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NUMERO 219 - MAGGIO / GIUGNO 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
FUORI CAMPO IVA
Cavalier Stibbert
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Numero chiuso l'8 settembre 2014 - Tiratura 11.800 copie.
I
l mio amico Giuseppe mi ha
fatto un regalo. E’ un libro
di grande formato, che rac-
coglie disegni di vestiti in un
migliaio di pagine.
E’ un’edizione dell’Istituto Italia-
no d’Arti Grafiche del 1914 che
riproduce i bozzetti lasciati dal
Cavalier Stibbert.
Il Cavalier Stibbert era un inglese
che ha combattuto con i garibaldini
e, innamorato dell’Italia, ha lascia-
to al Comune di Firenze una gros-
sa raccolta di armi e di armature e
un’infinità di bozzetti, di ripro-
duzioni, di vestiti a partire dagli
abitanti della Gran Bretagna al-
l’epoca della conquista romana per
passare, poi, con un ordine crono-
logico, agli altri paesi e arrivare,
alla fine, alle acconciature
“muliebri” della Francia alla fine
del 1700. Interessantissimo.
Interessantissimo anche perché,
come spiega bene il Cavalier
Stibbert, “L’abito è qualche cosa
di più del semplice abbigliamento
del corpo umano; è anche la veste,
per così dire, delle idee; e nulla ser-
ve meglio del modo di vestire a de-
notare lo spirito, gli usi e la civiltà
di un popolo”. Scorrendo le pagine, que-
sto concetto appare evidente.
Monotoni, senza colori, e tristi sono gli
indumenti del Medioevo.
Incredibile è lo sfarzo dei vestiti del 1600.
Mi sono venuti in mente gli affreschi
romani, egizi, e quelle bellissime imma-
gini nei ritratti del Fayyum. Ma, come al
solito, mi è venuta voglia di andare a ve-
dere anche il peso di Venezia in questo
campo. Voglio ricordare la monumentale
opera di Cesare Vecellio, secondo cugino
del grande Tiziano, nato anche lui a Pieve
di Cadore, nel 1521 e morto a Venezia
nel 1601. Questo Vecellio era un grosso
produttore di stampe. In una tipografia
a Venezia a San Moisè, ha inciso “Habiti
antichi et moderni di diverse parti del
mondo”. In due volumi
Purtroppo la maggior parte di questi vo-
lumi è stato distrutto da spregiudicati com-
mercianti per recuperare le incisioni e ven-
derle singolarmente: se andate amercatini
potete, ancora, trovarne alcune.
Anche il Vecellio comincia dagli antichi
romani: affascinante la riproduzione di
un patrizio con la sua stola sfarzosa.
Velocemente però arriva agli abiti del
500, a Venezia. Ve ne allego una: “habito
della confraternita deputata alla iustitia”.
La descrizione sotto la tavoletta porta:
“ l’abito è molto spaventevole, portato per
accompagnare i malfattori alla morte”.
Bellissime sono le stampe degli abiti fem-
minili.
Ma abbiamo dovuto aspettare il 1700
per avere i primi giornali dedicati alle
donne e potere così parlare di moda e di
malizia femminile. ’ editoreAlbrizzi, che
aveva negozio a San Beneto, dove anche
oggi abbiamo il CampoAlbrizzi. Nell’an-
no 1786 ha iniziato a pubblicare un gior-
nale quindicinale: “La donna galante ed
erudita”.
Nelle ultime due pagine del giornale ve-
nivano riprodotti i vestiti allora di moda.
Sono stampe bellissime e molto interes-
santi che punteggiano il variare della
moda e della morale.
Bellissimo è anche vedere l’intesta-
zione del giornale che usciva a Vene-
zia e Parigi ed era sottotitolato “gior-
nale dedicato al bel sesso”.
Albrizzi pubblicava, da tempo, an-
che un altro giornale: “Nuovo
postiglione: novelle del mondo”
che riassumeva, settimanalmente,
cosa accadeva nel mondo: notizie
serie, ma anche moda e pettego-
lezzi. Questo giornale è uscito, per
ben 75 anni consecutivi, fino al
1816. Le sue notizie e le sue cu-
riosità hanno visto la caduta della
Repubblica, attraversato la Rivo-
luzione francese, il periodo
napoleonico e l’occupazione au-
striaca ed ha chiuso dopo il con-
gresso di Vienna.
