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NUMERO 217 - GENNAIO / FEBBRAIO 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
e) se è vero che il generale riferimento ad ‘‘
atti in forma pubblica’
’ parrebbe in
astratto consentire all’interprete l’inclusione, quanto meno, del testamento pubbli-
co, resta il fatto che l’art. 603 c.c. esige la presenza, altresì di due testimoni, di cui
invece la nuova norma non parla
21
;
f) la nuova norma, attribuendo la legittimazione ad agire per la realizzazione del fine
di destinazione in primo luogo al ‘‘
conferente’’
e precisando che gli altri soggetti
interessati possiedono una siffatta legittimazione ‘‘
anche durante la vita del confe-
rente stesso’’
, appare presupporre la necessaria esistenza in vita (non solo quando
il negozio istitutivo viene posto in essere, ma anche quando esso sta producendo i
propri effetti) dell’autore della destinazione stessa
22
;
g) l’art. 1322 c.c., al cui secondo comma la nuova norma fa espresso riferimento, è
applicabile solo ai negozi
inter vivos
23
, come suggerito dal tenore letterale dell’art.
1324 c.c. (secondo il quale le norme sui contratti si applicano, in quanto compati-
bili, ‘‘
per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale’
’) e come afferma
altresì autorevole dottrina
24
. Appare evidente che, se la tesi contraria all’atto di
destinazione testamentario avesse fondamento, tale figura negoziale sarebbe meno
competitiva rispetto al trust interno
25
, essendo invece pacifica l’ammissibilità di un
trust testamentario
26
. L’opinione dominante
27
ammette invece l’atto di destinazio-
ne testamentario, facendo leva sui seguenti argomenti:
a) pur se la nuova norma tace in tema di testamento, non è in essa reperibile un
espresso divieto al riguardo, come ad esempio accade nell’art. 2821 c.c., il cui
secondo comma vieta la concessione d’ipoteca per testamento
28
;
b) il silenzio della nuova norma è superabile, perché essa introduce una figura
generale di negozio di destinazione
29
;
c) a ben guardare, il generale riferimento della nuova norma ad ‘‘
atti in forma pubblica
’’
consente all’interprete l’inclusione, quanto meno, del testamento pubblico
30
;
d) l’esclusione del testamento sarebbe fonte di un’ingiustificata disparità di tratta-
mento rispetto al negozio
inter vivos
31
;
e) l’omessa menzione, da parte dell’art. 2648 c.c., dell’acquisto
mortis causa
ex art.
2645 ter c.c. può spiegarsi come un difetto di coordinamento di tale norma con la
nuova disposizione
32
;
f) l’art. 1324 c.c., pur dichiarando in linea di principio l’inapplicabilità al testamen-
to delle norme in tema di contratti (e quindi anche dell’art. 1322 c.c., richiamato
dall’art. 2645 ter c.c.), fa salve diverse disposizioni di legge, e ben potrebbe attri-
buirsi alla nuova norma il ruolo — appunto — di norma che deroga a detto princi-
pio, cioè di norma che, prevedendo anche il negozio di destinazione testamentario,
consente l’eccezionale applicazione ad esso dell’art. 1322 c.c., e precisamente del
suo secondo comma
33
.
4. Se oggetto dell’atto di destinazione possano o meno essere
anche beni diversi da quelli espressamente indicati dall’art. 2645 ter c.c.
L’art. 2645 ter c.c. menziona, quale oggetto iniziale del negozio, i beni immobili ed
i beni mobili registrati, mentre successivamente la norma precisa che sono oggetto
del fondo destinato (in quanto ‘‘
possono essere impiegati solo per la realizzazione
del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione... solo per debiti
contratti per tale scopo
’’) non solo quanto ha formato oggetto dell’apporto iniziale
(‘‘
i beni conferiti
’’), ma anche i ‘‘
frutti’’
che successivamente siano stati prodotti da
detti beni (i quali frutti — evidentemente — avranno natura di beni mobili non
registrati). Occorre subito evidenziare che una siffatta tecnica normativa presenta
punti di evidente somiglianza con quella utilizzata in tema di fondo patrimoniale
34
.
È discusso se possano o meno costituire oggetto della destinazione anche beni e
diritti diversi da quelli espressamente previsti dall’art. 2645 ter c.c.
