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NUMERO 218 - MARZO / APRILE 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
ga un’attività economica organizzata al fine dello scambio di servizi; affer-
mazione che pare abbracciare una delle diverse accezioni possibili del con-
cetto di azienda, intesa quale insieme funzionale di rapporti giuridici (
9
).
La parziale assimilazione dello studio ad un’azienda, comporta, quale
corollario, la configurabilità di un valore di avviamento, oggetto di possibi-
le trasferimento accanto ai beni “tipici” dello studio stesso.
3.
Cessione dello studio: tassazione ai fini delle imposte indirette
Ebbene, il percorso argomentativo sopra riportato non deve essere visto
come mero esercizio di interpretazione giuridica ma deve servire per com-
prendere e delineare meglio i profili tributari connessi al trasferimento delle
componenti afferenti lo studio professionale, in particolare ai fini della
imposizione indiretta.
La parziale assimilazione, come visto, è stata resa necessaria al fine di poter
prevedere, in capo allo studio, un valore di avviamento; essa, quindi, di
riflesso può trovare applicazione anche in campo fiscale ove, accanto alla
cessione dei beni materiali e dei crediti, si può legittimamente prevedere la
cessione dell’avviamento dello studio costituito, soprattutto, dal pacchet-
to clienti (
10
). In attesa di possibili (auspicabili) chiarimenti futuri, quindi, il
complesso dei mezzi e delle immaterialità, per quanto coordinato e struttu-
ralmente funzionale, costituisce l’oggetto di singole cessioni alle quali ap-
plicare i regimi fiscali propri.
La cessione dei beni materiali, pertanto, sarà assoggettata ad IVA ex art. 2
co. 1 del D.P.R. n. 633/1972; la cessione di crediti in denaro, viceversa, sulla
scorta di quanto disposto dal comma 3 del medesimo articolo, non rappre-
senta, nella normalità dei casi, operazione rilevante ai fini IVA (
11
).
Per quanto concerne, poi, il (legittimo) trasferimento a titolo oneroso della
clientela, l’Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione del 29/03/2002 n. 108/E,
ha avuto modo di precisare che esso non rappresenta una cessione di beni
ma instaura, di fatto, un rapporto di tipo meramente obbligatorio nel quale
il cedente si impegna, a fronte di un corrispettivo, a favorire l’acquirente
nella prosecuzione del rapporto con i propri vecchi clienti, configurandosi,
quindi, una assunzione di obblighi di fare e di non fare, come tale soggetta
ad IVAex art. 3D.P.R. n. 633/1972.
4.
Cessione dello studio: modalità e riflessi
in tema di imposte sui redditi.
Tra le diverse modalità con le quali è astrattamente ipotizzabile il trasferi-
mento dello studio professionale in una s.t.p., quella che richiede le mag-
giori attenzioni, dal punto di vista fiscale, è sicuramente la vendita dello
studio stesso; la cessione a titolo oneroso, infatti, implica la corresponsione
di un prezzo che genera materia imponibile in capo al cedente ed un costo
inerente in capo al cessionario, come tale fiscalmente deducibile.
Relativamente alla cessione di beni strumentali, ai fini della determinazione
delle eventuali plusvalenze si deve considerare quanto disposto dall’art.
54, co. 1 ter del D.P.R. n. 917/1986, secondo cui “
si considerano plusvalenza
o minusvalenza la differenza, positiva o negativa, tra il corrispettivo o
l’indennità percepiti e il costo non ammortizzato ovvero, in assenza di
corrispettivo, la differenza tra il valore normale del bene e il costo non
ammortizzato
”; norma che, in parte, ricalca quella prevista in tema di reddi-
to di impresa di cui all’articolo 86 del TUIR (
12
).
Il corrispettivo percepito in relazione alla cessione dei crediti dovrebbe
essere ricondotto nell’alveo dei redditi da lavoro autonomo in base a quan-
to disposto dall’art. 6, comma 2, del TUIR, il quale dispone che “
i proventi
conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei
relativi crediti, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli so-
stituiti o perduti
”.
Per quanto concerne la cessione della clientela, si deve rilevare che il legi-
slatore ha posto rimedio alla previgente mancanza di norme positive; sul
punto, l’appiglio normativo iniziale era dato dalla Risoluzione n. 108/E del
29 marzo 2002, nella quale si riconosce l’instaurazione di un rapporto
meramente obbligatorio tra il cedente ed il cessionario nel quale il primo, a
fronte del corrispettivo percepito, favorisce il subentro nei rapporti con i
suoi clienti assumendo l’obbligo contestuale di non esercitare la propria
attività professionale nei loro confronti. Successivamente all’introduzione
della disposizione di cui al c.d. “Decreto Bersani-Visco” (vedi nota n. 6), il
compenso per tali pattuizioni trova espressa previsione nell’art. 54, co.1
quater
del TUIR, ove si prevede che “
concorrono a formare il reddito i
corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi
immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale
”,
superando, quantomeno in tema di imposte dirette, la previgente
riconduzione della fattispecie nella disciplina dei redditi diversi derivanti
dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere.
I compensi derivanti dalla cessione clientela, in alternativa al concorso alla
base imponibile del reddito di lavoro autonomo, possono anche fruire del
regime di tassazione separata ai sensi dell’art. 17, co. 1, lett. g) ter del TUIR;
in base a tale disposizione, quindi, si può evitare il passaggio negli scaglio-
ni di reddito più alti dovuto al cumulo con altra materia imponibile. In merito
a tale facoltà è intervenuta anche l’Agenzia delle Entrate attraverso la Cir-
colare n. 11/E del 16 febbraio 2007, ove è stato precisato che la tassazione
separata opera non solo quando il compenso è percepito in un’unica solu-
zione ma anche quando esso è suddiviso in più rate purché rientranti nel
medesimo periodo d’imposta.
