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NUMERO 197 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2010
IL COMMERCIALISTA VENETO
DIRITTO
Il patto di famiglia
ISABELLA ZANCONATO
Praticante Ordine di Vicenza
I
l passaggio generazionale
è una delle fasi più
delicate del ciclo di vita delle aziende familiari
perché rappresenta il momento in cui l’impren-
ditore, spesso fondatore dell’impresa, cede il te-
stimone e nuove forze subentrano nella gestione
aziendale.
Il momento del passaggio di testimone riguarda tutte
le imprese familiari e non può essere evitato in quanto
ha a che fare con la continuità e con le prospettive di
crescita dell’azienda.
In Italia tale tema ha assunto una connotazione negati-
va in quanto la prospettiva del mancato passaggio
generazionale viene percepita come un rischio per la
famiglia e per l’impresa stessa, nonostante esistano
soluzioni diverse in grado di garantire la continuità e la
sopravvivenza dell’impresa familiare.
Le statistiche rilevano infatti che il 10% dei fallimenti
annui delle aziende familiari derivano dalla mancata
pianificazione e gestione del passaggio generazionale.
Analizzando gli ultimi dati statistici riguardanti la di-
mensione e la composizione delle aziende italiane si
rileva che il 92% è di tipo familiare, mentre il 42% è di
impronta familiare. Inoltre, solamente il 30% delle
imprese arriva alla seconda generazione, mentre appe-
na il 15% arriva alla terza.
Partendo poi dall’ipotesi che il passaggio generazio-
nale debba avvenire circa ogni 30 anni e classificando
gli imprenditori per fasce d’età si può stabilire che il
37%degli imprenditori italiani avrebbe già dovuto pia-
nificare il passaggio generazionale mentre il 24% do-
vrà organizzarlo nei prossimi dieci anni.
Purtroppo non esiste una “ricetta” in grado di garanti-
re il successo della fase in quanto questa coinvolge
aspetti di ordine psicologico, emotivo, normativo, com-
merciale, amministrativo, fiscale, che variano da im-
presa ad impresa. Proprio per questo motivo gestire il
passaggio generazionale richiede grande lungimiranza,
un approccio strategico e lucidità di pensiero.
Ma non bisogna allarmarsi. Le modalità di gestione del
passaggio generazionale sono molteplici: interna, at-
traverso l’ausilio di strumenti giuridici come la holding
di famiglia, il trust, il fondo patrimoniale, il patto di
famiglia, ecc..,o esterna, ricorrendo agli investitori isti-
tuzionali.
Di particolare interesse
risulta lo strumento giuridi-
co del patto di famiglia, introdotto in Italia dalla legge
n.55
1
del 14 febbraio 2006 che ha fatto seguito alle
esortazioni dell’ Unione Europea nei confronti dei le-
gislatori nazionali affinché il diritto di famiglia e
successorio non fossero d’ostacolo alla successione
ereditaria nelle imprese.
Può rappresentare un aiuto nella successione delle imprese familiari?
Data la rilevanza del fenomeno family business in Ita-
lia, il legislatore, attraverso l’introduzione del patto di
famiglia, ha voluto agevolare il passaggio generaziona-
le nella speranza che tale aspetto sia fondamentale nel
contribuire allo sviluppo del Paese.
Ma vediamo se può essere veramente un aiuto.
Innanzitutto definitoriamente il patto di famiglia con-
siste nella possibilità, per l’imprenditore, di effettuare
un contratto con uno dei propri discendenti (figlio o
nipote) avente per oggetto il trasferimento immediato,
in tutto o in parte, dell’ azienda, o delle quote di parte-
cipazioni di controllo al capitale
della società di famiglia (art. 768
bis c.c.).
Al contratto, da stipularsi per
atto pubblico a pena di nullità
(art.768
ter)
,
devono partecipa-
re anche il coniuge e coloro che
sarebbero legittimari se la succes-
sione ereditaria dell’ imprendito-
re si aprisse in quel momento.
Questo punto rappresenta un li-
mite alla stipula del patto in quan-
to la partecipazione totalitaria dei
legittimari (e quindi il consenso
unanime) è una circostanza che
non di rado può creare notevoli
difficoltà.
E se sopravvengono nuovi
legittimari
2
all’apertura della
successione dell’imprenditore? La legge prevede che
quest’ ultimi possano chiedere ai beneficiari del pat-
to il pagamento di una somma corrispondente al va-
lore della quota di legittima loro spettante, aumenta-
ta degli interessi legali (art. 768 quinquies c.c.).
Un altro limite è rappresentato dal fatto che i trasferi-
menti oggetto del patto devono avvenire solo in favore
di un discendente dell’imprenditore e non in favore di
altri soggetti, quali fratelli, coniuge, altri parenti o ad-
dirittura terze persone.
Inoltre il discendente assegnatario ha l’onere di liqui-
dare gli altri partecipanti al contratto in denaro o in
natura. Questo aspetto è causa di non pochi problemi
nel caso in cui il beneficiario non abbia le risorse neces-
sarie per effettuare la liquidazione
3
.
