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NUMERO 210 - NOVEMBRE / DICEMBRE 2012
IL COMMERCIALISTA VENETO
verse considerazioni rispetto a quelle di ottenere in mero risparmio d’impo-
sta. Il sindacato antielusivo di fronte a tali strategie non può poi non tener
conto dell’evoluzione degli strumenti giuridici necessariamente collegati
alla rapida mutazione della realtà economica nella quale possono trovare
spazio forme nuove non necessariamente collegate a normali logiche di
mercato”. Insomma, la complessità o l’artificiosità di un’operazione non è
per forza segno di elusione, ma proprio in presenza di operazioni comples-
se o artificiose bisogna valutare attentamente le ragioni del contribuente.
Questo vuol dire che spetta all’Amministrazione Finanziaria l’onere di pro-
vare l’elusione, la quale, appunto, non è mai evidente, ma deve essere la
conseguenza “di una manipolazione o di un’alterazione di schemi classici
rinvenute come irragionevoli in una normale logica di mercato”. Da parte
sua il contribuente deve “allegare l’esistenza di ragioni economiche alter-
native o concorrenti di reale spessore che giustifichino operazioni così
strutturate”. Invece nella più recente sentenza 1372 del 2011, riguardante
sempre una complessa riorganizzazione societaria, la Suprema Corte affer-
ma che “l’applicazione del principio deve essere guidata da una particolare
cautela, essendo necessario trovare una giusta linea di confine tra pianifi-
cazione fiscale eccessivamente aggressiva e libertà di scelta delle forme
giuridiche, soprattutto quando si tratta di libertà d’impresa”, ma specifi-
cando che “la cautela che deve guidare l’applicazione del principio... deve
essere massima quando non si tratti di operazioni finanziarie (come avvie-
ne nei casi di
dividend washing
e di
dividend stripping
), di artificioso
frazionamento di contratti o di anomala interposizione di stretti congiunti,
ma di ristrutturazioni societarie, soprattutto quando le stesse avvengono
nell’ambito di grandi gruppi di imprese”. Dunque fermo restando lo scopo
elusivo di talune operazioni, è necessario valutare attentamente le ragioni
delle parti e proprio nel caso di queste operazioni la scelta del contribuente
“non deve essere valutata come quella dell’imprenditore singolo, cioè non
deve essere finalizzata al conseguimento di una redditività in tempi brevi”,
ma può anche essere dettata da motivazioni “di natura organizzativa”, che
si concretizzino “in un miglioramento strutturale e funzionale dell’impre-
sa”. La questione, in entrambi i casi, è stata rimessa al giudice di merito.
Non crediamo però che questo indirizzo si sia consolidato. Nella più recen-
te sentenza 2193 del 2012 leggiamo ancora una volta che “non contrasta
con l’individuazione nell’ordinamento del cennato principio di antielusione,
ma, anzi, conferma l’esistenza di una regola in tal senso; per converso,
l’espressa previsione d’inopponibilità all’Amministrazione Finanziaria di
una data operazione mediante disposizioni emesse in epoca successiva al
suo compimento è circostanza idonea ad offrire indiretta conferma
dell’illiceità fiscale di un’operazione stessa”.
LACASSAZIONESI ÈOCCUPATADI ELUSIONE
anche riguardo alle
sue conseguenze sul piano sanzionatorio, cioè riguardo alla possibilità che
l’elusione integri un qualche illecito, amministrativo o penale. In passato si
è più volte affermato (vedi ad esempio sentenze 8487 del 2009 e 22994 del
2010) che le norme antielusive hanno solo lo scopo di garantire l’ugua-
glianza nell’imposizione fiscale e non anche quello di sanzionare il contri-
buente. Anche la Corte di Giustizia, nella sentenza Halifax, aveva sostenu-
to che “la constatazione dell’esistenza di un comportamento abusivo non
deve condurre a una sanzione, per la quale sarebbe necessario un fonda-
mento normativo chiaro e univoco”. La nostra Suprema Corte però, nella
sentenza 25537 del 2011, ha rinvenuto questo “fondamento normativo chiaro
e univoco”, per l’applicazione di sanzioni amministrative per dichiarazione
infedele, nell’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 471/1997, che appunto definisce
come illecito il comportamento del contribuente che “indichi, ai fini delle
singole imposte, un reddito inferiore a quello accertato, o, comunque un’im-
posta inferiore a quella dovuta”, parole che appunto non sembrano esclu-
dere che la maggiore imposta sia contestata nell’accertamento di un’elu-
sione. In senso conforme si esprime anche la Cassazione penale (sentenza
26723 del 2011) secondo cui un’operazione elusiva può configurare un
reato di dichiarazione infedele perché essa comporta, come prevede la de-
finizione contenuta nell’art. 4 del D.Lgs. 74/2000, l’indicazione di “elementi
attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi
fittizi”, fermo restando la necessità che si verifichino le altre condizioni
previste dalla disposizione in relazione all’ammontare dell’imposta evasa.
