Page 4 - CV_216

Basic HTML Version

4
NUMERO 217 - GENNAIO / FEBBRAIO 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
“prestiti” per Euro 10.783.000.000 a fronte di Euro 9.334.000.000 delle altre
banche; e infine “sofferenze” per Euro 439.000.000 a fronte di Euro 512.000.000
delle altre banche sul territorio. La quota di mercato del sistema delle casse rurali
trentine e Cassa Centrale in provincia di Trento vede dunque il sistema del credito
cooperativo trentino attestarsi su una percentuale del 58,65% quanto ai depositi
della clientela e del 53,60% quanto ai prestiti.
-
Heiner Nicolussi-Leck (Alto Adige)
La realtà dell’organizzazione Raiffeisen in parte differisce da questo scenario. Gli
impieghi a fine giugno a.c. su base annua hanno avuto una - seppur limitata -
crescita dello 0,85%; la raccolta nello stesso periodo è perfino aumentata del 7,26%;
le sofferenze nel periodo accennato sono calate del 5,36%, facendo diminuire il
rapporto sofferenze su impieghi fino al 3,34%. Lo stesso rapporto sofferenze su
patrimonio di vigilanza è diminuito dal 18,13% al 16,94%. L’unica nota dolente
sono gli incagli che nel periodo osservato sono aumentati del 5,6%, portando il
rapporto incagli su patrimonio di vigilanza ad aumentare leggermente (dal 25,06%
al 26,14%). Per contro c’è da notare il miglioramento del rapporto raccolta su
impieghi: mentre quest’ultimo a giugno del 2012 era vicino al 100%, un anno dopo
si attesta al 95%.
-
Ilario Novella (Veneto)
Il sistema delle banche di credito cooperativo venete ha un grado di sofferenze
superiore alla media, questo si spiega in massima parte poiché, operando nel terri-
torio, risente fortemente delle dinamiche del territorio stesso; il Veneto sta
evidenziando in tal senso una crisi in termini superiori al resto del sistema italiano
ed il sistema ne risente in via diretta e collegata.
4. Il così detto “tasso di decadimento” (flusso cumulato delle nuove
sofferenze su impieghi di inizio anno al netto delle sofferenze) del sistema
bancario, in via generale, pare accennare a fase terminale di crescita; Banca
d’Italia è stata assolutamente vigile in tale contesto in tutti i bilanci 2013 ed
in tutte le situazioni vigilate. Forse iniziamo ad esserne fuori? Come Siste-
ma, come valutate l’andamento dei Vostri crediti deteriorati in rapporto
all’andamento generale dell’economia della Regione?
- Giuseppe Graffi Brunoro (Friuli V.G.)
Saremmo molto contenti di poter confermare i segnali di ripresa, ma credo sia
presto per sbilanciarsi. La crescita delle sofferenze, che ad agosto hanno superato
i 250 milioni di euro, e i conseguenti accantonamenti, che nel solo primo semestre
2013 hanno superato i 25 milioni, fotografano un quadro che resta ancora molto
problematico. La nostra percentuale di crediti deteriorati rispetto al sistema banca-
rio, pur in crescita, (+ 14%) evidenzia comunque una buona capacità di gestione del
credito, grazie anche all’attenzione a non assumersi grandi rischi e a mantenere un
portafoglio impieghi molto più frazionato.
Non dobbiamo comunque illuderci: i tempi di uscita dalla crisi saranno lunghi e
necessariamente ci porteranno a un quadro mutato, nel quale, l’imminente arrivo
delle normative comunitarie di cui parlavo prima rischia di favorire il ciclo della crisi
anziché interromperlo. Ciò comporterà la conseguenza che per l’intero sistema
bancario sarà sempre più difficile sostenere le imprese in difficoltà e quindi conti-
nuerà la severa selezione che stiamo osservando.
-
Diego Schelfi (Trentino)
Innanzitutto, non sono così sicuro che il “tasso di decadimento” accenni alla fase
terminale di crescita. Per quel che riguarda il sistema delle casse rurali trentine, mi
pare che continui ad aumentare. Noi abbiamo un monitoraggio quotidiano, ma non
ci risulta. Magari fosse così!
Il dato è ancora abbastanza accentuato. Quello che si evidenzia è una polarizzazione,
nel contesto delle sofferenze, tra il
retail
e il
corporate
. Il
retail
rimane tendenzial-
mente stabile: le famiglie pagano. Anche i dati relativi ai mutui famiglia, ovvero i
ritardi di pagamento, mostrano che il
retail
risponde. La complessità e la fatica è nel
corporate
. Io non credo che il “tasso di decadimento” sia in attenuazione, neanche
nel resto del Triveneto. Anzi, sono molto preoccupato per il resto del Triveneto.
Perché - come è emerso dai dati presentati a Padova sulle imprese che lasciano il
Veneto, il Triveneto, e vanno in Austria - chi ha l’opportunità se ne va. Le imprese
che potevano essere da traino hanno scelto strade diverse, per i dati che leggo;
quelle che rimangono sono in difficoltà. Quindi, pensare che ci sia una ripresa mi
pare inverosimile. Me lo auguro tanto, ma ho l’impressione che avremo ancora il
nostro da fare in tutto il territorio.
-
Heiner Nicolussi-Leck (Alto Adige)
In base ai dati pubblicati a livello provinciale riguardanti i più significativi indicatori
economici, direi che ci sono dei timidi segnali di stabilizzazione dell’economia nella
nostra provincia, fermo restando che dobbiamo tenere d’occhio i rischi sempre più
globali.
