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NUMERO 214 - LUGLIO / AGOSTO 2013
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IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE DA PAGINA 26
I NUOVI ORIENTAMENTI NOTARILI DEL TRIVENETO
l’improcedibilità della domanda ed il fallimento del debitore;
- facoltà del tribunale di abbreviare il termine, già fissato da suo decreto moti-
vato, per la presentazione della proposta quando risulti che l’attività del debi-
tore è inidonea alla predisposizione della proposta stessa.
Dette recentissime modifiche legislative, tese ad evitare un uso distorto della
procedura di preconcordato (che è stata strumentalmente utilizzata a volte per
dilazionare la dichiarazione di fallimento, altre volte per sospendere azioni
esecutive in corso, altre volte ancora per prorogare abusivamente il termine del
pagamento dei creditori), rendono difficilmente sostenibile la qualificazione
della domanda di concordato in bianco come istanza con semplice funzione
organizzativa. Le facoltà e gli obblighi introdotti dal D.L. 69/2013 sembrano
inequivocabilmente incardinare la domanda di concordato in bianco all’interno
della procedura concorsuale e conseguentemente attribuirle natura di vera e
propria domanda di concordato preventivo.
Da ciò consegue l’applicazione diretta di tutte le norme sull’ordinaria domanda
di concordato preventivo anche alla domanda di concordato in bianco ed in
particolare l’applicabilità dell’art. 152, secondo comma, lettera b) l.fall. che
richiede la verbalizzazione notarile della relativa decisione.
Ulteriore argomento sistematico può ricavarsi dal raffronto tra la normativa di
riforma e quella originaria della legge fallimentare.
A questo riguardo giova ricordare che, anteriormente alla riforma di cui ai
DD.Lgss. 5/2006 e 169/2007, sulla base del combinato disposto degli originari
artt. 161, ultimo comma, e 152, secondo comma, l.fall., la domanda per l’am-
missione al concordato preventivo doveva essere approvata dall’assemblea
straordinaria delle società di capitali e delle cooperative. Inoltre, per giurispru-
denza consolidata, dal momento del deposito del ricorso per l’ammissione al
concordato derivavano effetti immediati sulla legittimazione al compimento
delle operazioni gestorie degli amministratori, i cui atti erano, ai sensi degli
originari artt. 167 e 168 l.fall., “ope legis” inefficaci se consistevano in paga-
menti di crediti anteriori al concordato o in atti di straordinaria amministrazio-
ne non previamente autorizzati. Pertanto, secondo l’orientamento tradiziona-
le, già dal deposito della domanda si verificava quella incapacità di intraprende-
re nuove operazioni che contraddistingue il passaggio dalla gestione ordinaria a
quella liquidatoria. La gravità delle conseguenze della richiesta di ammissione
alla procedura concordataria, tanto per i terzi creditori (che sarebbero stati
esposti alla ripetizione dei pagamenti resi “ipso iure” inefficaci per effetto del
semplice deposito del ricorso), quanto per i soci (che avrebbero limitato di
fatto il perseguimento dello scopo della società, approvando un atto che ne
comportava l’incapacità ad intraprendere nuove operazioni), aveva indotto
parte della giurisprudenza a ritenere necessario il controllo omologatorio del
tribunale per la relativa delibera assembleare (Trib. Roma 28 marzo 1998).
Le varie riforme della legge fallimentare, pur avendo reso maggiormente flessi-
bile l’istituto del concordato preventivo, non sembrano averne modificato la
struttura essenziale. In particolare ancora oggi si debbono ritenere vigenti (pur
con attenuazione dell’assolutezza) tanto il divieto di pagamento dei creditori
prima dell’omologa del concordato, quanto l’obbligo di autorizzazione del
tribunale per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione. L’ecce-
zionale rilievo della decisione di presentare l’istanza di ammissione al concor-
dato ha indotto il legislatore della riforma a prevedere che, nelle società di
capitali e nelle cooperative, la stessa sia soggetta a vebalizzazione notarile. In
tal senso si può leggere la relazione illustrativa al D.Lgs. 5/2006 dalla quale si
apprende che la scelta di prevedere per le società di capitali e le cooperative la
verbalizzazione notarile della decisione dell’organo amministrativo sulla do-
manda di concordato deriva da un’esigenza di simmetria con l’impostazione
della riforma del diritto societario che ha enfatizzato, per tali tipi di società, la
forma notarile come elemento perfezionativo dei procedimenti decisionali di
maggior rilevanza. Pertanto il Legislatore del 2006, da un lato ha sottratto
all’assemblea straordinaria la competenza sulla decisione di chiedere l’ammis-
sione al concordato per attribuirla all’organo amministrativo, dall’altro ha co-
munque attribuito il controllo di legalità della decisione al notaio ai sensi dell’art.
