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NUMERO 218 - MARZO / APRILE 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
NORME E TRIBUTI
ANDREAZANETTI
Ordine di Verona
Lo Statuto del contribuente
SEGUE A PAGINA 9
P
UR CONTINUAMENTE IGNORATO, cal-
pestato e vilipeso, lo Statuto, timidamente e
lentamente ma inesorabilmente, insinua nelle
fessure della “oligarchia” del potere statale
1
,
principi di equità e giustizia amministrativa
2
di cui la
fiscalità è parte fondamentale. Viene introdotto nel
nostro ordinamento il trentuno luglio dell’anno duemila,
dopo una gestazione di almeno dieci anni
3
, con la Leg-
ge 27/07/2000, n. 212 dal titolo “Disposizioni in ma-
teria di Statuto dei diritti del contribuente” (al secolo
conosciuto come Statuto del contribuente), e per la
prima volta codifica i principi generali dell’ordina-
mento tributario del nostro Paese. Fino ad allora, no-
nostante la Costituzione della Repubblica riconosces-
se la sovranità popolare (art. 1), l’uguaglianza dei cit-
tadini davanti alla legge (art. 3) e il divieto di legiferare
per mezzo di decreti-legge (art.77), il governo trattava
la fiscalità in modo non difforme dal “principe”: disci-
plinava gli obblighi fiscali abusando dei decreti-legge,
interpretava quindi le norme a mezzo proprie circola-
ri, modificando di continuo leggi e circolari, ne dava
attuazione pratica con propri atti di accertamento, e
qualora potesse trovarsi potenzialmente soccombente,
non aveva difficoltà ad ottenere dal Parlamento norme
interpretative. Non si può quindi che convenire con G.
Marongiu
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quando scrive che fino a “tutti gli anni ’80
e nei primi ’90 si visse in una situazione ben lontana
dal modello costituzionale di imposizione perché il
potere tributario era concentrato in un solo soggetto.”
Lo Statuto appare strutturato in quattro sezioni:
1)
la prima, contenuta nell’articolo 1 che indica i
principi generali e l’
ubicazione giuridica
dello Statuto;
2)
una seconda serie di norme, dall’articolo 2 al
4, che pone vincoli al legislatore in materia tributaria,
obbligandolo a standard minimi di chiarezza, vieta l’ef-
ficacia retroattiva, e l’uso del decreto-legge;
3)
una terza parte che disciplina i rapporti tra
Amministrazione Finanziaria e cittadino, articoli 5-15;
4)
norme finali di coordinamento ed attuative,
articoli 16-21.
L’articolo 1 stabilisce che lo Statuto del contribuente è
emesso in attuazione agli articoli 3, 23, 53 e 97 della
Costituzione
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e che le disposizioni contenute costi-
tuiscono principi generali dell’ordinamento tribu-
tario. Si deve evidenziare l’elevato rango legislativo
che secondo alcuni autori
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deve essere riconosciuto
alla Legge in questione, condivisa in più occasioni an-
che dalla Corte di Cassazione. Le norme contenute
nello Statuto apparterrebbero alla particolare catego-
ria normativa prossima ai
principi supremi dell’ordi-
namento costituzionale
, fonti normative “rinforzate”,
che hanno una superiore resistenza passiva all’abro-
gazione o alla riformabilità, derogabili e modificabili
solo espressamente e mai da leggi speciali. Lo Statuto
quindi conterrebbe “disposizioni volte ad orientare in
senso garantistico tutta la prospettiva costituzionale
del diritto tributario, per cui il collegamento tra diritto
tributario e diritto costituzionale appare più stretto e
la Costituzione più vicina
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.”
In particolare si richiamano i quattro enunciati posti
dall’art. 1, primo comma:
a) autoqualificazione delle disposizioni dello Statuto
come attuative della Costituzione;
b) valore di tali norme, come principi generali dell’or-
dinamento tributario;
c) divieto di deroga o modifica delle norme, in modo
tacito;
d) divieto di deroga o modifica mediante leggi speciali.
L’applicazione dello Statuto è estesa agli enti locali
(art. 1 co. 4).
Gli articoli da 2 a 4 rappresentano una sorta di codice
di disciplina posto al legislatore.
L’articolo 2 appare molto ragionevole ed ispirato a
semplici criteri di maggior ordine e chiarezza nella pro-
duzione normativa, allo scopo di renderla più affidabi-
le e trasparente e perciò idonea ad agevolare sia il
contribuente che l’Amministrazione Finanziaria nella
interpretazione di un ordinamento spesso disordinato
e “torrentizio”. La norma impone al legislatore di
evidenziare nel titolo l’oggetto normativo contenuto,
di esplicitare i riferimenti ad eventuali norme fiscali di
rinvio, di riportare il testo normativo risultante dopo
eventuali interventi modificativi e stabilisce il divieto
ad utilizzare provvedimenti di altra natura con cui
veicolare norme tributarie.
L’art. 3 si occupa dell’annoso (ed irrisolto) problema
della irretroattività. Stabilisce che “le disposizioni
tributarie non hanno effetto retroattivo”, mentre “l’ado-
zione di norme interpretative in materia tributaria può
essere disposta solo in casi eccezionali e con legge
ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di in-
terpretazione autentica”. Modifiche a tributi periodici
sarebbero applicabili solo a partire dal periodo d’im-
posta successivo all’entrata in vigore della norma,
mentre gli adempimenti tributari non possono essere
resi imposti entro 60 giorni dalla pubblicazione del-
l’adozione dei provvedimenti normativi o attuativi.