Secondo un diffuso orientamento dottrinale
35
, che ha trovato riscontro anche, sia
pure solo implicitamente, in una pronunzia giudiziaria
36
, la risposta dovrebbe esse-
re positiva, purché si tratti di beni aventi natura tale da rendere possibile l’effettua-
zione della pubblicità del vincolo ai fini della sua opponibilità ai terzi
37
: ciò in
quanto — a dire di tali autori — la norma sarebbe formulata in modo tale da lasciar
desumere la pacifica ammissibilità, a monte, della generale figura del negozio di
destinazione
38
. Parrebbe, però, più persuasiva la tesi
39
secondo la quale solo i beni
menzionati dall’art. 2645 ter c.c. possono essere oggetto del negozio ivi previsto,
tesi alla quale ha aderito anche la giurisprudenza ad oggi prevalente
40
. I fautori della
tesi restrittiva ricorrono, per lo più, alle argomentazioni che seguono. L’art. 2645
ter c.c. non si limita a prevedere la trascrivibilità del negozio di destinazione, ma ne
fornisce la nozione e ne descrive gli effetti, sì che pare innegabile la sua natura non
solo di norma sulla trascrizione, ma anche di norma sostanziale. Appare pertanto
probabile che, al di fuori di quanto espressamente consentito dall’art. 2645 ter c.c.,
riprenda vigore la riserva di legge in tema di patrimoni separati di cui all’art.2740
secondo comma c.c. (riserva di legge che parrebbe rendere la nuova norma
insuscettibile di una lettura estensiva o analogica) e che, pertanto, mancando una
norma sostanziale su cui fondare un negozio di destinazione mobiliare, ne dovrebbe
risultare precluso l’effetto di separazione patrimoniale
41
.
Né la tesi estensiva parrebbe poter trovare conforto, com’è stato osservato
42
, nel
riferimento ai ‘‘
frutti’’
contenuto nell’ultimo periodo dell’art.2645 ter c.c., poiché
anche con riguardo al fondo patrimoniale — pur essendovi norme (gli artt. 168
secondo comma e 170 c.c.) che dichiarano inclusi nel medesimo anche i frutti dei
beni inizialmente conferiti — l’opinione del tutto dominante è (come si è visto in
precedenza
43
) dell’avviso che non possano essere conferiti in detto fondo destinato
beni di natura diversa da quelli indicati nell’art. 167 c.c.
Com’è stato osservato
44
, ove si aderisca alla tesi secondo la quale il negozio ex art.
2645 ter c.c. può avere ad oggetto solo immobili o mobili registrati, emergono
notevoli profili di divergenza del negozio di destinazione rispetto al trust, i quali ne
comportano, altresì, una minor competitività rispetto a quest’ultimo istituto
45
.
In primo luogo, infatti, è noto che può costituire oggetto di trust qualunque bene
suscettibile di valutazione economica
46
: circostanza questa non da poco, in ispecie
ove si consideri che attualmente la gran parte della ricchezza è — appunto — quella
di natura mobiliare. Occorre poi evidenziare che, se con il negozio di cui all’art.
2645 ter c.c. fosse in effetti impossibile destinare beni diversi dagli immobili e dai
mobili registrati, l’istituto risulterebbe afflitto da quello stesso limite operativo che
caratterizza il fondo patrimoniale
47
. Se infatti l’immobile oggetto del negozio di
destinazione viene, ad esempio, alienato a titolo oneroso
48
e la controprestazione
ricevuta non ha ad oggetto un bene idoneo — ex art. 2645 ter c.c. — a costituire
oggetto del fondo
49
, durante tutto il periodo compreso fra la riscossione della
somma ed il reimpiego della medesima da parte del gestore per l’acquisto di un bene
idoneo ad essere a propria volta oggetto del fondo (cioè un bene immobile o mobile
registrato) detta somma non parrebbe beneficiare della separazione patrimoniale
(cioè parrebbe non essere oggetto del fondo destinato di cui faceva parte l’immobile
alienato) e sembrerebbe quindi —a rigore—aggredibile anche dai creditori sorti da
rapporti estranei al fine della destinazione
50
.
Analoghe conclusioni parrebbero poi imporsi, nell’ipotesi di distruzione dell’im-
mobile destinato, per la somma incassata dal gestore a titolo di indennizzo in virtù
dell’eventuale esistenza di una polizza assicurativa.
