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NUMERO 197 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2010
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Indignor quandoque bonus dormitat Homerus
1
(ovvero: della cessione di quote di
società di persone
, della
quantificazione della relativa
plusvalenza
e del
legislatore
)
NORME E TRIBUTI
FLAVIO PILLA
Ordine di Treviso
IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE A PAGINA 16
Prologo
Nel XIII canto dell’Iliade Pilemene, capo dei
Paflagoni alleati degli Achei, nonostante fosse
stato ucciso da Menelao già nel canto II, orga-
nizza le esequie del figlio Arpalione, e non è la
sola distrazione di Omero.
L’esametro con cui Orazio magistralmente espri-
me il suo fastidio per tali distrazioni, privato della
sua prima parola
2
, ha visto stravolto il suo signi-
ficato ed è divenuto il modo di dire con cui si
concede al genio, in particolare poetico, indul-
genza quando, avendone in realtà diritto quale
essere umano, si distrae.
Anche il Manzoni si distrasse: il sarto del villag-
gio, uno dei personaggi minori che l’autore si è
divertito a caratterizzare mirabilmente
3
, compare
nel capitolo XXIV e poi di nuovo nel XXIX; la
prima volta la sua famiglia si compone, oltre che
della moglie, di due figlie femmine e di un ma-
schio, la seconda volta invece i figli sono due
maschi e una bambina.
Ma non vi è motivo per concedere tale indulgen-
za al legislatore, le cui responsabilità sono ben
diverse da quelle del poeta!
Scenario
Tizio e Caio hanno tempo fa costituito, in parti
uguali tra loro, una società in nome collettivo
che ha prosperato; la società ha sempre tenuto la
contabilità sistematica in partita doppia comune-
mente chiamata ordinaria. Tizio ha investito una
parte dei suoi guadagni in altre società di perso-
ne, anch’esse redditizie, Caio invece ha acqui-
stato immobili e titoli finanziari.
Ultimamente la società ha subito perdite, ma la
struttura è solida e vengono trovati gli acquiren-
ti disposti ad acquistare le quote dei fondatori.
Tra le questioni da affrontare c’è la
quantificazione delle plusvalenze che Tizio e Caio
realizzeranno cedendo le loro partecipazioni qua-
lificate ai sensi dell’art. 67 comma 1 lettera c) TUIR
e tassate solo per il loro 40% (particolarità que-
st’ultima che non ci interessa per nulla).
Le norme
Cominciamo col radunare le norme che servono.
Il comma 6 dell’art. 68 TUIR dice, a proposito del
componente negativo della plusvalenza <<Per
le partecipazioni nelle società indicate dall’ arti-
colo 5, il costo è aumentato o diminuito dei reddi-
ti e delle perdite imputate al socio e dal costo si
scomputano, fino a concorrenza dei redditi già
imputati, gli utili distribuiti al socio.>>
La
ratio
della norma che rettifica il costo di
acquisizione aumentandolo dei redditi imputati
al socio è evidente: la quota di patrimonio netto
trasferita al cessionario comprende gli utili non
distribuiti, ma già tassati (art. 5 TUIR) per traspa-
renza in capo al cedente, che devono essere
scomputati dalla plusvalenza realizzata per non
violare il divieto della doppia imposizione solen-
nemente statuito sia dall’art. 163 dello stesso
TUIR sia dal comma 1 dell’art. 67 D.P.R. 29 set-
tembre 1973 n. 600
4
.
La norma citata dice anche che le perdite vanno
portate in diminuzione del costo, evidentemente
presupponendo che esse abbiano diminuito l’im-
ponibile del socio, nonostante ormai da quindici
anni, precisamente dal 24 febbraio 1995
5
, le per-
dite delle società di persone riducano solo i red-
diti “relativi”, cioè quelli di impresa individuale e
di partecipazione in altre società di persone.
