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NUMERO 213 - MAGGIO / GIUGNO 2013
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IL COMMERCIALISTA VENETO
L
A
B
OCHA
DE
L
EON
Caro Direttore,
di tasse le imprese possono anche morire.
Lo vediamo quotidianamente; la pressione fiscale to-
tale complessiva è esagerata, e non consente, non può
consentire alle imprese di svilupparsi. Anzi, sempre
più spesso le affossa.
Anche il meccanismo stesso delle imposte, che si pa-
gano pronta cassa, e anche in anticipo in corso d’anno,
è da rivedere.
I redditi delle imprese sono determinati per compe-
tenza, e gli incassi, si sa, sono lenti, nonostante le
norme che impongono termini di pagamento molto
brevi.Accade così che l’impresa che guadagna, ma non
incassa, deve finanziarsi anche per pagare le imposte.
Se poi siamo al primo anno di attività in utile (società
nuova o società che prima non guadagnava molto) le
imposte da pagare l’anno successivo, considerando
saldo e acconto, possono arrivare al 100% dell’utile
stesso.
È evidente che qualcosa non va, in questo meccani-
smo. I termini per il pagamento delle imposte, e la
stessa entità degli acconti andrebbero drasticamente
rivisti. Le imprese non sono un bancomat, da cui lo
Stato può solo prelevare. Se poi la stessa impresa
vanta crediti verso l’Erario o verso lo Stato stesso,
vincoli di tutti i tipi ne impediscono il pronto utilizzo
o l’incasso. Le imprese non possono accettare questa
situazione. Di tasse le imprese possono anche morire.
E con le imprese, l’economia italiana.
G. Rebecca (Vicenza)
Caro Collega
,
purtroppo il neologismo che hai coniato è etimologi-
camente impeccabile: siamo di fronte ad un vero e
proprio
“tassicidio”
, ovvero ad un continuo prolife-
rare di imposte e tasse che ci “
cadono addosso”
ineso-
rabili, creando una pressione diventata ormai insop-
portabile anche a causa dei meccanismi contorti che
denunci. Sfortunatamente non sono solo le imprese a
farne le spese, ma anche noi professionisti: basti pen-
sare a quanto ben descritto dal collega Battiston in
questo numero relativamente all’IVA sulle prestazioni
professionali pagate nell’ambito delle procedure falli-
mentari, o più semplicemente al meccanismo delle ri-
tenute d’acconto, che da anni ci vede palesemente di-
scriminati rispetto ad altri prestatori d’opera a noi
sostanzialmente equiparabili, quali ad esempio agli
intermediari di commercio, che non solo hanno una
aliquota effettiva inferiore alla nostra, ma possono
anche optare per l’applicazione di una ritenuta ulte-
riormente ridotta nel caso in cui si avvalgano di colla-
boratori o dipendenti. Basterebbe probabilmente poco
per porre rimedio a certe storture: di certo, con i tempi
che corrono, non solo le imprese, ma anche i professio-
nisti potrebbero morire di tasse.
Egregio Direttore,
non vorrei sembrarTi forzatamente negativo o pessi-
mista; io amo il mio lavoro che mi piace come il primo
giorno, ma Ti chiedo: così andando le cose con Clien-
tela in caduta, fatturati instabili, difficoltà crescenti di
incasso, precarietà del contesto generale e Dirigenza
di Categoria latitante ed inconsapevole che ne sarà,
così stando le cose, della nostra categoria e professio-
ne tra tre anni ? Il dire di qualche collega “ resisteremo
in pochi, sopravviveranno i migliori” può risultare una
prospettiva su cui poggiare un progetto di professio-
ne e … di vita ?
Lettera firmata – R.L. (Venezia)
Caro Collega,
non vorrei sembrarTi esageratamente fiducioso o ot-
timista, ma credo che la nostra categoria abbia anco-
ra grandi prospettive di crescita e sviluppo, che po-
tranno garantirle ben più che l’esistenza a tre anni,
bensì un futuro pieno di soddisfazioni, in un contesto
di ritrovato riconoscimento sociale.
Stiamo entrando nel dopoguerra, c’è un Paese da ri-
costruire, e tanta gente che ha bisogno di idee, entu-
siasmo e soluzioni per il proprio futuro.
Gente che - secondo il mio modesto parere - guarderà
sempre più a noi commercialisti, e sempre meno alle
associazioni di categoria o ai
big players
della consu-
lenza, per una serie di motivi che sarebbe troppo lun-
go esporre in questa sede. A noi l’onere di rispondere
a queste nuove esigenze, possibilmente suggerendo ai
nostri Clienti le domande che dovranno farci.
A noi la sfida di farci trovare pronti, con la grinta di
sempre.
Caro Direttore,
con la recente chiusura dell’ufficio territoriale del-
l’Agenzia delle Entrate di Castelfranco Veneto, un ter-
ritorio a forte vocazione produttiva viene privato di
un interlocutore istituzionale locale importante, pun-
to di riferimento per i servizi fiscali utili a centinaia di
professionisti e a migliaia di contribuenti. Effetto della
spending review
oppure chiaro segnale dell’inesorabi-
le sfaldarsi della capacità economica (e quindi contri-
butiva) di una importante parte del trevigiano?
