
sono le finalità: la relazione ex art. 33 ha uno scopo illustrativo e informativo, in
particolare, nei confronti del Giudice Delegato e del Pubblico Ministero in merito
ad iniziative da adottare relativamente alla conservazione del patrimonio e alle
responsabilità, civili e penali, del dissesto; mentre il programma ha carattere
programmatico ed operativo. Differente è il contenuto: la relazione deve ricostruire
le cause del dissesto, i profili di responsabilità di amministratori, di organi di
controllo, di soci ed eventualmente di soggetti terzi, mentre il programma ha un
vasto contenuto, di carattere liquidatorio e conservativo. Sovrapposizioni
contenutistiche si possono creare in ordine alle azioni risarcitorie, recuperatorie e
revocatorie previste nel programma di liquidazione e gli atti già impugnati dai
creditori e quelli che il curatore intende impugnare, ossia azioni revocatorie,
restitutorie e di simulazione, da indicarsi in modo approfondito nella relazione.
Riguardo i rapporti riepilogativi di cui all’art. 33 5° co., è stata segnalata la necessità
di un coordinamento con il programma di liquidazione dal punto di vista del conte-
nuto e dello schema organizzativo delle notizie riportate, al fine di facilitarne il
controllo e la comprensione del Giudice Delegato e del comitato dei creditori.
9. Relazione particolareggiata
9.1. Sulle cause e circostanze del fallimento (comma 1)
Per poter effettuare una ricognizione delle cause e delle circostanze del fallimento è
necessario farsi notiziare dalle persone che hanno gestito l’impresa individuale o
collettiva, che hanno avuto mansioni di direzione e comunque ruoli di collaborazio-
ne in senso lato anche nel fornire i diversi fattori produttivi, nonché attività di
controllo.
L’impresa fallita va calata nel contesto dell’economia di mercato in cui ha operato,
nell’ambito dello specifico comparto o settore di operatività e di concorrenzialità.
Le risultanze contabili, i bilanci ed i libri sociali appaiono come fonti pregnanti
nell’individuazione delle cause e delle circostanze del dissesto. Invero dall’analisi
dei libri sociali potranno essere individuate le principali operazioni compiute dai
soggetti preposti al governo dell’impresa e quindi operazioni straordinarie,
dismissioni di beni, ricorso al credito, leasing, acquisti di beni immobili, rilascio di
fideiussioni e comunque operazioni per le quali si rendano necessarie delibere
collegiali – a meno che non ci si trovi di fronte ad operazioni non deliberate, ovvero
compiute da amministratore unico o da amministratore di fatto -. Dall’analisi dei
bilanci – sempre che siano stati redatti – potranno essere individuate le sintesi dei
fatti di gestione che hanno caratterizzato l’andamento dell’attività ad iniziare dal
volume d’affari, dal valore della produzione, per seguire con l’entità dell’esposizio-
ne debitoria nei confronti dei fornitori, dei dipendenti, delle banche e dei soggetti
che in genere forniscono i fattori produttivi all’impresa: nonché le movimentazioni
intervenute nelle immobilizzazioni, nel magazzino, nell’entità del patrimonio, nelle
dismissioni di beni, nei pagamenti preferenziali, ecc..
L’analisi, comparata dei bilanci per i periodi antecedenti alla sentenza di fallimento
identificabili nell’ultimo quinquennio, consente sicuramente di pervenire
all’individuazione di un andamento che rappresentava il preludio allo stato
d’insolvenza. Nell’ambito delle analisi di natura previsionale può tornare utile
utilizzare anche dei modelli che parametrando i principali aggregati di bilancio
consentono di verificare che l’andamento della gestione degli ultimi periodi non
poteva che sfociare in un dissesto: tra questi i modelli previsionali proposti da
Altmann. Con un’analisi della “documentazione contabile” suffragata anche da una
verifica delle valutazioni effettuate nei vari periodi alle poste di bilancio (leggasi:
immobilizzazioni e ammortamenti, magazzino, crediti, partecipazioni, derivati)
sarà possibile determinare il formarsi dell’entità del dissesto ed il momento in cui la
crisi può dirsi divenuta, non più reversibile, ma irreversibile ovvero stato di
insolvenza.
Per la verità i termini di “dissesto” e di “stato di insolvenza” vengono utilizzati
attribuendo agli stessi significati coincidenti, ma va detto che lo stato d’insolvenza
esprime, in termini oggettivi, un “quid pluris” rispetto al dissesto in quanto lo stato
d’insolvenza può essere identificato con una conclamata incapacità dell’impresa a
far fronte alle proprie obbligazioni.
L’analisi delle risultanze contabili e dell’individuazione dei periodi in cui il dissesto
si è manifestato in forma irreversibile permette di identificare e di determinare
l’entità del dissesto medesimo mediante il concetto di “deficit patrimoniale” deri-
vante dalla presenza di esposizioni debitorie decisamente eccedenti rispetto all’en-
tità dell’attivo. Per la verità la nozione di deficit patrimoniale si presta a diverse
misurazioni a seconda che vengano contrapposti attivo e passivo fallimentare,
attivo e passivo contabile; con differenziate quantificazioni del danno arrecato dalla
governance, danno per la determinazione del quale diventa opportuno comparare i
deficit in momenti diversi quali ad esempio quello in cui si verifica lo scioglimento
anticipato dell’impresa e quello posteriore del fallimento.
