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NUMERO 218 - MARZO / APRILE 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
ELISABISCONTI
PraticanteOrdine di Belluno
Mutuo ipotecario o
sale & lease back
immobiliare?
SPECIALE BORSEDI STUDIO 2014
M
utuo ipotecario o “sale & lease back”?
Questo è il lecito interro-
gativo che potrebbe porsi un imprenditore o un professionista che
desiderasse finanziare la propria attività dopo le novità introdotte
con la L.147/2013 (Finanziaria 2014) che ha ristabilito una certa
convenienza fiscale per i contratti di leasing stipulati a decorrere dal 01.01.2014
1
.
Proprio per provare a fornire una risposta a tale interrogativo, nonostante in prece-
denti edizioni di questa Rivista si sia già affrontato il tema in oggetto
2
, si proverà
ora a comparare un contratto di “
sale & lease back
” su beni immobili strumentali
con una tradizionale forma di finanziamento quale può essere quella del finanzia-
mento ipotecario.
Oggigiorno, come noto, gli imprenditori si trovano di fronte ad una certa reticenza
da parte degli istituti finanziari nel concedere loro finanziamenti. Vengono richieste
importanti garanzie, viene valutato il rating aziendale, con algoritmi preimpostati e
privi spesso di ogni contestualizzazione, e sono poi comunque applicati elevati
tassi di interesse, nonostante le favorevoli condizioni di mercato. Ecco allora che
per le aziende, sempre più bisognose di ottenere denaro per la propria gestione
corrente o per riequilibrare la gestione finanziaria, risulta necessario valutare altre
strade percorribili, confrontando costi e/o vantaggi che offrono le varie modalità di
finanziamento.
Data per assodata la conoscenza delle caratteristiche dei mutui ipotecari, si vogliono
qui approfondire succintamente le principali caratteristiche del contratto di “
sale &
lease back
3
, per poi procedere al confronto tra le due fonti di finanziamento.
Il “lease back” può essere definito come una forma particolare di contratto attraver-
so il quale un’azienda
4
, proprietaria di un bene (sia immobile che mobile, per
esempio un impianto o un macchinario), stipula un contratto di vendita con una
società di leasing alla quale cede la proprietà del bene. Per mantenere la disponibilità
del bene ceduto, la società cedente stipula, contestualmente alla vendita, un con-
tratto di leasing finanziario. In questo modo la società ottiene la liquidità di cui
necessita e contestualmente non perde la disponibilità del bene. Per tutto il periodo
di durata del contratto di locazione finanziaria l’azienda corrisponderà alla società
di leasing i canoni periodici e alla scadenza del contratto potrà decidere di riscattare
il bene precedentemente alienato, riottenendo la proprietà dello stesso. In questo
modo è come se la società si autofinanziasse aggirando in qualche modo la diffiden-
za delle banche nel concedere liquidità.
Questo tipo di contratto è stato oggetto di ampie discussioni fin dalla sua comparsa
nel mercato, nel corso della metà degli anni ottanta. Sia l’Amministrazione Finan-
ziaria che la Giurisprudenza infatti risultavano inizialmente contrarie alla sua ap-
plicazione, perché apparentemente in contrasto con il divieto di patto commissorio
ex art. 2744 del c.c.
5
.
Successivamente la Giurisprudenza
6
ne ha sancito la liceità equiparando il negozio
ad un mutuo assistito da garanzia reale; tuttavia l’Amministrazione Finanziaria ha
continuato a contestarne la liceità fiscale qualificando il negozio in parola come
elusivo.
Si deve quindi attendere la Circolare Ministeriale n. 218 del 30 novembre 2000
affinché si arrivi alla piena legittimazione del contratto. Con la citata Circolare viene
affermato che la vendita ha il solo scopo di leasing e non di garanzia. Il bene, infatti,
è a tutti gli effetti venduto alla società di leasing ed a conclusione del contratto,
qualora l’utilizzatrice non opti per il riscatto, esso rimane nella proprietà della
concedente e nella sua piena disponibilità. L’operazione dunque si configura come
operazione lecita ma, come qualsiasi contratto, anche il “lease back” può essere
usato per scopi illeciti o fraudolenti; scopi rintracciabili in alcune anomalie del
contratto stesso.
