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NUMERO 215 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2013
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PROFESSIONE
ANTONELLA PIGAT
Ordine di Pordenone
IL COMMERCIALISTA VENETO
Decreto "del fare": reintrodotta
la mediazione obbligatoria
SEGUE A PAGINA 24
SERGIO CECCOTTI
Ordine di Gorizia
D.L. 21 giugno 2013 n. 69
La legge 9 agosto 2013, n. 98 è stata pubblicata in
G.U. il 20 agosto 2013. Le norme ivi contenute,
atteso che l’operatività delle disposizioni è stata
rinviata a dopo che siano decorsi 30 giorni dal-
l’entrata in vigore della legge di conversione stes-
sa, hanno avuto piena efficacia a partire dal 20
settembre 2013.
E’ legittimo chiedersi per quale motivo sia stato
necessario un ulteriore decreto legge per disci-
plinare una materia che, già avevamo avuto modo
di illustrare in queste pagine, trovava piena
compiutezza nel D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 entra-
to in vigore, nella sostanza, l’anno successivo.
Forse non sarà sfuggito al lettori che il ricorso a
formule alternative di risoluzione delle contro-
versie (ADR:
Alternative Despute Resolution
),
quale appunto la mediazione con la quale il legi-
slatore italiano ha provato a risolvere il grave
problema dei ritardi nell’amministrazione della
giustizia, non ha trovato il consenso della pro-
fessione forense. Senza entrare nella polemica
che si è accesa intorno all’istituto della mediazio-
ne come concepito ed attuato dal primo decreto,
effettivamente i dubbi di legittimità sollevati
dall’Avvocatura hanno avuto piena soddisfazio-
ne con la Sentenza della Corte Costituzionale n.
272 pubblicata il 06/12/2012.
E’ noto che i procedimenti di mediazione ex D.Lgs.
28/2010, dopo un aumento delle richieste di attiva-
zione del procedimento intervenuto nel periodo
marzo 2011 – dicembre 2012, ovviamente motivato
dall’obbligatorietà prevista per alcune materie co-
siddette “ad alta litigiosità” ha, nei fatti, avuto un
crollo dopo la sentenza sopra ricordata che ha
sancito l’illegittimità proprio dell’obbligatorietà del
tentativo di mediazione. La pronuncia della Su-
prema Corte non ha inciso sull’istituto “in sé” il
quale è stato riconosciuto legittimamente
avvicinabile quando ci sia la volontà delle parti a
farlo: il
vulnus
si è riscontrato piuttosto sulla sua
obbligatorietà. Dell’art. 5 del D. Lgs. 28/2010 ne è
stata dichiarata la illegittimità per violazione dell’art.
76 della Costituzione. (1)
Non avendo pretesa di esaustività e sperando di
contribuire a fare chiarezza su un argomento che
si è prestato ad interpretazioni “di parte” vorre-
mo offrire un commento di sintesi quanto più
possibile oggettivo.
E’ utile ricordare che, dalla data di entrata in vi-
gore del primo decreto (20/03/2011), l’art. 5, per le
materie ivi indicate, aveva previsto che l’esperi-
mento di un tentativo di mediazione fosse condi-
zione di procedibilità della domanda avanti al-
l’Autorità Giudiziaria. Il novero delle materie ob-
bligatorie si era ampliato decorso un anno del-
l’entrata in vigore includendo il risarcimento del
danno derivante dalla circolazione di veicoli e
natanti, da responsabilità medica e diffamazione
con il mezzo della stampa o con altro mezzo di
pubblicità. Pertanto, chi intendeva esercitare in
giudizio un’azione relativa ad una controversia
sulle materie ivi elencate aveva l’obbligo prelimi-
nare di esperire il procedimento di mediazione.
Il ricorso che l’Avvocatura ha presentato alla
Corte ha avuto per
petitum
la valutazione circa la
corrispondenza fra gli atti deleganti e l’atto dele-
gato cioè, detto in altri termini, se il decreto legi-
slativo 28/2010 fosse stato emanato nel rispetto
della legge delega che, a sua volta, era stata ema-
nata in recepimento di una direttiva comunitaria.
