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NUMERO 205 - GENNAIO / FEBBRAIO 2012
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Il modello di organizzazione, gestione,
controllo ex D. Lgs. n. 231/2001
NORME E TRIBUTI
STEFANIA CENTORBI
Ordine di Venezia
IL COMMERCIALISTA VENETO
SEGUE A PAGINA 20
1) Dalla lettura delle norme ad una visione
organizzativa ed integrata
È ormai noto come il Decreto Legislativo 8 giugno 2001
n. 231 (di seguito, per brevità, anche “decreto”), in tema
di “Disciplina della responsabilità amministrativa delle
persone giuridiche, delle società e delle associazioni,
anche prive di personalità giuridica (…
omissis...
)” ab-
bia introdotto nel nostro ordinamento giuridico una par-
ticolare forma di responsabilità a carico degli “enti”,
così come d’ora innanzi verranno genericamente indivi-
duati tutti i soggetti cui è applicabile la normativa, tra i
quali, in particolare, le società.
In termini assolutamente generali e sintetici, il decreto
stabilisce come sia possibile configurare una respon-
sabilità amministrativa (
rectius
, penale) in capo ad
una società, nel caso in cui una o più persone fisiche
appartenenti alla sua articolazione organizzativa ab-
biano realizzato specifiche tipologie di reato (cosid-
detti “reati-presupposto” o “reati-rilevanti”), agendo
nell’interesse o a vantaggio della società stessa
1
.
Anche laddove l’autore del reato operi nell’interesse o
a vantaggio della società, tuttavia, il legislatore stabili-
sce alcune condizioni (virtuose!) al realizzarsi delle
quali la suddetta responsabilità può essere “neutraliz-
zata” dall’ente medesimo.
Sempre in termini generali e sintetici
2
, la società potrà,
infatti, escludere la propria responsabilità amministra-
tiva
ex
D. Lgs. n. 231/2001 provando, anzitutto, che il
suo organo dirigente ha adottato ed efficacemente at-
tuato, prima della commissione del fatto (reato), un
Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (di
seguito, per brevità, anche solo “Modello
Organizzativo” o “Modello”) idoneo a prevenire reati
della specie di quello verificatosi. In secondo luogo,
dovrà essere provato che il compito di vigilare sul
funzionamento e l’osservanza del Modello
Organizzativo, nonché di curarne l’aggiornamento, sia
stato affidato ad un organismo dell’ente (cosiddetto
“Organismo di Vigilanza”), dotato di autonomi poteri
di iniziativa e di controllo, il quale organismo, peraltro,
non dovrà aver posto in essere comportamenti (negati-
vi) di omessa o insufficiente vigilanza. In terzo luogo,
dovrà essere dimostrato che l’autore del reato ha opera-
to eludendo fraudolentemente il Modello stesso.
Le “caratteristiche” di quello che potremmo definire il
“sistema organizzativo” esimente sono quelle che ven-
gono di seguito sinteticamente descritte e che consen-
tono di classificare il Modello Organizzativo come:
i)
idoneo (a scongiurare il rischio di reato);
ii)
preventivo
(adottato preventivamente rispetto al reato);
iii)
at-
tuato (efficacemente realizzato e funzionante);
iv)
pre-
sidiato (monitorato dall’organismo a ciò preposto).
E’ chiaro, quindi, l’intento del legislatore di liberare
Una
compliance
di secondo livello
l’ente da responsabilità laddove lo stesso abbia tenuto
uno specifico comportamento organizzativo virtuo-
so, consistente nella realizzazione di un vero e pro-
prio “sistema organizzativo” (di seguito, per brevità,
“Sistema 231”)
compliant
rispetto a quanto stabilito
dalla norma e caratterizzato da una dinamica articola-
zione di due componenti: da un lato, il Modello
Organizzativo, dall’altro, l’Organismo di Vigilanza.
Mentre con riferimento alle caratteristiche ed al fun-
zionamento dell’Organismo di Vigilanza nulla viene
stabilito dal legislatore, vengono, viceversa, fornite dalla
normativa specifiche indicazioni riguardo ai “conte-
nuti” del Modello Organizzativo
3
.
In base all’art. 6 del decreto, il Modello deve consen-
tire l’individuazione dei seguenti aspetti/elementi
:
1)
attività a rischio (quelle nel cui ambito posso-
no essere commessi reati);
2)
specifici protocolli relativi ai processi deci-
sionali dell’ente (per programmare la formazione ed
attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati
da prevenire);
3)
modalità di gestione delle risorse finanziarie ido-
nee ad impedire la commissione dei reati;
4)
flussi di informazione verso l’Organismo di
Vigilanza (obbligatori);
5)
sistema disciplinare (idoneo a sanzionare il man-
cato rispetto delle misure previste dal Modello).
