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Gli strumenti di contrasto
dell'elusione fiscale
internazionale
TUIR e richiamate dallo stesso articolo. La principale difficoltà riscontrabile
nell’applicazione della norma per la ricostruzione del reddito della CFC consiste
nel dover fare riferimento all’utile di bilancio redatto secondo le norme dello Sta-
to in cui risiede o è localizzata la CFC ed apportare a questo risultato le variazioni
previste dalla norma italiana. Alla luce di tale considerazione la volontà espressa
dal legislatore risulta duplice: in primo luogo si vuole evitare che il soggetto
estero possa beneficiare di normative nazionali agevolative; in secondo luogo si
vuole evitare che nella determinazione del reddito da imputare per trasparenza, il
soggetto residente o localizzato in Paesi a fiscalità privilegiata possa avvalersi di
normative di favore tipiche dello Stato in cui risiede.
Per quanto concerne la determinazione del reddito delle CFC collegate, ai sensi
dell’art. 168, commi 2 e 3 del TUIR nonché dell’art. 2 del D.M. 268 del 2006,
questo deve essere determinato secondo norme di carattere speciale. Innanzitutto
è necessario confrontare l’utile ante imposte derivante dal bilancio della CFC con
un reddito determinato induttivamente applicando dei coefficienti di rendimen-
to alle varie categorie di beni che compongono l’attivo patrimoniale. In esito a
questo confronto, il maggiore tra i due redditi verrà attribuito per trasparenza al
soggetto italiano.
Una volta determinato il reddito in capo alla CFC, sia essa controllata o collegata,
la normativa in questione prevede che, nel periodo d’imposta in cui il soggetto
CFC chiude il proprio esercizio (o periodo di gestione), tale reddito sia imputato
per trasparenza in ragione della partecipazione (al capitale o agli utili) detenuta
dal soggetto residente.
Ai sensi del primo periodo del comma 6 dell’art. 167 del TUIR, i redditi del-
la CFC vengono assoggettati a tassazione separata applicando loro la maggiore
tra l’aliquota media calcolata sul reddito complessivo del soggetto residente e
l’aliquota del 27%. La ratio della tassazione separata risiede nella volontà del
legislatore di evitare l’abbattimento degli utili della CFC con eventuali risultati
negativi del soggetto residente a cui vengono imputati i redditi per trasparenza.
L’aliquota media, non valida ai fini Irap, deve essere conteggiata rapportando
l’incidenza delle imposte Ires o Irpef pagate rispetto al reddito complessivo, al
netto dell’eventuale utile derivante dalla partecipazione nel soggetto CFC; tale
aliquota, se superiore al 27%, verrà utilizzata per il conteggio della tassazione
separata. In caso contrario, il reddito imputato per trasparenza verrà tassato con
l’aliquota del 27%. La normativa in oggetto si applica anche nel caso in cui i red-
diti imputabili per trasparenza derivino da società CFC collegate ex art. 168 del
TUIR. Dalle imposte così determinate saranno infine detratte le eventuali imposte
pagate all’estero a titolo definitivo ai sensi dell’art. 165 del TUIR.
La disapplicazione della normativa sulle CFC
Ai sensi dell’art. 167 comma 5 del TUIR la normativa sulle CFC, pur al verificarsi
dei suddetti presupposti, non si applica qualora il soggetto residente attraverso la
procedura dell’interpello preventivo7, prevista ai sensi dell’art. 11 della Legge
27 luglio 2000, n. 212, dimostri alternativamente il verificarsi di una delle due
seguenti circostanze esimenti:
a)
la società o altro ente non residente svolga un’effettiva attività indu-
striale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello Stato o ter-
ritorio di insediamento; per le attività bancarie, finanziarie e assicurative quest’ul-
tima condizione si ritiene soddisfatta quando la maggior parte delle fonti, degli
impieghi o dei ricavi originano nello Stato o territorio di insediamento;
b)
dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in
Stati o territori a fiscalità privilegiata.
Ai fini della disapplicazione della normativa CFC la prima circostanza esimente
prevede che il soggetto residente, tramite l’interpello preventivo, debba dimostra-
re che la società partecipata svolge “un’effettiva attività commerciale o industria-
le”, come sua principale attività. Secondo la circolare dell’Agenzia delle Entrate
n. 51/E del 6 ottobre 2010, tale condizione è verificata quando il soggetto parte-
cipato dispone in loco di una struttura organizzata dotata di autonomia gestionale
idonea allo svolgimento dell’attività. Il “radicamento nel mercato locale d’inse-
diamento” è invece da intendersi, secondo quanto precisato nella circolare 51/E
del 2010, come legame economico e sociale della CFC con il Paese estero8 e, più
in concreto, come collegamento significativo al mercato di approvvigionamento
o al mercato di sbocco; per significativo l’Agenzia, in linea con l’orientamento
espresso anche da autorevole dottrina9, intende superiore al 50% rispettivamente
degli acquisti o delle vendite del soggetto CFC.
La prima circostanza esimente, ai sensi dell’art. 167, comma 5 bis del TUIR non
può applicarsi quando i proventi del soggetto CFC derivano per più del 50% dai
passive income10, ossia dalla gestione, detenzione o investimento di titoli, parte-
cipazioni, crediti o altre attività finanziarie che generano reddito attraverso divi-
dendi, plusvalenze, interessi attivi, dalla cessione o concessione in uso di diritti
immateriali collegati a proprietà intellettuali, letterarie o artistiche o dalle presta-
zioni di servizi infragruppo anche se di natura finanziaria. Questa disposizione
è finalizzata a contrastare quei fenomeni elusivi di delocalizzazione dei passive
income in Paesi a fiscalità privilegiata con la creazione delle cosiddette “società
senza impresa”; si tratta di tutte quelle situazioni in cui gli elementi produttivi di
reddito sono attribuiti a soggetti formalmente autonomi il cui unico scopo è lo
sfruttamento economico di tali assets e non l’effettivo svolgimento di un’attività
commerciale o industriale.
