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NUMERO 214 - LUGLIO / AGOSTO 2013
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SOCIETÀ
MASSIMO ZAPPALÀ
Avvocato inTreviso
IL COMMERCIALISTA VENETO
I limiti della compromettibilità
in arbitri nell'arbitrato societario
SEGUE A PAGINA 30
PROFILI GENERALI
Il Titolo V del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, in attuazione alla delega conte-
nuta nell’art. 12, comma 3, l. 3 ottobre 2001, n. 366, ha provveduto ad
introdurre una disciplina speciale dell’arbitrato destinata a trovare applica-
zione nelle controversie societarie. Il medesimo si costituisce degli artt. 34,
35, 36 e 37 ove vengono enucleati i principi fondamentali del cd. «arbitrato
societario»(
1
).
Le disposizioni sull’«arbitrato societario» sono le sole sopravvissute al
percorso di graduale abrogazione del D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, prima
ad opera della L. 19 giugno 2009, n. 69 e poi del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28.
Il summenzionato D.Lgs. 05/2003 e le sole quattro norme riferite al procedi-
mento arbitrale in materia di società in esso contenute sono state introdot-
te nel tentativo di superare i limiti riscontrati nella previgente prassi al
pieno utilizzo dello strumento arbitrale (
2
).
Detto obiettivo si è tuttavia concretizzato solo in parte. Se, infatti, da un
lato, si è provveduto ad introdurre alcune precipue disposizioni ai sensi
delle quali oggi si rende possibile l’arbitrato pur in presenza di una pluralità
di parti (
3
), dall’altro, sebbene la legge delega n. 366/2001 avesse esplicita-
mente tentato di porre fine ai contrasti e alle incertezze sorte con riguardo
alla compromettibilità di talune liti societarie riferite ai cd. diritti
«indisponibili», deve rilevarsi come il Legislatore delegato non pare aver
colto appieno lo spirito della summenzionata delega.
In questo scenario il Legislatore ha altresì introdotto la possibilità per gli
arbitri di conoscere,
incidenter tantum
, di tutte le questioni pregiudiziali
insorte nell’ambito del procedimento arbitrale, anche se relative a materie
non compromettibili (
4
), oltre a consentire ai medesimi la facoltà di disporre
la sospensione della delibera assembleare impugnata (
5
). Senza pregiudizio
di quanto si dirà meglio
infra
, è dato condiviso quello che registra un’inne-
gabile
favor
per l’arbitrato manifestato dal Legislatore delegato della rifor-
ma. Lo stesso si accompagna tuttavia ad una nuova regolamentazione
alquanto specifica e pervasiva di numerosi aspetti della procedura arbitra-
le. Ed un tanto con ampia diminuzione dei margini di autonomia lasciati alle
parti (
6
). Il risultato mi pare dipinga un nuovo arbitrato settorialmente
tipizzato, facoltativo (e non imposto) nell’
an
, ma obbligatorio nel
quomodo
.
AMBITO DI APPLICAZIONE
Clausola compromissoria e compromesso nel contratto di società
L’art. 34 D.Lgs. n. 5/2003, rubricato “
Oggetto ed effetti di clausole
compromissorie statutarie
”, stabilisce che: «
Gli atti costitutivi delle so-
cietà, ad eccezione di quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio a norma dell’articolo 2325 bis del codice civile, possono, me-
diante clausole compromissorie, prevedere la devoluzione ad arbitri di
alcune ovvero di tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i
soci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al
rapporto sociale.
La clausola deve prevedere il numero e le modalità di
nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere
di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società. Ove il
soggetto designato non provveda, la nomina è richiesta al presidente del
tribunale del luogo in cui la società ha la sede legale.
La clausola è vincolante per la società e per tutti i soci, inclusi coloro la cui
qualità di socio è oggetto della controversia. Gli atti costitutivi possono preve-
dere che la clausola abbia ad oggetto controversie promosse da amministrato-
ri, liquidatori e sindaci ovvero nei loro confronti e, in tale caso, essa, a seguito
dell’accettazione dell’incarico, è vincolante per costoro. Non possono essere
oggetto di clausola compromissoria le controversie nelle quali la legge preve-
da l’intervento obbligatorio del pubblico ministero.
Le modifiche dell’atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole
compromissorie, devono essere approvate dai soci che rappresentino
almeno i due terzi del capitale sociale. I soci assenti o dissenzienti posso-
no, entro i successivi novanta giorni, esercitare il diritto di recesso
».