2436 c.c.. Il formalismo prescritto dall’art. 152 l.fall. trova, pertanto, tutt’oggi
la propria giustificazione nell’importanza degli effetti derivanti dalla proposi-
zione della domanda di concordato, con particolare riferimento al divieto di
iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio dell’imprenditore (art.
168, primo comma l.fall.) e di acquisire cause legittime di prelazione, salva
autorizzazione del giudice (art. 168, terzo comma l.fall.), nonchè all’obbligo di
autorizzazione del tribunale per il compimento degli atti di straordinaria ammi-
nistrazione (artt. 167 e 161, settimo comma, l.fall.). In tale prospettiva, l’inter-
vento del notaio ha la funzione di garantire un controllo di legalità rispetto ad
un atto idoneo ad incidere pesantemente sulla sfera giuridica dei terzi creditori
nonché sulla capacità di agire della società (e quindi sul concreto perseguimento
dell’oggetto sociale).
Nella procedura di preconcordato tali rilevanti conseguenze non si ricollegano
alla proposta con specificazione delle condizioni del concordato, ma alla pub-
blicazione della domanda di concordato in bianco, in quanto è da tale momento
che si verificano tanto gli effetti “protettivi” della posizione debitoria dell’im-
presa (art. 168 l.fall.), quanto le limitazioni alla capacità di agire della stessa
(art. 161, settimo comma, l.fall.). Consegue che è la decisione relativa a tale
domanda ad essere sottoposta a controllo notarile.
Quale ultima annotazione si osservi come il Legislatore abbia imposto il forma-
lismo notarile per tutti quegli atti che, eccezionalmente derogando al principio
di cui all’art. 2740 c.c., risultino idonei a limitare la responsabilità patrimoniale
generale del debitore e conseguentemente il potere di azione esecutiva dei
creditori (fondo patrimoniale ex artt. 167 e ss. c.c., atto di destinazione ex art.
2645 ter c.c., patrimoni separati ex art. 2447 bis c.c., ecc.). L’obbligo dell’inter-
vento notarile al momento della decisione sulla domanda di concordato in
bianco, dal cui deposito si verificano gli effetti paralizzanti l’iniziativa dei
creditori (divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del-
l’imprenditore e di acquisire cause legittime di prelazione), appare quindi in
sintonia con i principi generali dell’ordinamento.
Le esposte considerazioni permettono quindi di ritenere non decisivo il tenore
letterale dell’art. 152 l.fall., rilevando come il riferimento in esso contenuto alla
verbalizzazione notarile della proposta e delle condizioni trovi la propria giu-
stificazione nel fatto che, anteriormente alla disciplina introdotta dal D.Lgs.
83/2012, tali due fasi necessariamente coincidessero e che pertanto, con l’espres-
sione utilizzata, il legislatore semplicemente volesse riferirsi al momento dal
quale decorrono gli effetti di cui all’art. 168 l.fall.
Con riguardo all’istanza di concordato fallimentare, invece, nessuna novità è
stata introdotta con il D.L. 83/2012 convertito con L. 134/2012, né con il D.L.
69/2013 convertito con L. 98/2013.
Solo nel concordato preventivo, infatti, si presentava l’esigenza pratica di
anticipare gli effetti “protettivi” del patrimonio dell’impresa previsti dall’art.
168 l.fall. in un momento in cui non fossero ancora definiti i contenuti della
proposta concordataria.
