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NUMERO 199 - GENNAIO / FEBBRAIO 2011

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La cessazione dei sindaci dal loro ufficio

DIRITTO SOCIETARIO

IL COMMERCIALISTA VENETO

ELISABETTA FLOCCARI

Ordine di Treviso

Brevi note sull'efficacia della stessa e sulle conseguenze di una mancata nomina di un nuovo Collegio Sindacale

Premessa

Recenti pronunce giurisprudenziali offrono lo spunto per effettuare alcune rifles-sioni sul tema dell’efficacia da attribuire alla rinuncia da parte dei sindaci al proprio ufficio e sugli effetti dell’eventuale mancata nomina di un nuovo organo di control-lo. Ci si riferisce in particolare alla sentenza emessa il 15 ottobre 2009 dal Tribunale di Napoli 1 ed ai provvedimenti del 2 agosto 2010 e 1° marzo 2011 emessi dal Giudice del Registro rispettivamente del Tribunale di Milano 2 e del Tribunale di Treviso. Partendo dal principio della immediata efficacia delle dimissioni dei sinda-ci, già condiviso da parte della dottrina 3 e ribadito dalla recente giurisprudenza testé citata, si cercheranno di indagare le conseguenze che dovrebbero manifestarsi in capo alla società, qualora non si addivenisse in tempi brevi alla nomina di un nuovo organo di controllo.

Efficacia della cessazione del rapporto sindacale

La cessazione dei sindaci dal proprio ufficio avviene, di norma 4 , per le seguenti ragioni:

- per scadenza del termine (art. 2400, primo comma, c.c.);

- per revoca da parte dell’assemblea in presenza di giusta causa (art. 2400, secondo comma, c.c.);

- per morte, rinunzia o decadenza (art. 2401, primo comma, c.c.).

Sotto il profilo normativo, la cessazione per scadenza del termine trova piena disciplina nell’art. 2400 del codice civile il quale dispone che la stessa abbia effetto dal momento in cui il Collegio è stato ricostituito. In tale circostanza il legislatore, nell’ambito della riforma del diritto societario attuata con il D.Lgs. 17 gennaio 2003 n.6, ha infatti espressamente previsto l’applicazione del regime di prorogatio , che invece non trovava esplicita conferma nel previgente art. 2400 c.c..

Relativamente alla revoca del sindaco, questa può avvenire unicamente in presenza di giusta causa e attraverso una apposita delibera assembleare che dovrà essere approvata con decreto da parte del Tribunale. Solo con l’emanazione del predetto decreto si avrà la cessazione del sindaco dal proprio ufficio 5 . Nel caso di morte, rinunzia o decadenza del sindaco, l’art. 2401 del c.c. dispone il subentro da parte dei sindaci supplenti, i quali restano in carica fino alla prima assemblea successiva al loro insediamento, la quale dovrà provvedere alla nomina dei sindaci effettivi e supplenti necessari per l’integrazione del collegio. Qualora il subentro dei sindaci supplenti non garantisca il completamento dell’organo di controllo, “deve essere convocata l’assemblea perché provveda alla integrazione del collegio medesimo”

(art. 2401 c.c. ultimo comma).

E’ proprio questa l’ipotesi su cui si è recentemente espressa la giurisprudenza citata in premessa, affermando il principio in base al quale nel caso di rinuncia del sindaco al proprio ufficio, questa ha effetto immediato anche in mancanza di sinda-ci supplenti idonei a reintegrare il collegio. Rilevano infatti entrambi i Giudice del Registro, che l’applicazione del regime di prorogatio , espressamente prevista dal legislatore per l’ipotesi di cessazione dei sindaci dovuta a scadenza dell’incarico, non viene riproposta dall’art. 2401 del codice civile nel caso di morte, rinunzia o decadenza dei sindaci, né è ricavabile da un principio generale dell’ordinamento. Un’applicazione analogica dell’istituto della prorogatio (previsto appunto dall’art. 2400 c.c. per i sindaci nell’ipotesi di scadenza del mandato ed inoltre dall’art. 2385 c.c. per gli amministratori qualora a fronte della rinunzia non rimanga in carica la maggioranza dell’organo amministrativo) non appare consentita, poiché la

prorogatio costituisce una eccezione alle norme che fissano la durata in carica degli organi ed è quindi applicabile nei soli casi espressamente previsti 6 .

Inoltre, l’esigenza di garantire la continuità di funzionamento dell’organo ammini-strativo (in relazione alla quale l’art. 2385 c.c. dispone la prorogatio degli ammini-stratori), non pare possa avere valenza analoga nel caso dell’organo di controllo 7 . Dello stesso avviso anche il Tribunale di Napoli che, nella sentenza citata in pre-messa, ritiene ammissibile una vacatio del Collegio Sindacale. 8

Nell’ipotesi di cessazione (immediata) dei sindaci per dimissioni, ove il subentro dei sindaci supplenti non garantisca il completamento dell’organo di controllo, spetterà quindi all’assemblea, che dovrà essere all’uopo convocata, provvedere alla nomina dei nuovi sindaci necessari per l’integrazione dell’organo di controllo. E se l’assemblea non venisse convocata oppure se convocata non provvedesse alla integrazione del Collegio?

