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NUMERO 218 - MARZO / APRILE 2014
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IL COMMERCIALISTA VENETO
L
A
B
OCHA
DE
L
EON
Domande, riflessioni , dialoghi
Il sistema incentivante
per i dipendenti
dell'Agenzia delle Entrate
Caro Direttore,
il collega Enrico Zanetti, deputato alla Camera e
ora anche sottosegretario al MEF, indispettito
dall’affermazione del dottorAttilio Befera che nel
corso di Telefisco ha definito una “leggenda
metropolitana” l’esistenza di premi per la cattura
degli evasori, gli ha “fatto le pulci”.
Dalla sua ricerca, pubblicata su Eutekne il 31 gen-
naio 2014, emerge che non è propriamente vero
quanto affermato dall’ormai ex Direttore del-
l’Agenzia delle Entrate: ha scovato infatti una
convenzione fraMEF eAgenzia delle Entrate che
prova il contrario. Da essa si ricava che esistono
degli obiettivi incentivanti sulle remunerazioni
corrisposte ai dirigenti di prima e seconda fascia.
Rispetto al “minimo sindacale” è previsto un au-
mento variabile del 197%per quelli di prima e del
69% per quelli di seconda fascia.
A comporre gli obiettivi incentivanti concorrono
vari parametri cui è attribuito un punteggio. Il
collega ne evidenzia due che sono:
1.
un incasso pari ad almeno 10,2 miliardi di
euro complessivi;
2.
una percentuale del 59% di pronunce in
tutto o in parte favorevoli nel contenzioso.
Relativamente al punto 1) si osserva che, stando
alla lettera, gli incassi sono al lordo di sanzioni e
interessi: forse semplicisticamente, si può tutta-
via ragionevolmente presumere che la quota par-
te di imposte sia della metà e perciò di 5/5,5 mi-
liardi di euro. Si consideri anche che una parte
del contenzioso riguarda accertamenti sulla com-
petenza, imposte versate in modo non corretto,
imposte surrettizie basate su indicatori e non sulla
reale capacità contributiva e via discorrendo: non
ritengo azzardato stimare (nessuno fornisce que-
ste informazioni!) che le imposte realmente eva-
se e “scoperte” siano inferiori a 3 miliardi di euro.
A voler credere a quanto dicono gli esperti, e
cioè che le imposte evase oscillano fra i 120 e i
180 miliardi, viene da concludere che per essere
premiati è sufficiente scovare il 2% circa delle
imposte reali non dichiarate.
Quanto al punto 2) è avvilente constatare che
viene ritenuta premiante un’organizzazione che,
in termini di efficacia, “produce” meno del 60% .
Per di più l’inciso “in tutto o in parte” collegato
all’esito favorevole del contenzioso rende parti-
colarmente aleatorio e indeterminato, al ribasso,
anche questo obiettivo.
Come giudichereste un imprenditore che, a fron-
te di 100 pezzi da produrre, si ritrova 40 pezzi da
buttare e 60 pezzi “in tutto o in parte” accettabili?
Premiereste forse i dirigenti responsabili?
Il collega Zanetti, cogliendo fra l’altro anche que-
sti aspetti, ha perciò presentato un’ interrogazio-
ne parlamentare per chiedere se non fosse il caso
di rivedere quantomeno al rialzo i parametri di
attribuzione degli incentivi.
Nella risposta all’interrogazione è riportata la
posizione dell’Agenzia, la quale ha precisato che
i premi vengono corrisposti “solamente” a fron-
te di crediti, traduco dal burocratese, certi ed
esigibili. Invito coloro che avessero avuto la bontà
di seguirmi fino a questo punto a ritornare al pri-
mo dei due parametri commentati. Si parla di in-
cassi da entrate accertate e non di crediti certi ed
esigibili derivanti da accertamenti. Un non ad-
detto ai lavori potrebbe ritenere questa precisa-
zione una pignoleria fine a se stessa. Errore!
Secondo una fonte più che autorevole (Il Sole 24
ore del 22 gennaio 2014), i crediti certi ed esigibili
non incassati ammonterebbero, negli ultimi 15
anni, a 545 miliardi di euro (importo rettificato in
meno dagli iniziali 800 miliardi) di cui, forse, ne
possono essere incassati 30 (miliardi).
Per chi come me non ha ancora digerito comple-
tamente il cambio in euro, traduco in vecchie lire:
sono 1.055.267,15miliardi di lire!
Per avere un ordine di grandezza tale importo
corrisponde a più del 25% del debito pubblico e
a più di 20 “salate” manovre correttive cui pur-
troppo siamo stati abituati.
Se per caso vi domandate come sia possibile che
crediti certi ed esigibili non siano incassabili,
nell’articolo de 'Il Sole 24 ore' vengono fornite le
motivazioni dell’Agenzia delle Entrate: trattasi di
persone decedute, persone nullatenenti, situa-
zioni di fallimento. Con riferimento ai deceduti si
osserva che, attraverso il meccanismo dell’eredi-
tà, è possibile incassare il dovuto dagli eredi. Se
ciò non si è concretizzato, questo significa che i
morti erano anche nullatenenti e quindi rientrano
di diritto nella seconda categoria, quella appun-
to dei nullatenenti. Con riferimento ad essi, riten-
go legittimo porsi delle domande: le imposte non
dovrebbero colpire i produttori di redditi o
quantomeno gli esercenti attività di impresa o
attività professionale? Oppure sono imposte vir-
tuali che colpiscono anche chi non ha ricchezza?