La questione è stata però affrontata ampiamente nella sentenza 7739 del
2012, relativa ad un caso in cui i soggetti venivano accusati di dichiarazio-
ne infedele e di truffa ai danni dello Stato per aver costituito in Lussembur-
go una società controllata allo scopo di venderle dei marchi di cui erano
proprietari, per pagare in quello Stato i relativi diritti di utilizzo, nonché su
di essi le minori imposte corrispondenti alla minore aliquota fiscale. I reati
sarebbero stati commessi il primo per aver venduto i marchi ad un prezzo
inferiore a quello di mercato (essendo il compenso finito nella dichiarazio-
ne dei redditi dei due soggetti) ed il secondo per aver ingannato lo Stato
sulla natura estera della società controllata, essendo questa ritenuta
esterovestita. In parallelo si è svolto ovviamente anche il processo tributa-
rio nei confronti dei due soggetti per abuso di diritto, in cui veniva loro
addebitato il maggior prezzo di vendita (Comm. trib. prov. di Milano 1/16/
2012 e 2/16/2012). La Cassazione esclude innanzitutto che i fatti possano
configurare un reato di truffa ai danni dello Stato in forza di un principio
affermato dalle Sezioni Unite (sentenza 1235 del 2011) secondo cui, data la
specialità del sistema penale tributario, è escluso il concorso formale tra
detto reato e i reati tributari: ogni comportamento lesivo dell’interesse erariale
può essere represso soltanto all’interno del sistema tributario penale. Dopo
di che enuncia il principio secondo il quale “non qualunque condotta elu-
siva ai fini fiscali può assumere rilevanza penale, ma solo quella che corri-
sponde ad una specifica di elusione espressamente prevista dalla legge”.
Così si dovrebbe ritenere a seguito della riforma del sistema penale tributa-
rio di cui nel D.Lgs. 74/2000 in cui, a differenza del precedente modello (che
era volto a colpire i comportamenti del contribuente preparatori all’evasio-
ne), l’azione punitiva è ora incentrata sul momento della dichiarazione: di
conseguenza “se le fattispecie criminose sono incentrate sul momento
della dichiarazione fiscale e si concretizzano nell’infedeltà dichiarativa, il
comportamento non può essere considerato
tout court
irrilevante. Se il
bene tutelato dal nuovo regime fiscale è la corretta percezione del tributo,
l’ambito di applicazione delle norme incriminatrici può ben coinvolgere
quelle condotte che siano idonee a determinare una riduzione o un’esclu-
sione della base imponibile”. Tale principio non sarebbe in contrasto col
principio di legalità in quanto questo non consiste solo nella necessità che
la fattispecie penale sia ben specificata, essendo sufficiente la prevedibilità
della natura criminosa della condotta, come si rinviene anche in alcuna
giurisprudenza comunitaria. Tuttavia la possibilità che la condotta elusiva
integri un qualche reato deve fare i conti con i principi in materia di prova
nel processo penale. Il principio di separazione del processo tributario da
quello penale (sancito dall’art. 20 del D. Lgs. 74/2000) esclude un automa-
tico trasferimento delle risultanze dell’istruttoria tributaria nel processo
penale, in cui il giudice è chiamato ad attenersi ai principi del processo
penale e quindi a verificare con scrupolo la possibilità di ricondurre la
fattispecie concreta alla fattispecie di reato descritta dal legislatore (princi-
pio di tipicità e tassatività della norma penale). E ciò a dire il vero può
escludere che l’elusione, spesso determinata nel processo tributario in via
presuntiva, acceda al campo penale.
LAGIURISPRUDENZADIMERITO
- la cui analisi inquestamateria è utile
in quanto riguarda casi in cui il contribuente ha potuto eccepire in sede di
ricorso le questioni che l’affermazione del principio antiabusivo ha solle-
vato - sembra più attenta alle ragioni del contribuente. Si rinvengono nu-
merose pronunce in cui si afferma che l’abuso di diritto, in quanto fattispecie
simile all’elusione, deve essere soggetto alle stesse garanzie di cui all’art.
37 bis. Vedi ad esempio Comm. trib. prov. di Genova 2/1/2011 e Comm. trib.
prov. di Milano 54/12/2011, secondo cui il contrario rappresenterebbe “una
palese violazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza, non essen-
do costituzionalmente legittimo trattare diversamente fattispecie elusive”.
Vedi anche Comm. trib. prov. di Reggio Emilia 242/1/2010 in cui la Commis-
sione ha invece ritenuto valido l’atto di accertamento in quanto preceduto
da un questionario di cui all’art. 32 del D.P.R. 600/1973. Tuttavia questa
decisione non convince alcuna dottrina la quale ritiene non applicabili
all’accertamento elusivo gli effetti preclusivi previsti dal terzo comma, in
quanto il contraddittorio previsto dal 37 bis è necessario per determinare
l’oggetto stesso del contenzioso.
Si segnalano anche i numerosi contenziosi sorti in questi ultimi anni a
proposito del contratto di cd.
stock lending
, consistente in un mutuo di
azioni in cui gli interessi, ora chiamati commissioni, erano determinati se-
condo una sorta di scommessa in relazione ai dividendi distribuiti da una
misteriosa società residente a Madeira, ma che comunque potevano com-
pensare - in quanto esenti - i costi delle commissioni. In questi contenziosi
l’Agenzia delle Entrate ha sostenuto spesso che i contratti fossero nulli
per mancanza di causa, in quanto il rischio era inesistente o comunque
Recenti orientamenti in materia
di elusione tributaria
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