Quindi Tizio ha diminuito gli altri suoi redditi del-
l’importo delle perdite subite dalla società, Caio
invece non lo ha potuto fare; pertanto Caio subi-
rà l’imposizione su una plusvalenza che compren-
de un importo che è già stato tassato, ciò che
viola innanzi tutto il buon senso, poi anche il
principio di uguaglianza dei cittadini davanti la
legge di cui all’art. 3 (e probabilmente anche l’art.
53 in materia di concorso alla spesa pubblica in
ragione della capacità contributiva di ciascuno)
della Costituzione, infine viola anche il divieto
della doppia imposizione così importante da do-
ver essere citato nelle due diverse norme dello
stesso identico tenore appena ricordate.
La storia della norma
Prima dell’attuale TUIR è stato in vigore, dal 1°
gennaio 1974 al 31 dicembre 1987, il D.P.R. 29
settembre 1973 n. 597 il cui art. 76 dichiarava im-
ponibili << Le plusvalenze conseguite mediante
operazioni poste in essere con fini speculativi e
non rientranti fra i redditi d’ impresa>>, formula
questa che caricava l’Amministrazione Finanzia-
ria dell’onere di provare l’intento speculativo;
da tale onere l’Amministrazione veniva esonera-
ta solo per alcune operazioni immobiliari
(lottizzazione, opere intese a rendere edificabili
terreni, rivendita nel quinquennio) e per la riven-
dita nel biennio di oggetti d’ arte, di antiquariato
o in genere da collezione.
La cessione di partecipazioni societarie venne
espressamente iscritta tra le operazioni (peraltro
non più definite speculative) generatrici di reddi-
ti diversi a partire dal 1° gennaio 1988 ad opera
dell’allora art. 81 (oggi, dopo la riforma del 2004,
art 67
6
) dell’attuale TUIR senza, peraltro, che l’art.
82 (ora 68) che disciplinava la quantificazione
delle plusvalenze, accennasse ad utili e perdite
1
“Mi arrabbio ogni volta che il grande Omero si appisola”, Quinti Orati Flacci,
Epistula ad Pisones de Arte Poetica
, verso 359.
2
Privata della prima parola la frase diventa una constatazione che va tradotta “Ogni tanto anche il grande Omero si appisola”.
3
Che al Manzoni abbia fatto piacere descrivere con tanta cura le sue figurine è evidente; non ho mai capito se tale piacere fosse fine a se stesso o se contenesse il sadico
gusto di immaginare i temi che i liceali del secolo successivo hanno dovuto ricamarci sopra.
4
<<La stessa imposta non può essere applicata più volte, in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi.>>
è il testo di entrambe le norme citate; in altra occasione manifesterò la mia rabbia per come, tralasciando di rispettare almeno dodici leggi di rinvio del termine per
l’emanazione dei testi unici, si sia arrivati a tale situazione.
5
Data di entrata in vigore del D.L. 23 febbraio 1995 n. 41, convertito con modificazione nella L. 22 marzo 1995 n. 85, il cui comma 1 dell’art. 29 ha introdotto
nell’ordinamento quello che oggi è il comma 3 dell’art. 8 TUIR che dice << Le perdite derivanti dall’esercizio di imprese commerciali e quelle derivanti dalla partecipazione
in società in nome collettivo e in accomandita semplice sono computate in diminuzione dai relativi redditi conseguiti nel periodo di imposta e per la differenza nei
successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova capienza in essi.>>.
6
Come è noto a tutti noi col 1° gennaio 2004 del TUIR contenuto nel D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 è stata stravolta la disposizione delle norme; l’operazione è stata
resa possibile dalla L. 07 aprile 2003 n. 80 che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti la riforma del sistema fiscale statale. Per motivi che
ignoro, invece di un TUIR nuovo con una sua nuova identificazione, è entrato in vigore il D. Lgs. 12 dicembre 2003 n. 344 che dice “dal 1° gennaio 2004 il TUIR di cui
al D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 è modificato come segue …” col risultato che, ora, esistono due diversi D.P.R. 917 del 1986; è da allora che mi chiedo se si sia trattato
di demenza o di sadismo, ma anche mi dico che non sapendo quale delle due ipotesi sia la peggiore, non è molto importante sciogliere il dilemma.