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NUMERO 217 - GENNAIO / FEBBRAIO 2014
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IL COMMERCIALISTA VENETO
si verifica, invece, nel caso di alienazione a titolo oneroso di un bene oggetto di
trust, in quanto detto tipo di patrimonio separato (solo che il trustee rispetti — ad
esempio accendendo un conto corrente intestato al trust o a se stesso come trustee
di quel trust — il suo obbligo di non confondere i beni fungibili in trust con i suoi
personali beni fungibili) può — come si è detto — avere ad oggetto qualunque bene
suscettibile di valutazione economica
51
.
5. Se l’interesse “
meritevole di tutela
” di cui parla l’art. 2645 ter c.c.
possa essere anche meramente lecito ovvero la norma richieda
un
quid pluris
rispetto alla liceità
Il legislatore del 1942, nel consentire all’autonomia privata di concludere eventual-
mente negozi diversi da quelli tipici, ha inserito nell’art. 1322 secondo comma c.c.
il limite costituito dall’esigenza che tali negozi atipici siano ‘‘
diretti a realizzare
interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico
’’.
Note sono, altresì, le ragioni che giustificarono l’introduzione del limite in questio-
ne: il regime politico totalitario dell’epoca, all’evidenza, intese in tal modo imbri-
gliare anche la libertà contrattuale dei privati, riservandosi di accordare tutela giuri-
dica ai negozi atipici da essi eventualmente conclusi soltanto se e nella misura in cui
gli stessi fossero stati in linea con l’interesse dello Stato, cioè in definitiva con i
principi fatti propri dall’ideologia fascista
52
. Appare quindi evidente come, in tale
contesto storico, il riferimento alla meritevolezza degli interessi non fosse, nelle
intenzioni del legislatore, destinato ad esaurirsi nella liceità di tali interessi, ma
facesse riferimento ad un qualcosa in più (
quid pluris
) che, nel caso di specie, era
costituito dalla conformità all’interesse dello Stato fascista.
Di lì a pochissimi anni dopo, però, all’esito dell’intervenuto radicale cambiamento
del clima politico e dell’avvento della Costituzione del 1948, la dottrina si rifiutò—
ovviamente —di riconoscere una siffatta valenza all’art. 1322 secondo comma c.c.,
il quale non venne abrogato, ma finì per essere pressoché costantemente interpre-
tato
53
nel senso che un negozio atipico deve ritenersi ammissibile e degno di tutela
sol che persegua un interesse lecito, sì che la norma ha finito in pratica per costituire
una sorta di duplicato dell’art. 1343 c.c., concernente l’illiceità della causa.
Occorre dunque chiedersi se debba attribuirsi una peculiare valenza alla riemersione
del riferimento agli ‘‘
interessi meritevoli di tutela
’’ nello specifico contesto dell’art.
2645 ter c.c., ovvero se l’espressione vada interpretata — così come da più di
mezzo secolo si tende ormai a fare in tema di art. 1322 secondo comma c.c. — come
riferentesi alla mera liceità degli interessi stessi. Ad avviso dell’orientamento dottrinale
dominante
54
, il quale ha trovato riscontro anche in alcune pronunzie di merito
55
, gli
interessi meritevoli di tutela cui la nuova norma si riferisce non devono essere semplice-
mente leciti, poiché il legislatore ha richiesto la presenza di un
quid pluris
(cioè di un
interesse particolarmente pregnante) per consentire l’accesso dell’autonomia privata a
questo nuovo fenomeno di separazione patrimoniale, con il quale il disponente può
limitare la propria responsabilità in danno dei suoi creditori generali. Atale conclusione
si perviene, essenzialmente, attribuendo rilievo decisivo sia all’andamento dei lavori
parlamentari
56
, sia al fatto che la norma menziona espressamente il requisito della
meritevolezza dell’interesse e che essa ne impone la riferibilità, prima di tutto, a ‘‘
per-
sone con disabilità
’’ ed a ‘‘
pubbliche amministrazioni
’’. I fautori della tesi secondo la
quale lameritevolezza non si esaurisce nella liceità non sono, comunque, affatto concor-
di allorché si tratta di individuare in cosa consista detto
quid pluris
. Secondo un orien-
tamento
57
sarebbe indispensabile che il negozio miri al soddisfacimento di un interesse
pubblico, così come tradizionalmente si richiede per la fondazione.