Il suddescritto limite operativo che caratterizza il negozio ex art. 2645 ter c.c., non
21
Cfr. S. Bartoli,
Riflessioni
cit., 1300.
22
Cfr. S.Bartoli,
Riflessioni
cit., 1300.
23
Cfr. A.Merlo,
Brevi note
cit., 511-512.
24
Cfr. G.Bonilini,
Autonomia testamentaria e legato
, Milano 1990, 64 ss.
25
Cfr S.Bartoli,
Riflessioni
cit., 1300.
26
Così dispone, infatti, l’art.2 paragrafo primo della Convenzione: “
Ai fini della presente Convenzione, per trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il
disponente – con atto tra vivi o
mortis causa
- qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato
”.
27
Cfr ad esempio G. Petrelli,
La trascrizione
cit., § 2.
28
Cfr. A.Merlo,
Brevi note
cit., 510.
29
Cfr. S. Meucci,
La destinazione di beni tra atto e rimedi
, Milano
2009, 307.
30
Cfr G.Petrelli,
La trascrizione
cit., § 2.
31
Cfr G.Petrelli,
La trascrizione
cit., § 2.
32
Cfr G.Petrelli,
La trascrizione
cit., § 2.
33
Così, implicitamente, A.Merlo,
Brevi note
cit., 512.
34
Cfr. infatti, quanto all’oggetto iniziale, l’art. 167 c.c., che parla di ‘‘
immobili, mobili registrati e titoli di credito
’’ nonché,
quanto all’oggetto ‘‘
sopravvenuto’’
, gli artt. 168 secondo comma c.c., che impone di impiegare i frutti dei beni costituiti in fondo per i bisogni della famiglia, e 170 c.c., che prevede
l’esecutabilità — per debiti familiari e per debiti extrafamiliari nei confronti di soggetti di buona fede — non solo dei ‘‘
beni’’
inclusi nel fondo, ma anche dei loro ‘‘
frutti’
.
35
Cfr. S.Meucci,
La destinazione
cit., 163, 318 e 523 ss.; G. Petrelli,
La trascrizione
cit., § 5.
36
Cfr Trib.Genova 11.12.2012, in Trusts 2013, 542, il quale ha omologato una
separazione consensuale prevedente la costituzione di un vincolo di destinazione su quote di s.r.l.
37
A tale riguardo, l’orientamento in esame menziona le partecipazioni in società di capitali (cfr. S.Meucci, La destinazione cit., 524-525), le partecipazioni in società di persone
iscritte nel registro imprese (cfr. M.Manuli,
L’art.2645 ter. Riflessioni critiche
, in Vita Not 2007, 395), i titoli di credito (cfr. G. Petrelli,
La trascrizione
cit., § 5), ivi inclusi quelli
dematerializzati (cfr. M.Manuli,
L’art.2645 ter
cit., 394-395), le universalità di mobili (cfr. G. Doria,
Relazione introduttiva
in Atti del convegno “Le nuove forme di
organizzazione del patrimonio. Dal trust agli atti di destinazione”. Roma 28-29.9.2006, reperibile sul sito www.economia.uniroma2.it , § 2), le aziende (cfr. G. Doria,
Relazione
cit., § 2), i marchi, i brevetti e le opere cinematografiche (cfr. G. Baralis,
Prime riflessioni in tema di art.2645 ter c.c.
, in Aa.Vv.,
Negozio di destinazione: percorsi verso
un’espressione sicura dell’autonomia privata
, Atti dei Convegni di Rimini in data 1.7.2006 e di Catania in data 11.11.2006, Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato,
Milano 2007, 146) ed addirittura i beni mobili in generale (cfr. R.Quadri,
L’art.2645 ter c.c. e la nuova disciplina degli atti di destinazione
, in Contr. e Impr. 2006, 1727, sia pure
dubitativamente). Trattasi di un tentativo di interpretazione estensiva della norma analogo a quello che è stato effettuato in tema di fondo patrimoniale con riferimento al già
menzionato (cfr nota 34) art.167 c.c., allorché si è sostenuto (cfr Trib. Milano 5.5.2001, in www.federnotizie.org, numero del settembre 2002 della rivista
on line
) che
potrebbero esserne oggetto anche le quote di s.r.l. in quanto esse rientrano fra i ‘‘
titoli di credito
’’ di cui parla detta norma (argomento questo che appare irrilevante nella presente
sede, poiché l’art. 2645 ter c.c. non menziona, a differenza dell’art. 167 c.c., i titoli di credito) e per esse esiste un sistema di pubblicità legale rappresentato dal registro delle
imprese (ma in senso contrario cfr. Trib. Forlì 23.10.2006 inedita; Trib. Milano 8.7.1998, in www.federnotizie.org, numero del novembre 1998 della rivista
on line
; più in
generale, l’opinione del tutto dominante afferma che possono essere oggetto del fondo patrimoniale soltanto i beni espressamente previsti dall’art. 167 c.c.: cfr. ad esempio T.
