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NUMERO 213 - MAGGIO / GIUGNO 2013
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IL COMMERCIALISTA VENETO
collegati di cui all’art. 168 del TUIR.
La lettera a) del presente comma prevede che la disciplina CFC si applichi nel caso
in cui la tassazione effettiva a cui è assoggettato il soggetto controllato sia inferiore
della metà di quella virtualmente applicabile in Italia. Il confronto tra i due
tax rate
dovrà essere condotto in riferimento alle imposte sul reddito individuate dalle
Convenzioni contro la doppia imposizione vigenti tra l’Italia e il Paese di localizza-
zione. Qualora tale Convenzione non sia stata stipulata, si dovrà confrontare l’im-
posta IRES con le corrispondenti imposte sul reddito nel Paese straniero. Oggetto
della comparazione non dovranno essere le semplici aliquote, bensì il rapporto tra
le imposte sul reddito imponibile e l’utile al lordo delle imposte stesse.
Secondo la dottrina, che riprende quanto descritto nella circolare 51/E del 2010, per
il conteggio dell’
effective tax rate
del Paese in cui è localizzata la società controllata
dovrà essere preso come riferimento il bilancio d’esercizio o il rendiconto redatto
secondo le norme locali. Le imposte da rapportare all’utile ante imposte dovranno
essere quelle effettivamente dovute secondo la normativa locale al netto di eventua-
li ritenute, crediti d’imposta o eventuali agevolazioni (non derivanti da accordi tra
il soggetto e l’Amministrazione locale). Decisamente più complesso risulta essere
il conteggio del
tax rate
virtuale italiano: ai dati del bilancio d’esercizio, redatto
secondo le norme locali, dovranno essere applicate le disposizioni del TUIR, pur
con alcune eccezioni.
Per quanto concerne invece le disposizioni di cui alla lettera b) del comma in
oggetto, per
passive income
si intendono i proventi che il soggetto estero consegue
dalla gestione, detenzione o investimento di titoli, partecipazioni, crediti o altre
attività finanziarie che generano reddito attraverso dividendi, plusvalenze, interessi
attivi, dalla cessione o concessione in uso di diritti immateriali collegati a proprietà
intellettuali, letterarie o artistiche e dalle prestazioni di servizi infragruppo anche se
di natura finanziaria. Come già precisato, le due condizioni anzidette devono veri-
ficarsi congiuntamente per comportare l’applicazione della disciplina CFC.
Ai sensi del comma 8 ter dell’art. 167 del TUIR, le disposizioni del comma 8 bis
non si applicano se il soggetto residente dimostra, tramite la presentazione di un
interpello preventivo, che l’insediamento all’estero non rappresenta una costru-
zione artificiosa
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, volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale. La circolare
dell’Agenzia delle Entrate n. 51/E del 2010 ha chiarito che, con tale disposizione è
stata trasposta, nella normativa nazionale, la nozione di “costruzione di puro
artificio” elaborata in sede comunitaria, in particolare nella sentenza Cadbury-
Schweppes del 12 settembre 2006 (causa C-196/04). Secondo la Corte di Giustizia
Europea, una costruzione societaria non è da considerare meramente artificiosa ove
“da elementi oggettivi e verificabili da parte di terzi risulti che la controllata è
realmente impiantata nello Stato di stabilimento e ivi esercita attività economiche
effettive”
14
.
LADEDUCIBILITA’DEI COSTI “BLACK LIST”
Tra le disposizioni antielusive introdotte nell’ordinamento tributario al fine di
contrastare le operazioni fittizie realizzate con operatori black list al solo fine di
“distrarre” utili imponibili in Italia verso Paesi o territori a fiscalità privilegiata si
inserisce la norma che disciplina la deducibilità dei costi derivanti da operazioni
intercorse con tali soggetti.
Le disposizioni di riferimento
L’articolo 110, comma 10 del TUIR dispone che non sono ammessi in deduzione le
spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese
residenti ovvero localizzate in Stati o territori diversi da quelli individuati nella lista
di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’articolo 168 bis
15
. Il comma 12
bis dell’art. 110 del TUIR prevede inoltre l’applicazione delle disposizioni in
questione anche alle prestazioni di servizi rese da professionisti domiciliati in Stati
black list.
L’indeducibilità dei costi sostenuti per operazioni concluse con fornitori black list,
si applica a tutti i soggetti residenti che, indipendentemente dalla natura giuridica
rivestita, esercitano nel territorio dello Stato un’attività d’impresa. Con riferimento
ai fornitori esteri black list, l’utilizzo del termine “impresa” non residente implica
il coinvolgimento di qualsiasi soggetto che svolga un’attività d’impresa in uno Stato
o in un territorio diverso da quelli individuati dal decreto di cui all’art. 168 bis del
TUIR, indipendentemente dalla circostanza che sia o meno organizzato in forma
societaria, prescindendo altresì dall’esistenza di qualsiasi legame di natura
partecipativa tra l’impresa residente e il soggetto paradisiaco.
Sotto il profilo oggettivo, la norma rende indeducibili le spese e gli altri componenti
negativi, includendo quindi nell’ambito applicativo oltre ai costi per acquisti di beni
materiali o servizi, gli ammortamenti, le svalutazioni, le perdite, le minusvalenze e
ogni altro componente negativo di reddito derivante da operazioni realizzate con
fornitori residenti in paesi a fiscalità privilegiata.