Vi è poi chi
58
ritiene che la meritevolezza sussisterebbe allorché il negozio tenda al-
l’adempimento di un dovere morale ovvero persegua uno scopo di pubblica utilità. Ad
avviso di altra impostazione
59
è necessaria la presenza di un interesse sufficientemente
serio da prevalere sull’interesse economico generale, con particolare riguardo all’interes-
se dei creditori del disponente. Altri autori
60
fanno riferimento alla meritevolezza come
adeguatezza dell’organizzazione della destinazione rispetto alla finalità che il disponen-
te persegue, traendo spunto anche da quanto richiede l’art.1 terzo comma del D.P.R.
n. 361/2000 per il riconoscimento di associazioni e fondazioni.
Chi ha forse più approfondito la questione
61
ritiene che l’interesse perseguito
debba avere una valenza sociale di rilevanza tale da risultare già previsto e tutelato
da altre e preesistenti norme dell’ordinamento giuridico: a tale riguardo, si fa riferi-
mento sia a norme contenute nel codice civile che a talune leggi speciali, prima fra
tutte quella sull’impresa sociale (trattasi del D.Lgs. n. 155/2006).
Un diverso orientamento, che risulta minoritario in dottrina
62
, ma che, alla stessa
stregua della tesi dominante, ha trovato adesione da parte di alcune pronunzie di
merito
63
, ritiene invece di identificare la meritevolezza dell’interesse con la sua liceità,
sulla falsariga di quanto la giurisprudenza abitualmente ritiene — come si è visto —
con riguardo alla meritevolezza cui fa riferimento l’art. 1322 secondo comma c.c. In
effetti, la tesi in questione appare dotata di una sua plausibilità, perché gli argomenti
addotti dalla tesi dominante non appaiono del tutto persuasivi.
In primo luogo, non pare possibile trarre argomento a favore della tesi dominante
dall’elencazione dei possibili beneficiari contenuta nell’art. 2645 ter c.c.: quale che
fosse l’originaria intenzione del legislatore, infatti, resta il fatto che il testo
definitivamente approvato della norma, con la sua menzione, altresì, di ‘‘
altri enti o
persone fisiche
’’, ha finito per privare di rilevanza il precedente riferimento ai
disabili ed alle pubbliche amministrazioni, così dimostrando — una volta di più —
quanto sia scaduta negli ultimi anni la tecnica legislativa. Un ulteriore argomento a
favore di detta tesi appare fornito dalla considerazione che, nel caso in cui il dispo-
nente, essendo animato da un intento liberale, decidesse di attuarlo ponendo in
essere, in luogo del negozio di cui all’art. 2645 ter c.c., una donazione diretta ovvero
indiretta, di certo il legislatore si accontenterebbe della mera liceità della medesima;
né la prospettiva muterebbe se il disponente attuasse il suo intento non liberale non
già facendo ricorso alla nuova norma, bensì utilizzando un diverso negozio, tipico
o atipico. L’illogicità della teoria richiedente un
quid pluris
rispetto alla liceità
parrebbe divenir ancor più manifesta nel caso in cui il disponente facesse, invece,
ricorso alla contigua figura del trust, essendo diffusa l’opinione
64
secondo la quale
per quest’ultimo negozio sia, invece, sufficiente (anche dopo l’avvento
dell’art.2645ter c.c.) la liceità degli interessi perseguiti
65
. L’eventuale adesione alla
tesi secondo la quale la meritevolezza dell’interesse perseguito dall’atto di destina-
zione non si esaurisce nella sua mera liceità pone l’interprete di fronte ad ulteriori
complesse questioni da risolvere, che non è possibile affrontare in questa sede
66
.