La seconda fattispecie esimente risulta invece integrata al verificarsi della circo-
stanza che, attraverso la partecipazione nella CFC, il soggetto residente non con-
segua l’effetto di localizzare i redditi in Paesi considerati paradisi fiscali. Ai fini
della risposta positiva rileva in particolare nei riguardi del soggetto controllante
autore dell’interpello, la dimostrazione che i redditi imputabili per trasparenza
abbiano subito una congrua tassazione che, ai sensi dell’articolo 5, comma 3 del
D.M. 429 del 2001, sussiste quando i redditi conseguiti dal soggetto non residente
sono prodotti in misura non inferiore al 75 per cento in Stati o territori diversi da
quelli di cui alla black list e ivi sottoposti integralmente a tassazione ordinaria11.
In generale, si ritiene che, ai fini del riconoscimento dell’esimente in esame, assu-
ma rilevanza il carico fiscale complessivamente gravante sul gruppo societario in
relazione ai redditi prodotti da una CFC appartenente al medesimo gruppo12. La
ratio della disposizione in esame va considerata in linea di principio soddisfatta
quando il tax rate effettivo complessivamente scontato sui redditi prodotti dalla
CFC risulti congruo rispetto al livello di imposizione vigente in Italia.
L’art. 168 del TUIR, salvo quanto differentemente disposto, fa espresso rimando
alle disposizioni contenute nell’art. 167 del TUIR, conseguentemente, anche per
la disapplicazione della disciplina CFC delle società collegate, occorre presentare
istanza di interpello all’Amministrazione Finanziaria adducendo una delle moti-
vazioni anzidette.
L’istanza di interpello va inoltrata all’Agenzia delle Entrate - Direzione centrale
normativa, per il tramite della Direzione regionale competente per territorio in
relazione al domicilio fiscale del socio residente, secondo una delle seguenti mo-
dalità: consegna a mano o spedizione tramite servizio postale in plico raccoman-
dato, senza busta, con avviso di ricevimento.
L’istanza disapplicativa della normativa CFC dovrà essere presentata in tempo
utile per ottenere la risposta prima della scadenza del termine ordinario di pre-
sentazione della dichiarazione dei redditi. L’Amministrazione Finanziaria rende
il proprio parere entro 120 giorni decorrenti dalla data di consegna o di ricezione
dell’istanza di interpello da parte dell’ufficio, pena il consolidamento del silenzio
assenso. Se un contribuente con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare
intende chiedere la disapplicazione della CFC rule con riferimento ad una società
partecipata estera per il periodo d’imposta 2012, la relativa istanza di interpello
dovrà essere presentata entro e non oltre il 1 giugno 2013 (120 giorni prima del
30 settembre 2013, termine ordinario per la presentazione della dichiarazione dei
redditi).
Il regime CFC per le società localizzate in paesi white list
L’art. 167, al comma 8 bis stabilisce che la disciplina in tema di CFC si applica
anche quando un soggetto residente in Italia controlla un soggetto localizzato in
Paesi a tassazione non privilegiata (non inclusi pertanto nella black list di cui al
D.M. del 21 novembre 2001) qualora si verifichino contemporaneamente i due
seguenti requisiti: la tassazione effettiva a cui il soggetto controllato è assogget-
tato sia inferiore a più della metà di quella a cui sarebbe stato soggetto in Italia
e il soggetto controllato abbia conseguito proventi derivanti per più del 50% da
passive income di cui al comma 5 bis dello stesso articolo 167 del TUIR. L’Am-
ministrazione Finanziaria, nella circolare n. 51/E del 2010, ha precisato che le
suddette condizioni devono essere verificate per ogni esercizio e che è necessario
conservare la documentazione comprovante tale verifica.
La logica della norma sembra quella di voler neutralizzare gli eventuali benefici
fiscali derivanti dalla localizzazione del soggetto controllato in un Paese con una
tassazione effettiva sensibilmente inferiore a quella italiana, pur se non apparte-
nente alla categoria dei Paesi a regime fiscale privilegiato.
Le disposizioni di cui al comma in oggetto si applicano, per espressa previsione
normativa, esclusivamente a soggetti controllati. Pertanto, restano esclusi i sog-
getti
SEGUE A PAGINA 9
SEGUE A PAGINA 9
7 SAVORANA, Soggetti residenti controllanti al nodo dell’interpello CFC, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 15 giugno 2010.
8 Principio enunciato nella sentenza della Corte di Giustizia Europea del 12 settembre 2006, C-196/04, c.d. sentenza Cadbury Schweppes.
9 VASAPOLLI, L’attività industriale o commerciale che evita l’applicazione delle CFC rules, in Bilancio e reddito d’impresa, n. 1, anno 2011.
10 MENEGHETTI - VALCARENGHI, Le CFC sulla bilancia del 50 per cento, Il Sole 24 ore del 31 gennaio 2011.
11 La ratio di tale esimente si deve ravvisare nella volontà del legislatore di sottrarre dall’ambito applicativo della normativa cfc, quei soggetti che dimostrino di subire una tassazione
congrua all’estero e per i quali la localizzazione di imprese in paradisi fiscali costituisce una modalità legata all’assetto operativo.
12 In tal senso circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 51/E del 06 ottobre 2010.
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NUMERO 213 - MAGGIO / GIUGNO 2013
IL COMMERCIALISTA VENETO