Lettera firmata – L.S. (Bassano del Grappa)
Caro Collega,
i processi di razionalizzazione e riorganizzazione in-
terna dell’Agenzia delle Entrate continuano e conti-
nueranno. E’ senz’altro un bene che un apparato pub-
blico cerchi di migliorare la propria efficienza, sfrut-
tando - tra l’altro – le opportunità concesse dalle mo-
derne tecnologie, che tutti noi dovremmo fare il possi-
bile per utilizzare al meglio, insieme ed in collabora-
zione con l’Agenzia delle Entrate. Il punto, purtroppo,
è che permangono una serie di meccanismi e di proce-
dure che ingessano sia l’attività dell’Agenzia che quella
degli Studi Professionali. Meccanismi di cui tutti stia-
mo soffrendo, e sui quali sarebbe opportuno creare
una vera e propria
task force
a livello nazionale, che
dovrebbe vedere anche la partecipazione dei nostri
rappresentanti istituzionali. Si potrebbe veramente fare
moltissimo, con vantaggio indicibile sia in termini di
costi che di operatività. Per tutti.
Caro Direttore,
recentemente ho sperimentato (con sconcerto) l’
iter
endo-procedimentale utilizzato dall’Agenzia delle
Entrate in un caso di mediazione tributaria. Mi riferi-
sco al fatto che il funzionario preposto alla valutazio-
ne dei motivi di reclamo, ha bellamente inviato una
mail preventiva al sottoscritto nella quale veniva co-
municato che, sentito il collega che aveva effettuato
l’accertamento, il reclamo non poteva essere accolto,
con buona pace della terzietà prevista dall’art. 17 bis
del D. Lgs. 546/92….
Lettera firmata – Michele S. (Vicenza)
Caro Collega,
la mediazione tributaria è un istituto ancora giovane,
e senza dubbio richiede un aggiustamento dei propri
meccanismi.
Ma la strada è quella giusta: non possiamo più convi-
vere con una situazione di contenzioso esasperato e
perdurante con l’Agenzia delle Entrate; dobbiamo in-
vece necessariamente cercare delle formule di compo-
sizione preventiva dei conflitti. A riguardo, io penso
che - purtroppo - il problema più grande non stia
tanto nelle procedure interne adottate dall’Agenzia
(anzi, ritengo che la terzietà assoluta sia non solo
utopistica, ma addirittura controproducente, in pro-
spettiva, dal momento che i soggetti che hanno curato
l’emissione degli avvisi saranno senz’altro i più pre-
parati sulla questione, e quelli più in grado di valutare
le ragioni del contribuente); sono infatti convinto che
sia necessario unmutamento nell’approccio dell’Agen-
zia delle Entrate, che non può limitarsi a vedere nel-
l’istituto della mediazione tributaria un succedaneo
dell’autotutela, come sembra stia prevalentemente ac-
cadendo oggi, ma dovrebbe invece coglierne il carat-
tere eminentemente transattivo, tenendo conto dunque
dell’alea e dei costi del contenzioso ai fini di accettare
componimenti extragiudiziali anche su basi percen-
tuali e forfettarie, per i quali i funzionari incaricati
dovrebbero avere deleghe e facoltà decisorie ben di-
verse da quelle attuali.
Se questo importante passo venisse effettivamente po-
sto in essere, si potrebbero veramente porre le pre-
messe per un ampliamento dell’operatività dell’Istitu-
to anche oltre i modesti limiti all’interno dei quali oggi
è costretto.
L’intero sistema ne gioverebbe immediatamente.
Domande, riflessioni , dialoghi
Riprende con questo numero la rubrica “La Bocha de Leon”, destinata a raccogliere le lettere, le domande e le
riflessioni che giungono alla Redazione, su temi di interesse generale e di categoria. Il Comitato di Redazione del
giornale ha infatti ritenuto opportuno riaprire uno spazio dedicato ai colleghi che desiderassero far sentire la
propria voce, esigenza che appare oggi più sentita che mai, stante il particolare momento che la nostra Profes-
sione sta attraversando, con l’auspicio di far diventare questa rubrica un punto d’incontro e di confronto di idee
e proposte.
Nell’antica Repubblica di Venezia, le “Boche de Leon” erano particolari contenitori, per lo più esternamente
decorati a muso di leone con le fauci spalancate, che rappresentavano la “buca” ove inserire denunce segrete
destinate ai Magistrati. Ciascuna “bocha” era di solito destinata ad una specifica categoria di denunzie,
esplicitata in una apposita dicitura. Le denunzie, pur garantite dal segreto, non potevano essere anonime, fatta
eccezione per casi particolare gravità, nel qual caso comunque veniva avviato un particolare procedimento di
verifica, prodromico a qualsivoglia ulteriore azione. In tutti gli altri casi, le denunzie anonime venivano
immediatamente distrutte.
- Nella foto:
Venezia – Palazzo Ducale: Bocha de Leon
: “Denontie secrete contro chi occulterà gratie et officii o
colluderà per nasconder la vera rendita d’essi” (sostanzialmente, denunzie segrete contro gli evasori fiscali).
Tassicidio
Quale terzietà
nella mediazione?
Quale futuro?
Riorganizzazioni
ed efficienza