Nella fase che rappresenta il preludio al dissesto si riscontrano per lo più il mancato
pagamento dei contributi previdenziali, delle imposte, incrementi delle linee di
credito per continuare a pagare i fattori produttivi (materie prime, utenze, persona-
le dipendente; l’estensione del credito sfocia a volte nella impostazione di piani
finanziari che rasentano il “ricorso abusivo al credito” (art. 218 L.F.) e/o anche “la
concessione abusiva del credito” che tiene in vita artificialmente l’impresa, determi-
nando aspettative fittizie nei creditori. Ma se non vi è un incremento del volume
d’affari e della marginalità e se le previsioni budgettate non trovano riscontro con i
dati consuntivanti, la situazione precipita e i piani finanziari con gli istituti di
credito non reggono e lasciano il posto a revoche degli affidamenti, iscrizioni di
ipoteche giudiziali, intimazioni al pagamento da parte di fornitori e creditori seguita
da azioni legali. Nel periodo che intercorre tra il manifestarsi della crisi e quello dello
stato di insolvenza si riscontrano per lo più dismissioni di beni che non sempre
sono fatte nel rispetto delle aspettative del ceto creditorio, pagamenti preferenziali,
patrimonio netto inesistente o negativo -cosiddetto deficit patrimoniale.
9.2.
Sulla diligenza spiegata dal fallito o di altri (amministratori, organi
di controllo etc.) e conseguenti responsabilità (co. 1); se si tratta di società
la relazione (comma 3) deve esporre i fatti accertati e le informazioni
raccolte sulla responsabilità degli amministratori e degli organi
di controllo, dei soci e, eventualmente, di estranei alla società (co. 3)
Si tratta di soffermarsi sul comportamento della
governance
dell’impresa circa
l’assolvimento degli obblighi o doveri (cosiddetti generali): dovere di diligenza e di
perseguire l’interesse sociale previsti dagli articoli 2391 1 e 2 comma e 2392 1 e 2
comma. La diligenza è uno stardard astratto di comportamento che gli amministra-
tori devono osservare: il problema è stabilire che cosa l’amministratore debba fare
in una specifica circostanza per comportarsi diligentemente. Altrettanto difficile è
determinare quale sia il contenuto dell’obbligo di perseguire l’interesse sociale.
Appare invece più immediato individuare le responsabilità derivanti dall’adempi-
mento degli obblighi specifici posti da varie leggi e dallo statuto.
Tra gli specifici obblighi, la cui violazione è più spesso stata considerata dalla
giurisprudenza e dalla dottrina, si possono menzionare: -violazione dell’obbligo di
convocare senza indugio l’assemblea per perdite (artt. 2446 e 2447 c.c.); - violazio-
ne dell’obbligo di accertare senza indugio e di iscrivere nel Registro delle Imprese il
verificarsi di una causa di scioglimento (artt. 2485 e 2486 c.c.); - mancata o non
corretta redazione dei bilanci d’esercizio; - violazioni in materia contabile e creazio-
ne di “fondi neri”; -violazioni di leggi fiscali, previdenziali, penali e di altri specifici
obblighi. Va inoltre tenuto conto che la riforma del 2003 ha profondamente modifi-
cato la disciplina della responsabilità degli amministratori in quanto: è stata rivisi-
tata la disciplina del conflitto di interessi (art. 2391 commi 1, 2, 4 e 5 c.c. ); è stata
attenuata la responsabilità degli amministratori senza deleghe mediante l’elimina-
zione dell’art. 2392 e modificando l’art. 2381 c.c.; Infine va attentamente valutata
l’attività omissiva che può essere riscontrata in capo agli organi di controllo che, a
volte, per quanto sufficientemente diligenti, non pongono in essere tutte le inizia-
tive che si renderebbero necessarie per attuare la vigilanza sull’amministrazione
della società, e vengono travolti da uno stato di inerzia che determina una respon-
sabilità dell’organo di controllo concorrente con quella degli amministratori.
9.3.Anche ai fini delle indagini preliminari in sede penale (co. 1)
Va preliminarmente osservato che l’intervento riformatore, attuato con il D.Lgs.
9.1.2006 n. 5 e con il D.Lgs. 12.9.2007 n. 169 ha novellato in profondità e in
maniera organica la disciplina concorsuale, lasciando invece immutata la connessa
materia penalistica.
Le norme incriminatrici di cui agli artt. 216 e seguenti L.F.. sono così rimaste
formalmente immutate, con le sole, estemporanee eccezioni degli art. 218 L.F. e
223, 2° co. n. 1 L.F., in tema di ricorso abusivo al credito e di bancarotta fraudolenta
societaria, precedentemente riformati ad opera dell’art. 32 L. 28.12.2005 n. 262 e
dell’art. 4 D.Lgs. 11.4.2002 n. 61.
SEGUE DA PAGINA 5
SEGUE A PAGINA 7
La relazione
del curatore