La qualifica di tale compenso quale reddito di lavoro autonomo prescinde
dalla contemporanea cessazione dell’attività del cedente; in quest’ultimo
caso, però, è necessario che il professionista mantenga in essere la propria
partita IVA fino al percepimento dell’ultima rata pattuita, fatta salva la pos-
sibilità – ammessa anche dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n.
232/E del 20 agosto 2009 – di cessare l’attività “anticipando” l’IVAesposta
in fattura.
Sempre in tema di trasferimento della clientela, va sottolineato quanto af-
fermato dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 8/E del 13marzo 2009 e
nella Risoluzione n. 177/E del 9 luglio 2009, secondo le quali l’apporto della
clientela in occasione dell’ingresso del professionista in uno studio asso-
ciato, senza corresponsione di un compenso, non configura un’operazio-
ne fiscalmente rilevante in capo all’associato; per analogia, parrebbe pos-
sibile pervenire alla medesima conclusione anche in caso di apporto della
clientela e degli altri beni in una s.t.p. (
13
). Ai fini dell’irrilevanza fiscale, è
necessario, tuttavia, che non sia corrisposta alcuna remunerazione in de-
naro a favore del professionista. Inoltre, deve essere previsto, al momento
del recesso, che il medesimo non abbia diritto ad un
quantum
calcolato sul
valore del conferimento ma soltanto sulla quota di utile maturata. In tal
caso, al fine di garantire la neutralità dell’operazione, dovrebbe configurar-
si l’obbligo, in capo alla società conferitaria, di assumere i beni allo stesso
valore fiscalmente riconosciuto in capo al soggetto conferente.
Vi è da sottolineare che, in caso di conferimento nonché di acquisto dei
beni del professionista da parte della costituenda o neo-costituita s.t.p.
(partecipata dal medesimo professionista) trova applicazione la disciplina
in tema di “conferimento” ed “acquisti pericolosi” dai soci ai sensi degli
artt. 2343 e 2343 bis c.c. (per le spa), 2464 e 2465 c.c. (per le srl).
5.
Conclusioni
Da quanto sin qui analizzato, si possono trarre due conclusioni; la prima
concerne l’evoluzione delle attività regolamentate mentre la seconda attie-
ne alla assimilazione –tra lo studio professionale ed un’azienda.
Sul primo punto merita rilevare che la tendenza in essere e che si accentue-
rà sempre più è quella di abbandonare lo schema associativo per approdare
ad una gestione societaria dell’attività ordinistica, con tutti i pro (ed i con-
tro) del modello scelto, sulla falsariga dei modelli organizzativi anglosasso-
ni che così tanto “affascinano” il nostro Legislatore.
La seconda conclusione, connessa alla prima, concerne l’evoluzione del
concetto di studio professionale; sembrerebbe potersi ipotizzare, in futuro,
che l’organizzazione dei mezzi (ove prevalente) e le immaterialità ad essi
funzionalmente connesse vengano in qualche modo ad essere sempre più
assimilate ad un’azienda, la cui attività tipica non è la produzione di beni
bensì la prestazione di servizi, con tutti i corollari civilistici e fiscali che
naturalmente ne possono discendere (
14
). Infatti, “
oggi non sono più di-
sponibili quegli
escamotages
argomentativi, dall’evidente sapore artifi-
cioso, quali quello della “dimostrazione” della differenza tra professio-
nisti e imprenditori che si riteneva di poter derivare dalle barriere che,
tra professionisti e imprenditori, erano erette con argomenti che punta-
vano sulla sussistenza delle tariffe professionali, del divieto di pubblici-
tà o della non esercitabilità della libera professione sotto forma societaria,
tutti fattori che oggi paiono irrevocabilmente esser stati consegnati al-
l’archeologia del diritto
” (
15
).
9
Sul punto v. Busani A.,
Avviamento e clientela nel conferimento dello studio professionale in s.t.p.
in Le Società, n.5 – all.to 1/2012, pp. 29 e ss.
10
In tema v. anche Pilotto C. – Rebecca G.,
Cessione dello studio professionale: aspetti fiscali
in Il Fisco, n. 45/2003, p. 7013.
11
Sul punto si deve operare un fondamentale distinguo; infatti, la cessione di credito è soggetta ad IVA se ha natura finanziaria mentre risulta esclusa quando tale qualifica manchi.
Quindi, se la cessione del credito risulta ancorata ed inscindibilmente connessa ad un’operazione finanziaria più ampia, quest’ultima attrae a sé anche la cessione che perde i
connotati di operazione autonoma, la quale rientra, di conseguenza, nelle operazioni soggette ad IVA in quanto esente. Qualora, viceversa, la cessione del credito sia finalizzata
al pagamento di obbligazioni esistenti, essa non perde la propria natura originaria e, quindi, rimane esclusa dall’assoggettamento ad IVA ai sensi dell’art 2, co. 3 lett. a) del D.P.R.
n. 633/1972.
12
Si ricorda che concorrono a formare il reddito le plusvalenze e le minusvalenze relative ai beni mobili strumentali acquistati dal 4 luglio 2006.
13
Per approfondimenti v. Ferranti G., op. cit.
14
Così anche Amendolagine V.,
E’ valido l’atto di cessione di uno studio professionale in cui si prevede anche il trasferimento della clientela?
in Il Corriere Giuridico, n. 8/2010,
p. 1042.
15
Cfr. Busani A., op. cit.
Trasformazione
dello studio professionale
SEGUE DA PAGINA 17
federica.monti@bampo.it
stefano.menegon@bampo.it