Ci sarebbe anche una terza ipotesi e cioè che i
redditi prodotti siano stati dilapidati prima che
fossero accertati: le somme da incassare sono
però così enormi che, a parte qualche caso
residuale, si ritiene di non doverla considerare.
Rimane la terza categoria: quella dei falliti. In que-
sto caso si apre una autostrada in discesa: è noto
infatti che i curatori non hanno alcun interesse,
salvo nei casi specifici, a coltivare un contenzioso
con l’Agenzia perché ritenuto non conveniente
in termini di costi/benefici per il fallimento. Ecco
allora che, magari con un pizzico di fantasia, si
può “accertare” di tutto e di più. Si incasserà
poco o niente? Non importa, perché i consuntivi
annuali riporteranno successi in termini di crediti
certi ed esigibili, ma non incassabili.
FrancoZanettin
(Vicenza)
Caro Collega,
la questione del sistema di incentivi previsto
dal CCN applicabile ai dipendenti dell’Agen-
zia delle Entrate meriterebbe probabilmente
una analisi più approfondita, che sgombri il
campo da dubbi e illazioni che credo siano tut-
to sommato fuori luogo.
Personalmente non amo i sistemi incentivanti:
tuttavia non posso non riconoscere che essi
sono da decenni parte essenziale della contrat-
tazione individuale e collettiva, a tutti i livelli.
E lo sono anche nell’ambito della Pubblica Am-
ministrazione, dove trovano ampia applicazio-
ne (per quanto riguarda l’Agenzia delle Entra-
te, fin dal 1997, e con applicazione generaliz-
zata a tutti i dipendenti, non solo alla dirigen-
za….).
Orbene, potrà sembrare a prima vista ingiusto
che lo Stato paghi un premio a suoi dipendenti
(il cui “posto” è storicamente “intoccabile”) per
fare il loro dovere; ed addirittura odioso che
possa esserci un premio per l’attività di recupero
delle imposte: tuttavia, non solo si tratta di mec-
canismi legittimi, ma anche delle uniche leve
realmente disponibili ai fini del perseguimento
dei tanto desiderati obiettivi di miglioramento
dell’efficienza e dell’efficacia della Pubblica Am-
ministrazione. Essi vanno quindi accettati, e sem-
plicemente utilizzati nel miglior modo possibile.
Un tanto premesso, si deve dunque entrare nel
merito della questione specifica.
A questo riguardo, è doveroso essere precisi.
In primo luogo, non è vero che il sistema tiene
conto dei “crediti certi ed esigibili”: la base di
riferimento è costituita dalle somme effettiva-
mente incassate (testualmente: “Entrate erariali
e non erariali derivanti dalla complessiva azio-
ne dell’Agenzia per il contrasto degli
inadempimenti tributari dei contribuenti”). La
questione degli accertamenti “inutili”, e dei
crediti che non verranno mai riscossi, dunque,
pur essendo rilevante e meritevole di profonda
meditazione, non ha attinenza con il problema
di cui ci occupiamo.
In secondo luogo, il sistema prevede una inte-
ressantissima ed ampia batteria di indicatori,
che attribuiscono punteggi ad aspetti anche
qualitativi dell’attività dell’Agenzia, che atten-
gono non solo alla prevenzione ed al contrasto
dell’evasione, ma anche ai servizi resi ai contri-
buenti ed alla collettività (ad esempio in termini
di correttezza dei preavvisi di irregolarità, o di
numerosità delle risposte fornite, anche telefoni-
camente, o di risposte tempestive alle istanze di
interpello, o di istruttorie sui rimborsi fiscali) ed
alla crescita ed al miglioramento delle struttura
e delle risorse umane che vi operano.
Certamente possiamo discutere dell’opportu-
nità di inserire la percentuale di vittorie in
contenzioso nel “carnet” degli indicatori, ed
ancor più dell’entità della soglia inserita nella
Convenzione (sulla quale il Dipartimento del
MEF che ha risposto all’interrogazione parla-
mentare ha detto che “
l’obiettivo di vittoria as-
segnato all’Agenzia è frutto di una valutazione
improntata a realismo e ragionevolezza, mentre
un obiettivo nell’ordine del 75-80% quale sugge-
rito dagli interroganti sarà sicuramente possibile
in un sistema fiscale profondamente rinnovato e
semplificato
”): ma forse, a pensarci bene, fa-
remmo prima e meglio a lamentarci della
scarsissima e risibile applicazione del princi-
pio di soccombenza nella liquidazione delle
spese dei giudizi tributari, tanto per dirne una.
In buona sostanza, una volta tanto credo sia il
caso di allontanarsi da posizioni eccessivamen-
te demagogiche, concentrandosi magari su al-
tri aspetti della gestione da parte dell’Agenzia
delle Entrate del rapporto Fisco-Contribuente,
che purtroppo sembra diventare sempre più pro-
blematico e conflittuale.