-
Ilario Novella (Veneto)
L’andamento dei nostri crediti sta evidenziando un continuo decadimento ma direi
che, negli ultimi mesi, si sta evidenziando una sostanziale tenuta o, quantomeno, un
rallentamento del deterioramento; la ripresa economica, a mio giudizio, si può
considerare ancora un mero annuncio ed auspicio e questa situazione non deve
trarci in inganno. Il presidio resta alto, la collaborazione con Banca d’Italia è piena
condividendo con questa le situazioni più delicate ed, in generale, lo stato del
sistema. Il nostro è stato particolarmente sbilanciato verso il settore immobiliare
che ha fortemente risentito della crisi, ora tuttavia è anche il settore della manifat-
tura che fa sentire le difficoltà.
5. Vi chiediamo: quale dialogo esiste tra il Vostro sistema e la nostra
Professione? In un recente convegno, Gian Maria Gros-Pietro, stimato eco-
nomista industriale nonché presidente del consiglio di gestione di Intesa
San Paolo, ha commentato “
la crisi ha mutato i comportamenti degli impren-
ditori ma i piccoli sono rimasti legati al rapporto fiduciario con il proprio
commercialista
”, aggiungendo, che le banche
“devono rivedere la politica
creditizia portando al centro la relazione con il cliente-impresa
”: insomma
parrebbe di capire che le grandi banche stiano “scoprendo” che debbono
offrire più consulenza alle imprese, magari anche al posto nostro. Qual è il
Vostro orientamento sul tema e come valutate il ruolo della nostra profes-
sione nell’ambito della Vostra attività?
-
Giuseppe Graffi Brunoro (Friuli V. G.)
Non posso che essere d’accordo con chi immagina che il futuro veda le banche, in
genere, puntare al recupero di redditività anche sul fronte dei servizi e, fra questi,
sul versante della consulenza alle imprese. Assistenza nell’internazionalizzazione,
passaggi generazionali delle imprese, successioni familiari,
Internal Audit
,
risk
management
, consulenza assicurativa, acquisizioni e aggregazioni, gestione delle
crisi aziendali, consulenza preconcorsuale ecc. sono solo alcuni dei temi sui quali le
competenze professionali delle banche si incrociano con quelle dei commercialisti.
Resta da vedere se, come dissi qualche anno fa al convegno dell’Unione Giovani a
Isola Capo Rizzuto, se tutto ciò avverrà “in collaborazione” o “in concorrenza”.
Ovviamente anche il Credito Cooperativo si sta attrezzando per integrare l’attività
di intermediazione creditizia, (che comunque resta il principale compito di una
banca locale) con queste attività di consulenza. Ma ciò che lo rende più vicino ai
commercialisti è che non lo fa tanto perché consente nuove tipologie di ricavo
quanto perché queste attività consentono di meglio rispondere alle esigenze dei
propri Soci e Clienti. Proprio come il commercialista, anche la BCC vuole essere
interlocutore di fiducia che “si prende cura” a 360 gradi del proprio cliente in una
visone complessiva, e integrata nel territorio e nella Comunità, delle sue esigenze.
Sono quindi fiducioso che su questa comunanza di “perché”, si possa costruire un
intelligente e trasparente rapporto di collaborazione sostenibile nel tempo. Inoltre
il Credito Cooperativo potrebbe essere anche fornitore di servizi di consulenza
anche agli stessi commercialisti. Penso, per esempio, alla
compliance
rispetto alla
normativa antiriciclaggio che indubbiamente le banche hanno metabolizzato da
molto tempo e sotto la vigile attenzione della Banca d’Italia.
-
Diego Schelfi (Trentino)
È una domanda difficile. Per noi è vitale il rapporto con l’impresa, diretto. È
talmente diretto che il 90% dei nostri clienti diventano soci della cooperativa di
credito. Quindi, è prima di tutto un rapporto di fiducia, di trasparenza. Natural-
mente la complessità porta tutti a farsi aiutare dagli esperti: in particolare le piccole
imprese che non sono strutturate si rivolgono ai commercialisti per avere un riferi-
mento. Questo non è male, questo aiuta anche il credito. Ma noi, pur essendo
banche (perché ragioniamo da banche), noi chiediamo qualcosa di più, che è quello
che si diceva prima: un totale rapporto di fiducia. Se il commercialista, oltre alla
valutazione dei
rating
, dei numeri, eccetera, aiuta anche in questo rapporto fiduciario
tra l’impresa e la propria realtà di credito, questo è fondamentale. Non so se sempre
hanno anche questa funzione!
Il commercialista deve comprendere la cooperativa di credito, che non è una banca,
con i propri pregi e i propri difetti. E allora si chiede al commercialista di diventare
anche lui “cooperatore” di un sistema. Se la rete si consolida, è un bene per tutti: è
un bene per l’impresa, è un bene per la banca, è un bene per il commercialista. Se si
crea sfiducia, se la valutazione è puramente quantitativa, eccetera, in genere si crea
quel distacco che poi porta alla rottura e crea un “non beneficio”.
Quindi, in sintesi, ai commercialisti chiediamo di conoscere la cooperazione, di
approfondire e di diventare cooperatori. E questo aspetto non penso sia sempre
ben compreso dalla categoria.
Credito locale. A che punto è la notte?
SEGUE DA PAGINA 3
SEGUE A PAGINA 5