L’articolo 4 stabilisce che “non si può disporre con
decreto-legge l’istituzione di nuovi tributi”.
La lettura di questi tre articoli sembra quasi il testo di
un copione per un film sarcastico sull’attività fiscale
degli ultimi vent’anni perché ognuno sa bene quanti
tributi non certo occasionali sono stati istituiti per
decreto-legge e quante leggi interpretative emanate con
efficacia retroattiva.
A questi comportamenti irrispettosi e abusivi vuole
porre un limite lo Statuto, dettando regole che mirino
a garantire maggior stabilità e coerenza della legislazio-
ne fiscale, in quanto, come affermato dalla Corte Co-
stituzionale “l’affidamento del cittadino nella sicurez-
za giuridica è un elemento essenziale dello Stato di
diritto” (Corte Cost. 4 novembre 1999, n. 416). Lo
Statuto richiama un caso di eccezione alla regola, in
caso di necessità ed urgenza, stabilito dalla Carta Co-
stituzionale (v. art 77) e dal buon senso, potendosi
derogare a questi principi “costituzionalmente pro-
tetti” ma qualora il legislatore accerti una condizione
di specifica ed effettiva causa giustificatrice, mentre in
ogni altro caso dovrà assoggettarsi ad una sorta di
autolimitazione legislativa.
Gli articoli da 5 a 15 disciplinano i rapporti tra Ammi-
nistrazione Finanziaria e contribuente. I primi 3 con-
tengono una sorta di prontuario pratico di comunica-
zione, imponendo all’Amministrazione Finanziaria di
mettere a disposizione in modo chiaro ed esplicito la
documentazione di tipo normativo, interpretativo o di
pratica attuazione, applicando così il principio di col-
laborazione tra pubblica amministrazione e cittadino
già contenuto nell’articolo 97 della Costituzione e nel-
la Legge 241/1990.
L’art. 7 dello Statuto trattando della “chiarezza e mo-
tivazione degli atti” riprende quanto prescritto dalla
legge 7 agosto 1990, n. 241. Impone che nei provvedi-
menti amministrativi siano indicati i presupposti di
1
G. Falsitta,
Profili della tutela costituzionale nella giustizia tributaria
, in Lezioni di Diritto Tributario sostanziale e processuale, Ed. Bollettino Tibutario, Mi 2009– pag. 53-
76. L’autore afferma: “Dei vari pilastri che reggono l’edificio (sempre traballante e pieno di sfregi) della giustizia tributaria è l’uguaglianza o perequazione nella partecipazione
alla contribuzione il più importante, quello veramente essenziale, ma anche il più fragile, specie in Italia, Paese più di altri carente di senso civico, in cui si assiste, non da oggi
ma da secoli, al trionfo del proprio “particulare“ per cui la così detta “società civile“ finisce per presentarsi come un ammasso di gruppi organizzati, avidi ognuno di esclusive
e monopoli, spasmodicamente volti alla cura e al soddisfacimento di interessi settoriali. È evidente che queste logiche spesso penetrano vittoriosamente negli organi del potere
legislativo e lo contagiano dando corpo ad una legislazione disposta ad assimilare e soddisfare gli interessi settoriali di famiglie, clan, associazioni, corporazioni, ecc. Non lo
spirito civico, ma quello della fazione e/o corporazione domina in Italia. Perciò in Italia il principio di uguaglianza è violato più spesso che altrove.”
2
G. Falsitta, op. cit., riferendosi all’opera di E. Allorio,
Diritto processuale tributari
, Giuffrè, Milano, 1942 in cui questi descriveva il suo intendere l’Amministrazione Finanziaria
come “organo della giustizia tributaria”, ricorda come tale studioso distinguesse i fini specifici consistenti nel soddisfacimento dei molteplici interessi collettivi affidati alla sua
cura, da un fine generico, comune a tutte le attività dello Stato, appunto il fine della giustizia. In caso di conflitto tra i due fini, secondo Allorio, dovrebbe prevalere in quanto
preminente il fine della giustizia, come testualmente indicato dal grande studioso: “Nella giurisdizione il fine della giustizia si presenta come fine unico, sicchè la funzione della
giurisdizione è funzione pura di giustizia; nell’Amministrazione, il fine della giustizia è generico, accanto ad un fine amministrativo, specifico, che dà all’attività amministrativa
la sua speciale caratteristica.”
3
La prima proposta di legge fu la n. 5079 del 20/12/1990.
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G. Marongiu,
Lo Statuto del Contribuente
, in Lezioni di Diritto Tributario sostanziale e processuale, Ed. Bollettino Tibutario, Mi 2009 – pag. 27-51 Art 23 Cost: Nessuna
prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Art 53 Cost: Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Art 97 Cost: I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati
il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.
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Art 3 Cost: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge… è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza.
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G. Marongiu, op.cit.; L. Marciano,
Statuto del contribuente e fonti del diritto tributario: un’ipotesi interpretativa sull’art. 23 Cost
., in Riv. Dir. Trib. 2002 I p. 921 e ss. G.
Falcone,
Statuto dei diritti del contribuente e Cassazione tributaria,
Fisco 2003 p. 2221 e ss.
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Così si esprime G. Falcone,
Statuto dei diritti del contribuente e Cassazione tributaria
, Fisco 2003 p. 2221 e ss. L’autore indica la sentenza Cass. Sez. trib. 12/02/2003 n. 17576
conforme a tale orientamento.
Sopra: Mirò