La storia degli abiti non è una cosa
che interessa a moltissimi, ma si-
curamente è un argomento di gran-
de importanza e, per noi, per l’Ita-
lia, per le nostre tradizioni, rap-
presenta anche un punto di forza
nel mercato mondiale.
Basta andare a vedere il Museo
Mocenigo a Venezia, nella sua
nuova ristrutturazione.
Non è vero che sia un argomento
riservato alle sole signore.
I vestiti rappresentano, nel tem-
po, il rapporto che gli uomini e,
soprattutto, le donne hanno con
la società: evidenziano il gusto, il
modo di vivere, il grado di libertà,
la cultura, l’umore e, alla fine, anche la
ricchezza e il benessere dei cittadini.
possibile comportamento del profes-
sionista. In questo senso, la stessa ru-
brica della disposizione [l’art. 2235],
pur non avendo valore normativo, ri-
sulta indicativa della
ratio legis
. […]
Per questo il professionista può uti-
lizzare le cose e i documenti ricevuti,
al fine di provare l’entità e la natura
dell’attività professionale svolta»
6
.
Per quanto riguarda
il Commercia-
lista, prima dell’entrata in vigore del
D.Lgs. 139/2005 istitutivo dell’Ordi-
ne dei Dottori Commercialisti e degli
Esperti Contabili, vigeva l’abrogato
D.P.R. 1067/1953 che all’art. 49 sta-
biliva che al professionista è fatto di-
vieto di ritenere gli atti, i documenti e
le scritture ricevute dai clienti. Il me-
desimo articolo contemplava la
possibilità per il Consiglio dell’Ordi-
ne di disporre il deposito degli atti e
dei documenti, della cui restituzione
si controverteva, presso la propria
sede e di adoperarsi per la composi-
zione amichevole della questione. Il
previgente Codice Deontologico dei
commercialisti, all’art. 18, stabiliva,
poi, che il dottore commercialista è
tenuto alla rigorosa osservanza anche
dell’art. 2235 c.c., mentre l’attuale
all’art. 25 c. 6, prevede il divieto di
ritenere i documenti e gli atti ricevuti
dal cliente a causa del mancato paga-
mento degli onorari o per il mancato
rimborso delle spese anticipate
7
.
Particolare cautela
va infine osser-
vata durante il periodo di ritenzione dei
documenti del cliente, inquantogli stessi
potrebbero contenere dati personali e
sensibili, ossiaelementi riconducibili alla
sfera patrimoniale del cliente stesso o
idonei a rivelare il suo stato di salute.
Tali elementi vanno quindi gestiti con la
massima cautela e correttezza; un uso
improprio degli stessi porterebbe infat-
ti a configurare una violazione alle di-
sposizioni del D.Lgs. 196/2003.
Concludendo
– Da tutto quanto so-
pra, si ritiene che non vi sia spazio ad
interpretazioni che possano portare a
conclusioni diverse da quanto previ-
sto dalle norme in precedenza citate:
la ritenzione dei documenti è, in gene-
rale, esclusa per tutti i professionisti,
con le poche eccezioni in precedenza
descritte. Un comportamento diver-
so, nell’eventualità di un esposto inol-
trato al Consiglio dell’Ordine da parte
dell’ex cliente, obbligherebbe il Consi-
glio stesso all’apertura di un procedi-
mento disciplinare nei confronti del
commercialista ritenuto inadempiente.
I professionisti possono, però, trat-
tenere i documenti ricevuti dal cliente
per il tempo strettamente necessario
alla tutela dei propri diritti, e con ciò
si intende la predisposizione del pre-
avviso di parcella ai fini di un even-
tuale opinamento (se e quando possi-
bile), e la predisposizione di tutte
quelle allegazioni ritenute necessarie
in caso di ricorso alle vie legali.
Eventuali cautele nei confronti del
cliente vanno adottate
ex ante
; al mo-
mento della risoluzione del rapporto
in genere è già troppo tardi. Anche se
in effetti va riconosciuto che talvolta
è più facile dirlo e scriverlo che non
metterlo in pratica.
La ritenzione
dei documenti
SEGUE DA PAGINA 2
6
Musolino, nota alla sentenza Cass.
SS.UU. n. 3033 cit.
7
Idem.