Per quanto riguarda il profilo fiscale
il patto di
famiglia fa parte degli atti a titolo gratuito garantendo
che il trasferimento di aziende (o rami di esse) e di
partecipazioni non sia soggetto ad imposta (art. 3,
comma 4 ter del D. Lgs. 346/1990). Il tutto a condizio-
ne che i beneficiari del patto di famiglia:
1.
proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o
detengano la partecipazione di controllo per non meno
di 5 anni;
2.
dichiarino di impegnarsi a osservare quanto al punto 1.
Da ricordare che dette agevolazioni non si applicano
anche all’attribuzione (di somme di denaro o di beni)
eventualmente posta in essere dall’assegnatario del-
l’azienda o delle partecipazioni sociali in favore di
altri partecipanti al contratto, ricadendo quest’ultime
nell’ambito applicativo dell’imposta sulle successioni
e donazioni. Inoltre, nel caso in cui nell’azienda ogget-
to del trasferimento siano com-
presi beni immobili, saranno do-
vute anche le imposte ipotecarie
e catastali in misura ordinaria.
Bisogna dire
che il patto di fa-
miglia è stato istituito allo scopo
di mettere a disposizione degli im-
prenditori uno strumento giuri-
dico idoneo per consentire il pas-
saggio generazionale dei beni
produttivi nel rispetto dell’esi-
genza di salvaguardia dell’effi-
cienza dell’impresa e dei diritti
dei legittimari.
Ma se da un lato esso rappresen-
ta una deroga al divieto di patti
successori
4
in quanto permette di
anticipare la successione, di ope-
rare attribuzioni preferenziali immediate a favore di
alcuni eredi e di trasferire il patrimonio al beneficiario
senza che questo versi alcun corrispettivo, dall’ altro
lato, nonostante la possibilità di sciogliere o modifica-
re il patto mediante un diverso contratto o recesso
(art. 768
septies del c.c.), la decisione assunta dall’im-
prenditore non è poi tanto suscettibile di ripensamenti.
Infatti, nell’ipotesi
in cui dovesse essere accertato
un eventuale sconfinamento dai limiti posti dalla legge
n. 55/2006, il contratto ricadrebbe nell’ambito del
patto successorio
5
vietato, con conseguente radicale
nullità del contratto con cui si era inteso disciplinare il
passaggio generazionale dei beni produttivi di fami-
glia. Nullità alla quale, in molti casi, si potrebbe assai
difficilmente porre rimedio con accordi sostitutivi del
patto invalido: sia perché potrebbe essere accertata
dopo la morte dell’imprenditore, sulla cui autorevolez-
za non si potrebbe quindi più contare; sia
perché, anche prima dell’apertura della suc-
cessione, la situazione oggettiva potrebbe
essersi modificata
6
e i rapporti tra i succes-
sori potrebbero essersi alterati in modo tale
da rendere non più percorribile una solu-
zione concordata. Quindi, nonostante sia
stato molto pubblicizzato, molte sono le
problematiche lasciate in sospeso dal legi-
slatore
7
al punto che l’utilizzo del patto di
famiglia quale strumento di pianificazione
sicura ed efficace del passaggio generazio-
nale è stato per il momento disincentivato
a favore di strumenti più semplici come il
trust o la holding.
1
Questa legge ha novellato il Codice civile inserendo, nel Titolo IV del Libro II, il nuovo Capo V-bis (artt. da 768 bis a 768 octies) e, nell’art. 458 (che sanciva e continua a sancire
il divieto dei patti successori), la premessa «fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768 bis e seguenti».
2
Chi sono questi legittimari sopravvenuti? I figli nati dopo la stipula del patto di famiglia, i legittimari di secondo grado, viventi e il coniuge se il matrimonio è posteriore al patto.
3
N.B. I non assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni sociali possono comunque rinunciare all’attribuzione in denaro o in natura loro spettante (art. 768 quater, comma 2
del c.c.).
“I beni assegnati con lo stesso contratto agli altri partecipanti non assegnatari dell’azienda, secondo il valore attribuito in contratto, sono imputati alle quote di
legittima loro spettanti; l’assegnazione può essere disposta anche con successivo contratto che sia espressamente dichiarato collegato al primo e purché vi intervengano i
medesimi soggetti che hanno partecipato al primo contratto o coloro che li abbiano sostituiti”
(art. 768 quater, comma 3 del c.c.).
4
«
Fatto salvo quanto disposto dagli artt. 768 bis e seguenti, è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. È del pari nullo ogni atto con il quale
taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi
»
5
Il diritto successorio è connotato dal grado di vincolatività più elevato di tutto l’ordinamento e in cui il superamento dei limiti legislativi a opera dell’autonomia privata è
sanzionato spesso con la nullità.
6
Infatti, al momento della dichiarazione di nullità del patto, l’azienda potrebbe essere stata gestita da anni dal discendente assegnatario, con significativi incrementi o decrementi
di valore.
7
Rispetto a taluni interrogativi, la legge non fornisce alcuna risposta, creando un vuoto normativo difficilmente colmabile in via interpretativa.