Auletta,
Il fondo patrimoniale
, in Il Codice Civile – Commentario diretto da P.Schlesinger, Milano 1992, 106).
38
Come si è accennato nel testo, il fondamento concettuale su cui parrebbe basarsi, esplicitamente ovvero implicitamente, l’interpretazione estensiva dell’art. 2645 ter c.c. qui in
esame è essenzialmente quello secondo il quale l’art. 2645 ter c.c., lungi dall’introdurre
ex novo
nell’ordinamento la figura del negozio di destinazione opponibile ai terzi, altro non
avrebbe fatto che dare una conferma di diritto positivo all’ammissibilità di tale negozio se volto a realizzare interessi meritevoli di tutela (ammissibilità che sarebbe desumibile dal
sistema, e precisamente dall’art.1322 c.c.), introducendo una norma espressa dedicata alla trascrizione di quello avente ad oggetto beni immobili o beni mobili registrati.
39
Cfr. M.Lupoi,
Atti istitutivi di trust e contratti di affidamento fiduciario, con formulario
, Milano 2010, 428; S. Bartoli,
Riflessioni
cit., 1301 ss.
40
Cfr. Trib. Reggio Emilia (decr.) 26.3.2007, in Trusts 2007, 421; Trib.Brindisi 28.3.2011, in Trusts 2011, 639; Trib. Reggio Emilia (decr.) 27.8.2011, in
Trusts 2012
, 61.
41
Per una recente conferma giurisprudenziale dell’esigenza di intepretare restrittivamente, per le esposte ragioni, l’art.2645 ter c.c., cfr Trib.Roma 18.5.2013 inedito.
42
Cfr. S.Bartoli,
Riflessioni
cit.7, 1302, sulla scia di quanto si afferma — cfr. T.Auletta,
Il fondo patrimoniale
cit., 106 -107 — in tema di fondo patrimoniale.
43
Cfr nota 37.
44
Cfr. S.Bartoli,
Riflessioni
cit., 1302.
45
A ben guardare, fra l’altro, ciò può affermarsi anche laddove si sposi, invece, la tesi estensiva, poiché si è visto
in precedenza (cfr nota 37) come i fautori della medesima tendano, per lo più , a non giungere fino al punto di ammettere che possa essere oggetto dell’atto di destinazione
qualunque bene mobile (ivi incluso il denaro).
46
Trattasi di un punto pacifico: cfr. M. Lupoi,
Trusts
, Milano 2001, 4-5.
47
Cfr. S.Bartoli
Il problema della conversione del fondo patrimoniale in trust: osservazioni a margine di due recenti vicende giudiziarie
, in Trusts 2003, 393 ss.
48
S’intende: senza che ciò comporti violazione della destinazione, poiche´ l’eventuale alienazione abusiva del bene destinato pone il diverso problema – che non può essere
affrontato in questa sede (si veda al riguardo S. Bartoli,
Trust e atto di destinazione nel diritto di famiglia e delle persone
, Milano 2011, 277 ss.) - della tutela dei beneficiari della
destinazione nei confronti del soggetto che acquista dal gestore infedele.
49
Come accade, ad esempio, se si tratta di denaro.
50
Sarà, infatti, il bene acquistato con il ricavato dell’alienazione a poter costituire il nuovo oggetto del fondo e sarà, pertanto, onere del gestore quello di pubblicizzare nei modi
di legge (onde poterlo efficacemente opporre ai terzi) l’avvenuto ‘‘trasferimento’’ del vincolo del fondo dal bene alienato al bene acquistato (sull’esigenza di tale ulteriore
pubblicità cfr. altresì G. Baralis,
Prime riflessioni
cit., 154.
L'atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c.
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