Brevi cenni in merito alla nomina del Collegio Sindacale

Per cercare di chiarire quali possano essere le conseguenze derivanti dalla mancata nomina del Collegio Sindacale, sia essa “voluta” o meno, si ritiene utile ripercorrere brevemente le norme che disciplinano la nomina di tale organo.

Anche dopo la riforma del diritto societario il nostro ordinamento ha mantenuto, seppure con talune eccezioni (si pensi all’opzione per il sistema dualistico o monistico), la previsione di istituzione obbligatoria del Collegio Sindacale quale organo di controllo nelle società di capitali azionarie e, in talune circostanze, nelle società a responsabilità limitata. In particolare, nell’ambito delle società per azioni, la nomina del Collegio Sindacale avviene per la prima volta nell’atto costitutivo e successivamente da parte dell’assemblea degli azionisti. Ai sensi dell’art. 2328 c.c. l’atto costitutivo deve infatti indicare “il numero dei componenti il collegio sindacale”….”la nomina dei primi amministratori e sindaci….”.

Nelle società a responsabilità limitata l’art. 2477 c.c. prevede l’obbligatoria nomina del collegio sindacale:

1. se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo previsto

per le spa;

2. se la società risulta tenuta alla redazione del bilancio consolidato; 3. se controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; 4. se per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indi-cati dal primo comma dell’art. 2435 bis del c.c. 9 . In tale ultimo caso, l’obbligo cessa se per due esercizi consecutivi i citati limiti non vengono superati. 10 E’ interessante rilevare come, a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs 39/2010 (Riforma della revisione legale), l’ultimo comma del sopra citato art. 2477 c.c. preveda che nell’ipotesi di nomina obbligatoria di cui al precedente numero 4 la stessa possa essere effettuata, in caso di inerzia dell’assemblea, dall’autorità giudiziaria su istanza di un qualunque soggetto interessato 11 . In occasione del recepimento della direttiva comunitaria che ha determinato la riforma della revisio-ne legale dei conti, il Legislatore ha quindi fornito una possibilità per sanare alcune situazioni patologiche (forse le maggiormente frequenti, sicuramente quelle più difficilmente rilevabili) derivanti dalla mancata nomina dell’organo di controllo

1 In Foro Italiano n. 6/2010, pag. 1965.

2 Nella rivista “Le società” n. 11/2010, pag. 1310 e ss. con commento di Vincenzo Salafia.

3 Sul tema si veda Paolo Talice Applicabilità della prorogatio ai sindaci rinunzianti dopo la riforma del diritto societario in Le società n. 1/2008 pag. 24 e ss., che, fra l’altro, richiama l’Orientamento del Comitato Triveneto dei Notai in materia di atti societari n. H.E.1 del settembre 2006.

4 Altre cause di cessazione possono essere previste dalla legge o da regolamenti.

5 Così Cassazione 12 dicembre 2005 n. 27389. Sulla circostanza per cui il decreto del Tribunale costituisca una fase necessaria e terminale del procedimento preordinato alla revoca si veda anche Cassazione 1999 n. 7264. Si segnala peraltro l’esistenza di giurisprudenza (Trib. Roma 17 gennaio 1997 e Trib. Milano 4 novembre 1986) che ha ritenuto sufficiente l’esercizio dell’azione di responsabilità verso i sindaci, deliberata con la maggioranza qualificata di un quinto, per determinare la revoca dei sindaci senza necessità del decreto del Tribunale (in Codice Civile e leggi collegate – Commento giurisprudenziale sistematico G. Cian, CEDAM, nel commento all’art. 2400 cc).

6 Così la Corte Costituzionale nella pronuncia n. 208 del 4 maggio 1992 che recita “Infatti poiché … è da escludersi l’esistenza di norme dalle quali possa trarsi la generalità del principio, deve arguirsi che ogni proroga... può aversi soltanto se prevista espressamente dalla legge e nei limiti da questa indicati”. In banca dati Utet giuridica.

7 In tal senso sempre il Giudice del Registro di Milano nella citata pronuncia del 2 agosto 2010.

8 Vedi anche Efficacia delle dimissioni dei sindaci di Maurizio Meoli nella rivista “Il Fisco” n. 1/2011 pag. 72 e ss., il quale nel trattare l’argomento analizza anche la sentenza in questione.

9 I limiti sono i seguenti: 1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale pari ad Euro 4.400.000, 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni pari ad Euro 8.800.000, 3) dipendenti occupati in media durante l’esercizio pari a 50 unità.

10 Così l’art. 2477 del Codice civile rubricato “Collegio sindacale e revisione legale dei conti”. Al di fuori dei casi di nomina obbligatoria, l’atto costitutivo può comunque prevedere la nomina dei un collegio sindacale o di un revisore, determinandone in tal caso competenze e poteri.

11 Art. 2477 c.c. ultimo comma: “L’assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al secondo e terzo comma deve provvedere, entro trenta giorni, alla nomina del collegio sindacale. Se l’assemblea non provvede, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato”.

SEGUE A PAGINA 28

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