Il dettato normativo in parola, nel circoscrivere espressamente la propria
applicazione agli atti costitutivi delle società (
7
), esclude, in prima battuta,
ogni possibilità che la convenzione arbitrale
de qua
possa essere contenu-
ta in un atto separato. Da ciò è stato correttamente desunto che la discipli-
na di cui agli articoli 34 ss. del D.Lgs. 05/2003 trovi applicazione unicamen-
te in ipotesi di arbitrati derivanti da clausola compromissoria statutaria (
8
).
Ciò posto nulla vieterà alle parti di prevedere attraverso un diverso succes-
sivo compromesso (anziché una clausola compromissoria ex
art. 34 D.Lgs.
5/2003) di configurare un arbitrato che contenga gli elementi caratterizzanti
un «arbitrato societario». In tal caso, tuttavia, si instaurerà un arbitrato
dotato di una disciplina diversa da quella prevista dall’art. 34 D.Lgs. 5/2003
(
1
) I cui principi hanno significativamente inciso anche sulla riforma generale dell’arbitrato avvenuta nel 2006.
(
2
) Basti pensare,
inter alia
, alle difficoltà rappresentate dal (i) carattere tendenzialmente plurisoggettivo delle controversie societarie e (ii) dal possibile coinvolgimento, nelle
controversie
de quibus
, di interessi superindividuali o comunque distinti da quelli propri delle parti.
(
3
) V., a mero titolo esemplificativo, (i) l’art. 34, comma 2, ove si stabilisce che: «
La clausola deve prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo in
ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società. Ove il soggetto designato non provveda, la nomina è richiesta al presidente
del tribunale del luogo in cui la società ha la sede legale
»; oppure (ii) l’art. 34, comma 3, il quale precisa che: «
La clausola è vincolante per la società e per tutti i soci, inclusi
coloro la cui qualità di socio è oggetto della controversia
»; ed ancora (iii) l’art. 35, comma 2, ove si legge che: «
l’intervento di terzi a norma dell’articolo 105 del codice di
procedura civile nonché l’intervento di altri soci a norma degli articoli 106 e 107 dello stesso codice è ammesso fino alla prima udienza di trattazione. Si applica l’articolo
820, comma secondo, del codice di procedura civile
» ed, infine, (iv) il quarto comma del medesimo articolo prevede l’efficacia del lodo nei confronti della società, anche se
quest’ultima non abbia preso parte al procedimento arbitrale.
(
4
) Facoltà questa che la riforma del 2006 ha successivamente esteso all’arbitrato di diritto comune (cfr. il nuovo testo dell’art. 819 c.p.c).
(
5
) V. art. 35, comma 5, il quale stabilisce che «
La devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma
dell’articolo 669 quinquies del codice di procedura civile, ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità
di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera
».
(
6
) A titolo meramente esemplificativo sarà sufficiente richiamare (i) la sottrazione del potere di nomina degli arbitri alle singole parti, con buona pace del rapporto fiduciario
tradizionalmente sotteso alla carica; (ii) le forme di pubblicità della domanda arbitrale che perde i connotati di riservatezza usualmente caratterizzanti il processo.
(
7
) Sul punto mi pare superabile l’evidente discrasia lessicale tra la rubrica della norma in commento (ove il riferimento allo statuto) e l’
incipit
del primo comma (ove ci si riferisce all’atto
costitutivo). Un tanto in ragione del fatto che l’art. 2328, comma 3, c.c., dettato in tema di s.p.a., stabilisce espressamente che: «
lo statuto contenente le norme relative al funzionamento
della società, anche se forma oggetto di atto separato, costituisce parte integrante dell’atto costitutivo
», così fissando un chiaro principio di equiparazione di trattamento giuridico tra
atto costitutivo e statuto. Con riferimento alle s.r.l., sebbene la disciplina di cui all’art. 2463, comma 2, c.c., faccia riferimento unicamente all’atto costitutivo, sembra preferibile giungere
alle medesime conclusioni. La dottrina ha, infatti, da tempo stabilito che la clausola compromissoria possa essere inserita indifferentemente tanto negli statuti quanto negli atti costitutivi
delle società. In argomento v. G. Della Pietra,
La clausola compromissoria
, in AA.VV.,
Liber amicorum
Gian Franco Campobasso, Vol. 1, Torino, 2007, 210-211; R. Sali,
L’arbitrato
per le nuove società. Dodici (piccoli) nodi applicativi e qualche proposta
, in Giur. it., 2004, 444.
(
8
) Per un approfondimento sul tema v. E.F. Ricci,
Il nuovo arbitrato societario,
in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, 524; F. Carpi,
Profili dell’arbitrato in materia di società,
in Riv. arb.,
2003, 411; F. Corsini,
L’arbitrato nella riforma del diritto societario
, in Giur. it, 2003, 1258; M. Bove,
L’arbitrato nelle controversie societarie
, in Giust. civ
.,
2003, II, 437.
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