Pertanto nel concordato fallimentare il contenuto tipico ancor oggi previsto
dalla legge per la relativa decisione è riferito tanto alla domanda quanto alla
proposta e alle condizioni del concordato (in quanto tutti tali elementi devono
sussistere nella decisione verbalizzata dal notaio ai sensi dell’art. 152 l.fall.).
La differenza tra il contenuto della decisione sulla domanda-proposta di am-
missione al concordato fallimentare rispetto a quello della decisione sulla do-
manda di ammissione al concordato preventivo si riflette sui poteri di controllo
attribuiti al notaio verbalizzante. Ciò discende direttamente dall’interesse che
il Legislatore ha ritenuto di tutelare imponendo, per la decisione di approva-
zione della richiesta di ammissione al concordato, gli obblighi di verifica e di
iscrizione nel registro imprese previsti dall’art. 2436 c.c.
Nel concordato fallimentare, ove le esigenze di anticipazione degli effetti
protettivi del patrimonio del debitore al momento della generica decisione di
presentare la richiesta di ammissione al concordato non sussistono in quanto
gli stessi sono già garantiti dal fallimento cui l’imprenditore che propone il
concordato è sottoposto, il controllo del notaio verbalizzante garantisce ai soci
e ai terzi che l’
iter
decisionale sia stato posto in essere dall’organo competente
(si ricorda che lo statuto può derogare alla competenza “naturale” dell’organo
amministrativo ex art. 152, comma 2, l.fall.), che siano stati rispettati i limiti
temporali di cui all’art. 124, comma 1, l.fall. e che la decisione approvi non solo
la domanda ma anche le condizioni del concordato, anche e soprattutto in
relazione alla circostanza che in base alla riforma di cui ai DD.Lgss. 5/2006 e
169/2007 è possibile attuare un concordato con varie operazioni straordinarie:
emissione di prestiti obbligazionari convertibili; emissione di titoli di debito;
conferimenti di rami di azienda in società preesistenti o di nuova costituzione;
aumenti di capitale riservati ai creditori; fusioni; scissioni; ecc.. Non appare,
comunque, rilevante, nemmeno in ipotesi di concordato fallimentare, un con-
trollo notarile sulla fattibilità concreta del piano concordatario, peraltro estra-
neo alla competenza meramente giuridica del notaio verbalizzante, e che la
stessa legge attribuisce ad un professionista specifico (il c.d. attestatore).
Nel concordato preventivo, invece, ove la verbalizzazione notarile è richiesta
anche per l’approvazione della domanda di concordato in bianco, il controllo
del notaio verbalizzante garantisce ai soci e ai terzi solo che l’
iter
decisionale
sia stato correttamente posto in essere dall’organo competente.
Ciò importa per il notaio verbalizzante la necessità di verificare che l’organo
amministrativo (o il diverso organo statutariamente previsto) si riunisca e
decida nella sua composizione generale e non per mezzo di comitati esecutivi
(o assemblee separate qualora lo statuto di cooperativa preveda la competenza
assembleare) o amministratori delegati; che lo stesso sia pienamente in carica al
momento della decisione e quindi che non ricorrano ipotesi di “prorogatio”
(per scadenza del termine di durata della nomina, o perché sia venuta meno la
maggioranza degli amministratori, o perché sia venuto meno anche uno solo di
essi in presenza di clausola statutaria “simul stabunt, simul cadent”), in quanto
in tali casi l’organo amministrativo può compiere solo atti di amministrazione
ordinaria ai sensi dell’art. 2386, ultimo comma c.c.; che la convocazione sia
avvenuta secondo quanto previsto dallo statuto; che la adunanza si svolga con
le modalità di legge e di statuto.
In conclusione, il controllo del notaio
verbalizzante ha ad oggetto il conte-
nuto tipico previsto dalla legge per la specifica decisione verbalizzata e quindi:
nel concordato fallimentare è riferito tanto alla domanda quanto alla proposta
e alle condizioni del concordato; nel concordato preventivo è riferito alla sola
domanda, poiché in tale caso la proposta e il piano possono non essere appro-
vati contestualmente alla domanda ai sensi dell’art. 161, comma 6, l.fall.