6. Se nell’atto di destinazione sia ammissibile la designazione non solo di
soggetti beneficiari delle utilità rivenienti dai beni destinati durante la
vigenza della destinazione, ma anche di soggetti cui i beni dovranno essere
attribuiti alla fine della destinazione
Com’è noto, in tema di trust si suole distinguere fra beneficiari destinati a godere
delle utilità rivenienti dai beni destinati durante il periodo di durata della destinazio-
ne (cosiddetti ‘‘
beneficiari di reddito’
67
), ma anche beneficiari destinati a ricevere
detti beni una volta terminato il periodo suddetto (cosiddetti ‘‘
beneficiari finali
’’).
In tema di atto di destinazione è, allo stato, minoritaria l’opinione secondo la
quale
68
il disponente non può prevedere beneficiari finali, sì che, una volta cessato
il vincolo, il bene resta nella titolarità dello stesso disponente ovvero — se esiste un
L'atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c.
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51
Nel trust, in altri termini, si verifica sempre (in stretta aderenza al brocardo ‘‘
pretium succedit in locum rei; res succedit in locum pretii
’’) il fenomeno della
cosiddetta ‘‘
surrogazione reale
’’, che consiste nella sostituzione del bene alienato con il suo corrispettivo (a dispetto della sua eventuale natura di bene fungibile) e di
quest’ultimo con il bene che venga grazie ad esso successivamente acquistato, senza che venga meno (a patto che — s’intende — siano espletate le formalità pubblicitarie di volta
in volta necessarie, avuto riguardo alla natura del bene, per opporre ai terzi l’esistenza del vincolo su di esso) l’effetto della separazione patrimoniale connesso all’esistenza
di beni in trust.
52
Il principale teorico di questa impostazione è E. Betti,
Sui principi generali del nuovo ordine giuridico
, in Studi sui principi generali dell’ordinamento giuridico fascista, Pisa 1943.
53
Anche dalla giurisprudenza: cfr. ad esempio Cass. n. 1061/1991; Cass. n. 7832/1998; Cass. n. 2288/2004.
54
Cfr. G. Gabrielli,
Vincoli di destinazione importanti separazione patrimoniale e pubblicità nei registri immobiliari
, in Riv.Dir.Civ. 2007, 327-332; A.Morace Pinelli,
Tipicità dell’atto
di destinazione ed alcuni aspetti della sua disciplina
, in Riv. Dir. Civ. 2008, 460 ss.; Bianca M.-D’Errico-De Donato A.-Priore,
L’atto notarile di destinazione. L’art.2645 ter del codice civile
, Milano
2006, 15 ss.
55
Cfr. Trib. Trieste - Giudice Tavolare (decr.) 7.4.2006, in Trusts 2006, 417; Trib.Brindisi 28.3.2011, , in Trusts 2011, 633; Trib.Vicenza 31.3.2011, in Fall 2012, 1461;
Trib.Verona 13.3.2012, in http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/7073.pdf; Trib.Reggio Emilia 22.6.2012, , in Trusts 2013, 57; Trib.Roma 18.5.2013 inedito; App.Trieste
19.12.2013 in http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/9858.pdf.
56
Ma nel senso che, in realtà, i lavori parlamentari non sono di alcun aiuto per la soluzione della questione in esame, poiché da essi risulta come ciascuno dei soggetti via via intervenuti
nel dibattito avesse una propria personale idea del concetto di meritevolezza dell’interesse, cfr. R.Lenzi,
Le destinazioni atipiche e l’art.2645 ter c.c.
, in Contr. e Impr. 2007, 239-240.
57
Cfr. F. Gazzoni,
Osservazioni
, in Aa.Vv.,
La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione. L’art.2645 ter del codice civile
, a cura di M.Bianca, Milano 2007, 214 ss.
58
Cfr. A. Morace Pinelli,
Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore
, Milano 2007, 160 ss., in partic. 190 ss.
59
Cfr. G. Petrelli,
La trascrizione
cit., § 8.
60
Cfr. A. De Nova,
Esegesi dell’art.2645ter c.c.