La disapplicazione della norma antielusiva
La presunzione relativa di elusione contenuta nell’art. 110, comma 10 del TUIR
può essere disapplicata se il contribuente dimostra alternativamente, ai sensi del
comma 11 del medesimo articolo, che le imprese estere svolgono prevalentemente
un’attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispon-
dono ad un effettivo interesse economico e le stesse hanno avuto concreta esecu-
zione. Le due esimenti possono essere rese dal contribuente, in via preventiva,
inoltrando all’Amministrazione Finanziaria apposita istanza di interpello ai sensi
dell’articolo 11, comma 13 della Legge n. 413 del 1991 oppure successivamente in
sede di controllo. In ordine alla dimostrazione della prima esimente, ovvero che le
imprese estere svolgono prevalentemente un’attività commerciale effettiva, l’Agen-
zia delle Entrate con la risoluzione n. 46/E del 16 marzo 2004 ha chiarito che deve
trattarsi di un’attività commerciale ai sensi dell’art. 2195 del Codice Civile e che
tale impresa deve essere realmente operativa, non essendo sufficiente, per la
disapplicazione del regime in oggetto, la semplice predisposizione di meri involucri
giuridici. Relativamente invece alla seconda esimente, per dimostrare che sussiste
un effettivo interesse economico ad effettuare un’operazione con fornitori black
list si dovranno acquisire e conservare tutti i documenti utili per poter risalire alla
logica economica sottesa alla scelta di instaurare rapporti commerciali con un
fornitore residente in un Paese a fiscalità privilegiata
16
.
La separata indicazione dei costi nel modello Unico
L’art. 110, comma 11 del TUIR richiede la separata indicazione in dichiarazione dei
redditi
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dei costi sostenuti nei confronti di operatori black list. La mancata indica-
zione dei costi sostenuti da operatori black list, negli appositi righi della dichiara-
zione, tuttavia non preclude la deducibilità degli stessi; la Legge finanziaria del 2007
ha infatti modificato l’articolo 110, comma 11 del TUIR eliminando la precedente
disposizione che subordinava la deducibilità dei costi alla separata indicazione nella
dichiarazione dei redditi. Sempre la Legge finanziaria del 2007 ha introdotto una
specifica sanzione contenuta nel comma 3 bis dell’articolo 8 del decreto legislativo
18 dicembre 1997, n. 471, pari al 10% dell’importo complessivo delle spese e dei
componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di
euro 500 ed un massimo di euro 50.000.
ILTRANSFERPRICING
L’internazionalizzazione delle imprese conseguente alla globalizzazione dei merca-
ti ha accresciuto la rilevanza, sotto il profilo fiscale, delle politiche di determinazio-
ne dei prezzi di trasferimento relative alle cessioni dei beni e alle forniture di servizi
tra società appartenenti al medesimo gruppo, ma residenti in Paesi differenti. Tal-
volta il meccanismo dei prezzi di trasferimento può essere infatti utilizzato da
soggetti collegati da vincoli di natura economica o giuridica che, pur manifestando
intenzioni formalmente legittime e strategicamente rilevanti, perseguono l’obietti-
vo di minimizzare l’incidenza del prelievo fiscale complessivo sull’utile del gruppo
attraverso, da un lato, l’incremento artificioso della base imponibile delle consociate
operanti in Paesi a fiscalità privilegiata e dall’altro la riduzione del reddito tassabile
delle società localizzate in Paesi a fiscalità più onerosa. In risposta a tali strategie,
i diversi Stati hanno da tempo introdotto disposizioni tese a limitare comporta-
menti elusivi, regolamentando la determinazione del valore da attribuire alle transa-
zioni che intercorrono tra soggetti residenti e soggetti esteri appartenenti al mede-
simo gruppo.
13
ODETTO,
Sono CFC le sole costruzioni estere di puro artificio
, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 16 giugno 2010.
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L’interpretazione seguita nella sentenza Cadbury Schweppes è stata sostanzialmente confermata sia dalla successiva giurisprudenza della Corte (si veda la sentenza 13 marzo
2007, Causa C-524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation), sia dalla Commissione Europea nella comunicazione Com (2007) 785 def del 10 dicembre 2007,
riguardante “L’applicazione di misure antiabuso nel settore dell’imposizione diretta all’interno dell’Ue e nei confronti dei Paesi terzi“.
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Il riferimento alla white list di cui all’art. 168 bis del TUIR è stato introdotto con Legge 24 dicembre 2007, n. 244 che ha sostituito nel TUIR i vecchi riferimenti ai paesi black
list; in attesa dell’emanazione del suddetto decreto, continuano tuttavia ad applicarsi le disposizioni contenute nel D.M. 23 Gennaio 2002 che elenca gli Stati aventi un regime
fiscale privilegiato.
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L’Agenzia delle Entrate sulla prova dell’effettivo interesse economico dapprima con la circolare n. 1/E del 26 gennaio 2009 e successivamente con la circolare n. 51/E del 06
ottobre 2010 ha precisato che la valutazione della sussistenza o meno di tale condizione deve essere effettuata considerando tutti gli elementi e le circostanze che caratterizzano
l’operazione commerciale: ad esempio il prezzo della transazione, la possibilità di acquisire il medesimo prodotto presso altri fornitori, l’esistenza di vincoli organizzativi,
commerciali o produttivi che inducono ad effettuare la transazione con il fornitore black list o, comunque, che renderebbero eccessivamente onerosa la medesima transazione
con altro fornitore ecc.
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Le imprese che hanno intrattenuto rapporti commerciali con aziende e professionisti domiciliati in paradisi fiscali devono indicare l’ammontare degli importi a loro fatturati
quale variazione in aumento e in diminuzione nel quadro RF del modello Unico.
Gli strumenti di contrasto
dell'elusione fiscale
internazionale
SEGUE DA PAGINA 8
SEGUE A PAGINA 10