In particolare, la Direzione Regionale della Lombardia con la circolare 24 maggio
2000, n. 20, ha ritenuto che dette anomalie siano rappresentate da elementi ogget-
tivi, idonei a far presumere l’intento elusivo delle parti, e siano riconducibili a
specifiche situazioni, quali:
la presenza di una situazione di debito preesistente o contestuale alla ven-
dita, tra cedente e cessionario del bene poi concesso in leasing;
il permanere del bene nella disponibilità della società di leasing;
la mancanza di interesse dell’apparente venditore - utilizzatore ad utilizza-
re, per l’appunto, il bene oggetto di leasing;
la sproporzione tra valore elevato del bene e prezzo esiguo pagato dalla
società di leasing al venditore-utilizzatore;
il tasso di interesse applicato all’operazione, particolarmente gravoso;
l’elaborazione di vincoli contrattuali che impongono all’utilizzatore la
corresponsione di tutti i canoni fino alla scadenza del contratto, anche nell’ipotesi
in cui il contratto sia risolto anticipatamente;
la facoltà concessa all’utilizzatore di sub-locare il bene.
1.
“Lease back” ed aspetti contabili
Per quanto riguarda gli aspetti prettamente contabili, la società che stipula un
contratto di “lease back” dovrà rilevare contabilmente (secondo il principio conta-
bile OIC 1
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):
a.
La cessione del bene alla società di leasing con storno dello stesso e del
relativo fondo ammortamento dal bilancio e rilevazione della plusvalenza/
minusvalenza;
b.
Il pagamento del maxicanone e dei canoni periodici (voce B.8 del conto
economico);
c.
L’eventuale riscatto che comporta l’iscrizione del bene nell’attivo della
società e il successivo ammortamento del valore residuo;
d.
All’annotazione nei conti d’ordine;
e.
Alla descrizione in Nota Integrativa della metodologia adottata per il risconto
della plusvalenza eventualmente conseguita (in base alla durata del contratto di
leasing) e dell’effetto determinato sul risultato netto dell’esercizio e sul patrimonio
netto. Nel caso in cui si generi una
plusvalenza
dalla cessione del bene, questa sarà
iscritta a conto economico in base alla
durata del contratto di leasing
(vedasi
OIC 1
8
). Nel caso in cui rilevi invece una
minusvalenza
(si veda appendice di
aggiornamento OIC 1
9
):
Se il bene è venduto a prezzo di mercato, detta minusvalenza viene
contabilizzata per intero nell’anno in cui si effettua la compravendita
poi-
ché rappresenta una perdita durevole di valore del bene compravenduto.
Se il bene invece è ceduto ad un prezzo inferiore al relativo valore di
mercato,
la minusvalenza viene imputata al conto economico dell’esercizio
fino a concorrenza della differenza tra il valore contabile ed il minor valore
di mercato. La parte residua viene imputata ai conti economici futuri, in
proporzione ai canoni stessi
, lungo il periodo di durata del contratto.
SEGUE A PAGINA 33
1
La Legge n. 147 del 27.12.2013 pubblicata in G.U. n. 302 del 27.12.2013 ha stabilito che per l’impresa utilizzatrice ex art. 102, c. 7 TUIR, la deduzione dei canoni sia ammessa
per un periodo non inferiore alla metà (al posto dei precedenti due terzi) del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente ministeriale, in relazione all’attività
esercitata dall’impresa stessa; in caso di beni immobili, la deduzione è ammessa per un periodo non inferiore a 12 anni e tutto ciò a prescindere dalla durata del leasing
contrattualmente prevista.
2
Il Commercialista Veneto
n.159/2004, pag. 4; n.156/2003, pag.13; n.145/2002, pag.11; n.131/1999, pag.16.
3
Di seguito per semplicità solo “lease back”.
4
Si parlerà in questa sede di azienda in generale ma potrebbe stipulare il contratto in parola un qualsiasi professionista o ente commerciale o industriale.
5
L’articolo citato così recita: “E’ nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in
pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell’ipoteca o del pegno.”
6
Sentenza Corte di Cassazione n. 10805/1995, n. 11276/1995, n. 944/1997, n. 6663/1997 e n. 4612/1998.
7
Principio contabile OIC 1, paragrafo n. 2, pag. 18 e ss.
8
Principio contabile OIC 1, paragrafo n. 2, pag. 18 e ss.
9
Appendice di aggiornamento al principio contabile OIC 1, paragrafo n. 2 pag. 2 e ss.