, in Aa.Vv., Atti del convegno “Atti notarili di destinazione dei beni: art.2645 ter c.c.”. Milano 19.6.2006, reperibile sul sito
www.scuoladinotariatodellalombardia.org/relazioni.htm.
61
Cfr Bianca M.-D’Errico-De Donato A.-Priore,
L’atto notarile
cit. , 15 ss.; A.Morace Pinelli,
Tipicità dell’atto di destinazione
cit., 460 ss.
62
Cfr. G. Vettori,
Atto di destinazione e trascrizione. L’art.2645 ter c.c,
in Aa.Vv.,
La trascrizione dell’atto negoziale di
destinazione
cit., 176-178; S.Meucci,
La destinazione
cit.,
232 ss.; S. Bartoli,
Trust e atto di destinazione
cit., 167 ss.
63
Cfr. Trib. Reggio Emilia (decr.) 26.3.2007, in Trusts 2007, 419; Trib.Urbino 11.11.2011, in Trusts 2012, 407; Trib.Urbino 31.1.2012, in Trusts 2012, 406; Trib.Lecco
26.4.2012, in http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/7566.pdf.
64
Cfr. in dottrina A.Picciotto,
Brevi note sull’art.2645 ter: il trust e l’araba fenice
, in Contr. e Impr. 2006, 1322-1325 e 1328-1329, il quale a p. 1324 parla di ‘‘
aporia’’
;
A.Morace Pinelli,
Atti di destinazione
cit., 286; in giurisprudenza Trib. Trieste – Giudice Tavolare (decr.) 7.4.2006, in Trusts 2006, 417; Trib.Brindisi 28.3.2011, in Trusts 2011,
639; Trib.Urbino 11.11.2011, in Trusts 2012, 407; Trib.Urbino 31.1.2012, in Trusts 2012, 406; Trib.Reggio Emilia 22.6.2012, in Trusts 2013, 57.
65
Occorre comunque precisare che, a seguito dell’introduzione dell’art. 2645 ter c.c., taluno dei fautori della tesi secondo la quale la meritevolezza ivi prevista non si esaurisce
nella mera liceità ha ritenuto che anche il trust non potrebbe più limitarsi a realizzare interessi meramente leciti: cfr in tal senso il provvedimento amministrativo Uff. Prov.
Roma Agenzia Territorio 8.9.2006, inedito e citato in A.Zoppini,
Destinazione patrimoniale e trust: raffronti e linee per una
ricostruzione sistematica
, in Aa.Vv., Negozio di
destinazione: percorsi cit., 337, ed in giurisprudenza — se ben se ne è compreso il senso — Trib. Trieste - Giudice Tavolare (decr.) 19.9.2007, in Trusts 2008, 42].
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Ci si chiede, infatti: a) se il notaio rogante debba effettuare un controllo sulla meritevolezza dell’interesse sotteso al negozio ovvero se debba procedere solo all’ordinario
controllo sulla liceità del medesimo; b) se sia o meno valido l’atto di destinazione il quale realizzi un interesse lecito, ma immeritevole di tutela; c) ove si sia disposta al quesito
sub a) nel senso che grava sul notaio il controllo di meritevolezza dell’interesse, se vi sia — laddove il negozio risulti lecito ma immeritevole di tutela — una sua responsabilità
disciplinare ai sensi dell’art. 28 L. not. (essendo, ovviamente, pacifica una sua responsabilità civile in ogni ipotesi in cui, per ragioni a lui imputabili, il negozio non raggiunga
il risultato richiesto dal cliente). Su questi temi si rinvia a S. Bartoli,
Trust e atto di destinazione
cit., 181 ss.
67
A ben guardare, comunque, nella prassi redazionale non è infrequente imbattersi in una nozione allargata – e in definitiva impropria - di ‘‘
beneficiari di reddito
’’, cioè
comprensiva anche di soggetti titolari del diritto di ricevere, durante il trust, beni capitali.
68
Cfr. F. Gazzoni,
Osservazioni
cit., 226-227; G. Oberto,
Atti di destinazione (art.2645 ter c.c.) e trust: analogie e differenze
, in Contr. e Impr. Europa 2007, 405 ss.