L’art. 76 Cost. detta un principio che non possia-
mo non giudicare corretto: l’esercizio della fun-
zione legislativa non può essere delegato al Go-
verno se non con determinazione di principi e
criteri direttivi.
Il decreto 28 è un atto del Governo che è stato
emanato in esecuzione di una legge delega pro-
mulgata dal Parlamento, legge che ha recepito
una direttiva del Parlamento Europeo. Il fine espli-
cito che la direttiva vuole perseguire con questo
intervento è proprio: “garantire un migliore ac-
cesso alla giustizia”. Si capisce quindi che le cri-
tiche di chi giudica l’impianto normativo del de-
creto 28 completamente sbagliato esprimono un
giudizio di merito. Una cosa è affermare che la
mediazione è inutile, diverso è dire che l’impian-
to normativo può essere migliorato. L’intervento
della Corte, sempre a nostro modo di vedere, va
in questa direzione: migliora un aspetto senza
stravolgere il tutto.
Approfondendo la Dir. 2008/52/CE, la Corte arri-
va ad individuare che esiste “un
favor
” verso i
procedimenti
ADR
senza che siano date indica-
zioni agli Stati membri circa l’opportunità o meno
di introdurre procedure obbligatorie così come
non vengono censurate norme di diritto interno
che intendano premiare oppure punire chi va o
meno in mediazione. L’unico vincolo esplicito è
che le legislazioni degli stati membri non devono
impedire alle parti di esercitare il loro diritto di
accesso al sistema giudiziario. Merita di essere
citata la Sent. della Corte di Giustizia dell’UE in
data 18/03/2010 che ha affermato, fra gli altri, il
seguente principio: “..non osta ad una normati-
va di uno Stato membro in forza della quale le
controversie in materia di servizi di comunicazio-
ne elettronica fra utenti finali e fornitori di tali
servizi, …devono formare oggetto di un tentati-
vo obbligatorio di conciliazione extragiudiziale
come condizione per la ricevibilità dei ricorsi
giurisdizionali”. La Corte Europea dice in so-
stanza che il tentativo obbligatorio di concilia-
zione (sebbene limitato a materie specifiche) non
è contrario ai principi informatori.
E’ errata l’opinione di chi ritiene che il decreto 28/
2010 non rispetti i principi della direttiva perché
abbiamo visto che, sul punto, la direttiva è neu-
tra ovvero la legge di recepimento domestica
poteva prevedere o meno l’obbligatorietà del ten-
tativo di conciliazione.
Il “pasticcio” è tutto nazionale
. La non confor-
mità che i Giudici Costituzionali ravvisano nell’art.
5 del decreto 28 è il mancato rispetto dei criteri
previsti nella legge delega italiana. La legge di
recepimento della direttiva comunitaria non ac-
coglie, dicono i Giudici, il principio della obbliga-
(1)
Art. 76 Cost. : “L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per
tempo limitato e per oggetti definiti.
torietà del tentativo di conciliazione, sebbene
abbiamo visto che poteva farlo in base ai principi
della UE. E’ il nostro Parlamento che non ha vo-
luto che la conciliazione avesse carattere obbli-
gatorio. La Corte desume ciò ricercando, ancora
una volta, fra i principi ed osserva che la legge
non dà indicazioni circa il modello di mediazione
da adottare: questo silenzio non è casuale perché
la scelta del modello costituisce un profilo centra-
le nella disciplina dell’istituto come risulta dal-
l’ampio dibattito dottrinale svoltosi in proposito.
Corretta appare poi l’osservazione dell’art. 60,
comma 3) lett. n) L. 69/2009 dove si dispone che
il Governo doveva attenersi al principio di preve-
dere l’obbligo per l’avvocato di informare il clien-
te, prima dell’instaurazione del giudizio, della
possibilità di avvalersi della mediazione. Questa
istruzione è stata tradotta in modo coerente
nell’art. 4 comma 3 primo periodo del D.Lgs. 28/
2010 ma in modo non coerente nella seconda parte
dello stesso articolo “L’avvocato informa altresì
l’assistito dei casi in cui l’esperimento del proce-
dimento di mediazione è condizione di
procedibilità della domanda giudiziale” : questo
secondo capoverso eccede chiaramente la dele-
ga perché tramuta in “dovere” quello che dove-
va essere solo una “possibilità”.