In base all’art. 7, in relazione alla natura ed alla dimen-
sione dell’organizzazione, nonché al tipo di attività
svolta, il Modello deve prevedere misure idonee a ga-
rantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della
legge ed a scoprire ed eliminare, tempestivamente, si-
tuazioni di rischio, nonché prevedere:
a)
una verifica periodica e l’eventuale modifica
dello stesso quando sono scoperte significative viola-
zioni delle prescrizioni, ovvero quando intervengono
mutamenti nell’organizzazione o nell’attività dell’ente;
b)
(di nuovo) un sistema disciplinare idoneo a
sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate
nel modello.
Alla luce dei citati contenuti del Modello, come previ-
sti dal legislatore, si conferma la correttezza di visione
del Modello Organizzativo come parte di un più ampio
sistema di organizzazione aziendale
compliant
rispetto
al D.Lgs. n. 231/2001, articolato e dinamico
4
, di cui il
Modello costituisce tuttavia l’elemento centrale.
Né si può negare l’accento posto dal legislatore sui
“protocolli decisionali” orientati a guidare le decisioni
dell’ente (sempre nella prospettiva di prevenzione dei
reati-rilevanti) che, in termini puramente organizzati-
vi, si traducono, da un lato, nella corretta definizione e
gestione del “sistema di deleghe”, ossia di un chiaro
sistema di assegnazione di ruoli, responsabilità e po-
teri ai soggetti che operano nell’organizzazione, dal-
l’altro, in un codificato “sistema di politiche e proce-
dure”, ossia in un sistema che definisca in modo coe-
rente il
modus operandi
aziendale, nella sua totalità e
complessità, dalla individuazione dello stile direzio-
nale fino alla “tracciatura” delle procedure operative
5
.
Da quanto sopra esposto, con specifico riferimento
all’implementazione del Modello Organizzativo nelle
realtà societarie, emerge in modo chiaro che il Sistema
231, una volta implementato, agisce in profondità sul-
la struttura dell’azienda, sulla sua organizzazione e
sulla quotidiana operatività, rivelandosi, di fatto, tan-
to più efficacemente attuato, quanto più risulti inte-
grato nella cultura e nei processi decisionali ed opera-
tivi della stessa.
2) Normative ad “impatto” organizzativo
La scelta di aderire alle disposizioni del D.Lgs. n. 231/
2001 è, in linea generale, una facoltà (
rectius
, un onere,
tenuto conto della incombente responsabilità ammini-
strativa) per le società
6
ma altre normative cogenti a
carattere fortemente organizzativo non lo sono e risul-
tano, o dovrebbero risultare, già applicate dalle azien-
de: delle stesse si dovrà adeguatamente tener conto in
sede di definizione ed implementazione del Modello
Organizzativo. Mentre alcune di tali normative “a
carattere organizzativo” riguardano trasversalmente le
aziende di tutti i settori, pure caratterizzandosi per
1
Con ciò escludendosi la responsabilità amministrativa della società, laddove la persona fisica abbia agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.
2
Non viene in tal sede affrontata la distinzione tra soggetti agenti in posizione di “apicali” o di “sottoposti”, secondo la distinzione operata dall’art. 5, comma primo, del decreto,
in relazione alla quale la presenza del Modello genera un diverso “impatto” sotto il profilo probatorio.
3
In relazione alle caratteristiche ed ai compiti dell’Organismo di Vigilanza, nonché ai contenuti del Modello, nel corso del tempo vi sono stati notevoli contributi di dettaglio
che hanno colmato o dato corpo alle assenti o sintetiche indicazioni normative, oltre che da parte della dottrina giuridica ed aziendalistica, da parte di Confindustria e della
giurisprudenza nel frattempo intervenuta. Data la natura applicativa e non teorica del presente scritto, tali contributi, non verranno analizzati in dettaglio, ma vengono
comunque segnalati in quanto hanno tutti orientato lo sviluppo delle metodologie con cui progettare e realizzare sistemi organizzativi aziendali che siano
compliant
rispetto al
D.Lgs. n. 231/2001.
4
Con riferimento al carattere dinamico del modello si pensi solo alla necessità di aggiornamento e modifica nel tempo, alle attività di controllo e monitoraggio svolte
dall’Organismo di Vigilanza, all’interattività generata dai flussi informativi verso quest’ultimo previsti dal Modello stesso.
5
E’ appena il caso di far notare, peraltro, che la formalizzazione del
modus operandi
potrà avvenire sia attraverso procedure documentali ed operative, sia attraverso procedure
ed attività di tipo informatico.
6
Ciò fatta salva l’obbligatorietà degli stessi per le società emittenti che intendano quotarsi al segmento S.T.A.R., secondo quanto previsto dai regolamenti di Borsa Italiana, o
i casi in cui l’adozione del modello venga richiesta da talune regioni italiane, con riguardo a determinati ambiti di operatività.