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NUMERO 218 - MARZO / APRILE 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
FUORI CAMPO IVA
Navi sì, navi no
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Numero chiuso il 17 giugno 2014 - Tiratura 12.000 copie.
Il passaggio di quelle enormi navi nel
bacino di San Marco è veramente una
cosa orribile.
Qualche volta fanno paura, soprattutto
in questo momento, quando stiamo vi-
vendo il processo all’ inchino dell’ Isola
del Giglio. Un momento di disattenzio-
ne potrebbe essere fatale.
Ma chi guida la nave da crociera all’in-
terno della laguna non sono gli allievi
del capitano Schettino: sono gli eredi di
quegli arsenalotti orgogliosi di costrui-
re, per la loro Repubblica, le più belle
navi che solcavano il Mediterraneo.
Sono due marinai che governano due ri-
morchiatori e trascinano la nave ad una
velocità che non dovrebbe superare i quat-
tro chilometri all’ora. Uno a prua trascina
la nave e l’ altro, a poppa, con la prua
rivolta all’ indietro, pronto per frenarla. È
vero, un errore è sempre possibile.
Ma non possiamo affrontare il proble-
ma con pregiudizio.
Venezia da mille anni vive e lotta con la
laguna che è contemporaneamente pre-
sidio, difesa, fonte di reddito, ma anche
grave, sempre incombente pericolo.
Sono mille anni che gli uomini gestisco-
no questo equilibrio. Senza l’intervento
dell’uomo, la laguna di Venezia sarebbe,
oggi, interrata o erosa dal mare.
Su queste isole fragili e inconsistenti, i
veneziani hanno creato la basilica di San
Marco, il palazzo dei Dogi, e quei me-
Era Doge Domenico
Contarini.
Con questo spirito
dobbiamo scegliere
navi sì o navi no.
Anche questa è una
lotta che ha dimen-
sioni e pericoli non
troppo diversi da
quelli cheVenezia ha
affrontato nei secoli
precedenti.
Con la tecnica, la ca-
pacità e la conoscenza dei nostri gior-
ni dobbiamo continuare a mantenere
questo equilibrio per permettere a
Venezia di vivere e di consentire a
veneziani e a turisti di godere della
sua incredibile e meravigliosa
precarietà e del suo ineguagliabile
splendore.
Venezia corre il rischio di diventare
un museo. E forse sarà proprio così.
Ma deve diventare il museo della bel-
lezza e della cultura, vivo e vivace.
E allora: navi si o navi no?
Io non credo a pericoli concreti.
Sonocontrarioalpassaggiodellenavinel
bacino di San Marco perché interrompe
quell’incredibile, meraviglioso profilo di
Venezia sul pelo dell’acqua che emozio-
na turisti e veneziani. Ma possiamo pri-
vare il turista di questa emozione?
Entrare a Venezia dal porto è un im-
patto incredibile. Lo sapeva anche la Re-
pubblica quando accoglieva governanti e
dignitari di altri Paesi: il lento ingresso in
bacino, dal mare; il colpo d’occhio della
città; l’ingresso in piazzetta; l’oro della
Basilica; la faticosa scala dei giganti per
raggiungere, in alto, il doge e il suo segui-
to; il lento entrare nel maestoso sfarzo
del Palazzo Ducale.
Venezia non deve avere paura, Venezia
ha sempre osato, Venezia deve trovare la
soluzione, magari con navi più piccole
per visitatori curiosi e colti disposti a ri-
nunciare all’effimero paese dei balocchi
offerto dalle grandi navi.
Venezia può indicare una diversa forma
di turismo, anche di massa, ma di una
massa che sta evolvendo.
I
ncastonate all’interno
del Palazzo Patriarcale
di Udine e dell’annes-
so Museo Diocesano, le
Gallerie del Tiepolo costi-
tuiscono uno dei gioielli
forse meno conosciuti del
nostro Territorio, che la-
sciano chi ha l’occasione
di ammirarle letteralmente
senza parole.
Un’emozione che comin-
cia già percorrendo l’imponente
Scalone d’Onore, sovrastato dal ca-
La Biblioteca Patriarcale
La Galleria degli Ospiti
TRE VENEZIE DA SCOPRIRE
Le Gallerie del Tiepolo presso
il Museo Diocesano di Udine
polavoro di illusionismo della “Caduta
degli Angeli” e dei monocromi che la cir-
condano.
E che raggiunge il suo apice nella “Gal-
leria degli Ospiti”, nella quale il visitato-
re viene immerso in uno spazio tridimen-
sionale reso vivo dai colori e dal mirabi-
le uso dell’arte prospettica.
Poco più avanti, la Biblioteca Patriarca-
le fatta costruire da Dionisio Dolfin al-
l’inizio del ‘700: un tripudio ligneo nel
quale ogni singolo dettaglio ha un pre-
ciso significato pratico ed allegorico; un
luogo ove il tempo sembra essersi vera-
mente fermato.
ravigliosi palazzi che corrono lungo il
Canal Grande. È stata sempre una gran-
de lotta.
La laguna di Venezia vive in un delicatis-
simo equilibrio fra l’acqua dolce che vie-
ne portata dai fiumi, e l’acqua salata che
viene portata dal mare. Per mantenere
questo equilibrio, la Repubblica ha sem-
pre affrontato lavori difficili, pesanti e
costosi. Ricordo le chiuse e gli sbarra-
menti presso Dolo con la deviazione del
Brenta: siamo alla fine del 1400.
La costruzione dell’argine San Marco a
difesa del Piave che già andava ad inva-
dere il letto del Sile, con possibili danni a
Torcello, a Burano, a Mazzorbo: siamo
a metà del 1500.
Oggi la laguna comunica con il mare at-
traverso tre passaggi, Lido, Malamocco
e Chioggia. Ma, prima, erano sei.
Prendete una piantina di Jesolo. Cerca-
te via Piave Vecchia.
È la strada che costeggia la laguna.Afian-
co c’è il fiume: è il Sile. Infatti i venezia-
ni, dopo tanti tentativi di addomesticare
il Piave che modificava gli equilibri della
laguna, nel 1664, in venti anni di lavoro,
mentre Venezia combatteva la guerra di
Candia, con i mezzi che allora avevano,
con muscoli e carriole, hanno spostato il
Piave, facendolo uscire dove, oggi, è
Cortellazzo. Nel letto del Piave hanno
fatto transitare il Sile. Via Piave Vecchia
corre, oggi, lungo il fiume Sile.